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lunedì 3 settembre 2012

Cardinale Martini: il ricordo di p. Silvano Fausti e p. Piero Gheddo

​Si incontrarono per la prima volta 51 anni fa. E ne rimase folgorato: «Io ero uno studente di filosofia, lui era fresco sacerdote. Non avevo mai sentito nessuno "maneggiare" la Bibbia come lui». Era il 1961, allora la Bibbia era in gran parte una sorta di "oggetto sconosciuto". «Ne fui entusiasta. Ed era appena l’inizio...».
Da allora, padre Silvano Fausti e padre Carlo Maria Martini si incontrarono tantissime volte. Padre Silvano – filosofo e teologo, anche se tutti vi diranno che è un biblista – avrebbe un giorno fondato, con altri confratelli gesuiti e alcune famiglie, la Comunità di Villapizzone, alle porte di Milano. Padre Carlo Maria sarebbe diventato arcivescovo di Milano. L’ultimo incontro venerdì: l’amico di una vita padre Silvano era lì, al capezzale di padre Carlo Maria. Uno dei pochi a vederlo volare in cielo.
Lei è stato prima discepolo e poi anche amico di Martini. L’entusiasmo della prima ora è rimasto sempre tale?
Sì. Teologo e biblista raffinato... Ma io ricordo la persona di fede, capace di provare meraviglia del mondo. Le persone soltanto pie e devote difficilmente prendono in considerazione l’ipotesi che Dio sia presente e operi nella storia. L’uomo di fede, e Martini lo era, ha l’occhio di chi sa vedere l’azione di Dio nel mondo...
Di Martini è stato detto tutto, forse. C’è qualcosa che non è stato ricordato abbastanza?
La sua umiltà. Davanti a chiunque. Ascoltava tutti e si interessava di tutti. Era il maestro che si rende costantemente discepolo.
Qual è, per lei, l’eredità spirituale di Martini?
La speranza, al di là e al di sopra di ogni possibile apparenza. 

Poche ore prima che nel duomo di Milano si celebrino i funerali del card. Carlo Maria Martini, p. Piero Gheddo ci presenta alcuni aspetti preziosi e poco noti della personalità del defunto arcivescovo di Milano, che mostrano il suo cuore di evangelizzatore e di profeta nel tentativo di annunciare il Cristo al mondo secolarizzato e illuminista. In ciò egli ha anticipato i temi della "nuova evangelizzazione" e dell'Anno della Fede lanciato da Benedetto XVI. Per una strana manipolazione, proprio quel mondo liberal e illuminista, oggetto della sua cura, ha fatto di tutto per mostrare un card. Martini dalla "parte del mondo" e contro la Chiesa di Wojtyla e di Ratzinger. Ancora in questi giorni si sta manipolando la sua morte, mostrando questa grande figura di fede come un propugnatore dell'eutanasia, avendo rifiutato l'accanimento terapeutico (cosa che tutta la Chiesa rifiuta), o un sostenitore delle coppie di fatto. Il mondo spesso usa la Chiesa per andare contro alla Chiesa. Ha avuto ragione papa Benedetto XVI a liquidare le ideologiche contrapposizioni fra "conservatori" e "progressisti" alla morte del defunto cardinale di Milano, affermando che egli ""ha servito generosamente il Vangelo e la Chiesa".
 L'arcivescovo di Milano (1980-2002) Carlo Maria Martini è stato un grande della Chiesa cattolica del nostro tempo, anche se non sempre la sua linea di pensiero e di pastorale è stata compresa e per questo a volte contestata. Per capirlo bisogna partire da una delle caratteristiche più evidenti in lui, ma non comuni nell'episcopato, nel clero e nel Popolo di Dio dell'Occidente cristiano. Era convinto che chi ha ricevuto da Dio il dono della fede deve spendersi per comunicarlo ad altri, dialogare e coinvolgere quelli che ancora non conoscono Cristo o se ne sono allontanati. Direi che è stato un profeta della missione e spiego perché...
Non voleva una fede addormentata, una vita cristiana abitudinaria che conta poco nella vita. Voleva una fede che non lascia tranquillo il cristiano ma lo mette di fronte ai non credenti e quindi ad interrogarsi se la propria vita rende testimonianza a Cristo, se è una luce che risplende e riscalda e illumina, oppure una fiammella di candela vacillante o un lievito che non sa di niente. La presenza dei non credenti vicini a noi, nella nostra stessa famiglia e società, deve interrogarci sui motivi della nostra speranza e sulla forza della nostra fede. Anche questo è spirito missionario. 
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