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lunedì 30 giugno 2025

"La fraternità che non cancella le differenze" - Leone XIV - Omelia Solennità Santi Pietro e Paolo (Testo e video)

"La fraternità 
che non cancella le differenze"
Leone XIV
 (Testo e video)

OMELIA 
SANTA MESSA E BENEDIZIONE DEI PALLI 
PER I NUOVI ARCIVESCOVI METROPOLITI
NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO


Basilica di San Pietro - Domenica, 29 giugno 2025


Presiedendo la Messa nella solennità dei santi patroni della diocesi e della città di Roma, presso l’Altare della Confessione nella Basilica di San Pietro — con la benedizione e l’imposizione dei palli ai nuovi arcivescovi metropoliti — Leone XIV invita a contemplare le due figure apostoliche, diverse nei carismi e a volte in contrasto, ma capaci di vivere “una feconda sintonia nella diversità”. La loro apertura al cambiamento diventa oggi uno stimolo per nuove forme di evangelizzazione


Cari fratelli e sorelle,

oggi festeggiamo due fratelli nella fede, Pietro e Paolo, che riconosciamo come pilastri della Chiesa e veneriamo come patroni della diocesi e della città di Roma.

La storia di questi due Apostoli interpella da vicino anche noi, Comunità dei discepoli del Signore pellegrina in questo nostro tempo. In particolare, guardando alla loro testimonianza, vorrei sottolineare due aspetti: la comunione ecclesiale e la vitalità della fede.

Anzitutto, la comunione ecclesiale. La liturgia di questa Solennità, infatti, ci fa vedere come Pietro e Paolo sono stati chiamati a vivere un unico destino, quello del martirio, che li ha associati definitivamente a Cristo. Nella prima Lettura troviamo Pietro che, in prigione, attende che sia eseguita la sentenza (cfr At 12,1-11); nella seconda, l’apostolo Paolo, anch’egli in catene, in una sorta di testamento afferma che il suo sangue sta per essere sparso e offerto a Dio (cfr 2Tm 4,6-8.17-18). Sia Pietro che Paolo, dunque, donano la loro vita per la causa del Vangelo.

Tuttavia, questa comunione nell’unica confessione della fede non è una conquista pacifica. I due Apostoli la raggiungono come un traguardo a cui approdano dopo un lungo cammino, nel quale ciascuno ha abbracciato la fede e ha vissuto l’apostolato in modo diverso. La loro fraternità nello Spirito non cancella le diversità dalle quali sono partiti: Simone era un pescatore di Galilea, Saulo invece un rigoroso intellettuale appartenente al partito dei farisei; il primo lascia subito tutto per seguire il Signore; il secondo perseguita i cristiani finché viene trasformato da Cristo Risorto; Pietro predica soprattutto ai Giudei; Paolo è spinto a portare la Buona Notizia alle genti.

Tra i due, come sappiamo, non mancarono conflitti a proposito del rapporto con i pagani, al punto che Paolo afferma: «Quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto» (Gal 2,11). E di tale questione, come sappiamo, si occuperà il Concilio di Gerusalemme, nel quale i due Apostoli si confronteranno ancora.

Carissimi, la storia di Pietro e Paolo ci insegna che la comunione a cui il Signore ci chiama è un’armonia di voci e di volti e non cancella la libertà di ognuno. I nostri Patroni hanno percorso sentieri diversi, hanno avuto idee differenti, a volte si sono confrontati e scontrati con franchezza evangelica. Eppure ciò non ha impedito loro di vivere la concordia apostolorum, cioè una viva comunione nello Spirito, una feconda sintonia nella diversità. Come afferma Sant’Agostino, «un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola» (Discorso 295, 7.7).

Tutto questo ci interroga sul cammino della comunione ecclesiale. Essa nasce dall’impulso dello Spirito, unisce le diversità e crea ponti di unità nella varietà dei carismi, dei doni e dei ministeri. È importante imparare a vivere così la comunione, come unità nella diversità, perché la varietà dei doni, raccordata nella confessione dell’unica fede, contribuisca all’annuncio del Vangelo. Su questa strada siamo chiamati a camminare, proprio guardando a Pietro e Paolo, perché di tale fraternità abbiamo tutti bisogno. Ne ha bisogno la Chiesa, ne hanno bisogno le relazioni tra laici e presbiteri, tra i presbiteri e i Vescovi, tra i Vescovi e il Papa; così come ne hanno bisogno la vita pastorale, il dialogo ecumenico e il rapporto di amicizia che la Chiesa desidera intrattenere con il mondo. Impegniamoci a fare delle nostre diversità un laboratorio di unità e di comunione, di fraternità e di riconciliazione perché ciascuno nella Chiesa, con la propria storia personale, impari a camminare insieme agli altri.

I santi Pietro e Paolo ci interpellano anche sulla vitalità della nostra fede. Nell’esperienza del discepolato, infatti, c’è sempre il rischio di cadere nell’abitudine, nel ritualismo, in schemi pastorali che si ripetono senza rinnovarsi e senza cogliere le sfide del presente. Nella storia dei due Apostoli, invece, ci ispira la loro volontà di aprirsi ai cambiamenti, di lasciarsi interrogare dagli avvenimenti, dagli incontri e dalle situazioni concrete delle comunità, di cercare strade nuove per l’evangelizzazione a partire dai problemi e dalle domande posti dai fratelli e dalle sorelle nella fede.

E al centro del Vangelo che abbiamo ascoltato c’è proprio la domanda che Gesù pone ai suoi discepoli, e che rivolge anche a noi oggi, perché possiamo discernere se il cammino della nostra fede conserva dinamicità e vitalità, se è ancora accesa la fiamma della relazione con il Signore: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15).

Ogni giorno, ad ogni ora della storia, sempre dobbiamo porre attenzione a questa domanda. Se non vogliamo che il nostro essere cristiani si riduca a un retaggio del passato, come tante volte ci ha ammoniti Papa Francesco, è importante uscire dal rischio di una fede stanca e statica, per chiederci: chi è oggi per noi Gesù Cristo? Che posto occupa nella nostra vita e nell’azione della Chiesa? Come possiamo testimoniare questa speranza nella vita di tutti i giorni e annunciarla a coloro che incontriamo?

Fratelli e sorelle, l’esercizio del discernimento, che nasce da questi interrogativi, permette alla nostra fede e alla Chiesa di rinnovarsi continuamente e di sperimentare nuove vie e nuove prassi per l’annuncio del Vangelo. Questo, insieme alla comunione, dev’essere il nostro primo desiderio. In particolare, oggi vorrei rivolgermi alla Chiesa che è in Roma, perché più di tutte essa è chiamata a diventare segno di unità e di comunione, Chiesa ardente di una fede viva, Comunità di discepoli che testimoniano la gioia e la consolazione del Vangelo in tutte le situazioni umane.

Nella gioia di questa comunione, che il cammino dei santi Pietro e Paolo ci invita a coltivare, saluto i fratelli Arcivescovi che oggi ricevono il Pallio. Carissimi, questo segno, mentre richiama il compito pastorale che vi è affidato, esprime la comunione con il Vescovo di Roma, perché nell’unità della fede cattolica, ciascuno di voi possa alimentarla nelle Chiese locali a voi affidate.

Desidero poi salutare i membri del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina: grazie per la vostra presenza qui e per il vostro zelo pastorale. Il Signore doni la pace al vostro popolo!

E con viva riconoscenza saluto la Delegazione del Patriarcato Ecumenico, qui inviata dal carissimo fratello Sua Santità Bartolomeo.

Cari fratelli e sorelle, edificati dalla testimonianza dei santi apostoli Pietro e Paolo, camminiamo insieme nella fede e nella comunione e invochiamo la loro intercessione su tutti noi, sulla città di Roma, sulla Chiesa e sul mondo intero.

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Guarda anche il post già pubblicato:
- Chi segue Gesù si trova a camminare sulla via delle Beatitudini - Leone XIV - Angelus del 29.06.2025 (Testo e video)

Chi segue Gesù si trova a camminare sulla via delle Beatitudini - Leone XIV - Angelus del 29.06.2025 (Testo e video)

Chi segue Gesù 
si trova a camminare 
sulla via delle Beatitudini
Leone XIV 
Angelus del 29.06.2025 
(Testo e video)



Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Oggi è la grande festa della Chiesa di Roma, generata dalla testimonianza degli Apostoli Pietro e Paolo e fecondata dal loro sangue e da quello di molti altri martiri. Anche ai nostri giorni, in tutto il mondo, vi sono cristiani che il Vangelo rende generosi e audaci persino a prezzo della vita. Esiste così un ecumenismo del sangue, una invisibile e profonda unità fra le Chiese cristiane, che pure non vivono ancora tra loro la comunione piena e visibile. Voglio pertanto confermare in questa festa solenne che il mio servizio episcopale è servizio all’unità e che la Chiesa di Roma è impegnata dal sangue dei Santi Pietro e Paolo a servire la comunione tra tutte le Chiese.

La pietra, da cui Pietro riceve anche il proprio nome, è Cristo. Una pietra scartata dagli uomini e che Dio ha reso pietra angolare (cfr Mt 21,42). Questa Piazza e le Basiliche Papali di San Pietro e di San Paolo ci raccontano come quel rovesciamento continui sempre. Esse si trovano ai margini della città antica, “fuori le mura”, come si dice fino ad oggi. Ciò che a noi appare grande e glorioso è stato prima scartato ed espulso, perché in contrasto con la mentalità mondana. Chi segue Gesù si trova a camminare sulla via delle Beatitudini, dove la povertà di spirito, la mitezza, la misericordia, la fame e la sete di giustizia, l’operare per la pace trovano opposizione e anche persecuzione. Eppure, la gloria di Dio brilla nei suoi amici e lungo il cammino li plasma, di conversione in conversione.

Cari fratelli e sorelle, sulle tombe degli Apostoli, meta millenaria di pellegrinaggio, anche noi scopriamo che possiamo vivere di conversione in conversione. Il Nuovo Testamento non nasconde gli errori, le contraddizioni, i peccati di quelli che veneriamo come i più grandi Apostoli. La loro grandezza, infatti, è stata modellata dal perdono. Il Risorto, più di una volta, è andato a prenderli per rimetterli sul suo cammino. Gesù non chiama mai una volta sola. È per questo che tutti possiamo sempre sperare, come ci ricorda anche il Giubileo.

L’unità nella Chiesa e fra le Chiese, sorelle e fratelli, si nutre di perdono e di reciproca fiducia. A cominciare dalle nostre famiglie e dalle nostre comunità. Se infatti Gesù si fida di noi, anche noi possiamo fidarci gli uni degli altri, nel suo Nome.

Gli Apostoli Pietro e Paolo, insieme con la Vergine Maria, intercedano per noi, affinché in questo mondo lacerato la Chiesa sia casa e scuola di comunione.

____________________

Dopo l'Angelus

Cari fratelli sorelle,

assicuro la mia preghiera per la comunità del Liceo “Barthélémy Boganda” di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, in lutto per il tragico incidente che ha provocato numerosi morti e feriti tra gli studenti. Il Signore conforti le famiglie e l’intera comunità!

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, oggi in modo speciale ai fedeli di Roma, nella festa dei Santi Patroni! Un pensiero carico di affetto voglio mandarlo ai Parroci e a tutti i sacerdoti che lavorano nelle parrocchie romane, con riconoscenza e incoraggiamento per il loro servizio.

In questa festa si celebra anche la Giornata dell’Obolo di San Pietro, che è un segno di comunione con il Papa e di partecipazione al suo ministero apostolico. Ringrazio di cuore quanti con il loro dono sostengono i miei primi passi come Successore di Pietro.

Benedico quanti partecipano all’evento denominato “Quo Vadis?”, attraverso i luoghi romani delle memorie dei Santi Pietro e Paolo. Ringrazio quanti hanno organizzato con impegno questa iniziativa che aiuta a conoscere e onorare i Santi Patroni di Roma.

Saluto i fedeli di vari Paesi venuti per accompagnare i loro Arcivescovi Metropoliti che oggi hanno ricevuto il Pallio. Saluto i pellegrini dall’Ucraina – prego sempre per il vostro popolo –, dal Messico, dalla Croazia, dalla Polonia, dagli Stati Uniti d’America, dal Venezuela, dal Brasile, il Coro Santi Pietro e Paolo dall’Indonesia, come pure numerosi fedeli Eritrei che vivono in Europa; i gruppi di Martina Franca, Pontedera, San Vendemiano e Corbetta; i ministranti di Santa Giustina in Colle e i giovani di Sommariva del Bosco.

Ringrazio la Pro Loco di Roma Capitale e gli artisti che hanno realizzato l’Infiorata in Via della Conciliazione e Piazza Pio XII. Grazie!

Saluto i Guanelliani Cooperatori del Centro-Sud Italia, l’Associazione di volontariato di Chiari, i ciclisti di Fermo e quelli di Varese, il gruppo sportivo Aniene 80 e i pellegrini di “Connessione Spirituale”.

Sorelle e fratelli, continuiamo a pregare perché dovunque tacciano le armi e si lavori per la pace attraverso il dialogo.

Buona domenica a tutti!


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Angelus integrale

domenica 29 giugno 2025

Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME) - PREGHIERA DEI FEDELI - Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli

Fraternità Carmelitana
di Pozzo di Gotto (ME)


Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli
29 Giugno 2025

PREGHIERA DEI FEDELI

Per chi presiede

Fratelli e sorelle, lodiamo Dio per la professione e il cammino di fede dell’apostolo Pietro e per l’annuncio del Vangelo e la fondazione di nuove comunità cristiane oltre i confini di Israele dell’apostolo Paolo. Sostenuti dalla loro testimonianza, rivolgiamo a Dio Padre la nostra preghiera ed insieme diciamo:

R./ Accresci la nostra fede, o Signore.


Lettore

- Tu, o Padre, hai fondato la tua Chiesa sul tuo Figlio Gesù, pietra scartata ma posta da Te come solido sostegno della vita del popolo di Dio. Illuminaci con il tuo Spirito, affinché impariamo a costruire la casa della nostra esistenza – personale e comunitaria – sullo stile di vita e sul Vangelo del Messia tuo Figlio Gesù e non sulla sabbia inconsistente delle nostre autoreferenzialità, egoismi ed arroganze. Preghiamo.

- Ti affidiamo, o Padre, il nostro vescovo di Roma, papa Leone XIV, vicario di Pietro, a cui hai affidato il ministero di confermare i fratelli e le sorelle nella fede e di presiedere nella carità l’unità della Chiesa: donagli la tua Sapienza, affinché sappia discernere la tua Presenza negli avvenimenti del nostro tempo e sia vigilante nell’ascolto dei “gemiti” della nostra umanità che oggi attende “gravida” la luce di un futuro migliore. Preghiamo.

- Ti affidiamo, inoltre, o Padre, il nostro vescovo Giovanni che presiede la nostra Chiesa locale, i vescovi delle altre Chiese locali; i presbiteri che presiedono le parrocchie, i catechisti, che sono chiamati all’annuncio della Parola e alla trasmissione della fede ai ragazzi e ai giovani, e tutti gli altri operatori pastorali. Fa’ che si impegnino a far crescere il valore della fraternità e della corresponsabilità, fondate sul Vangelo e sulla fede che si coniuga con la vita. Preghiamo.

- Ti affidiamo, ancora, o Padre, i nostri governanti di questo nostro mondo: liberali da una politica fondata sulla menzogna, sulla propaganda, sull’apparenza di democrazia e sulla “legge del più forte”, e ispira loro – almeno a quelli che si dicono cristiani – pensieri e progetti di vero dialogo, di vera pace, di cooperazione e di solidarietà. Preghiamo.

- Davanti a te, o Padre, fonte della vita, ci ricordiamo dei nostri parenti e amici defunti [pausa di silenzio]; ci ricordiamo di coloro che con la vita e la parola ci hanno trasmesso la fede, di coloro che con le loro modo di essere e di fare hanno reso più umane le nostre relazioni, le nostre comunità e i nostri territori. Accogli tutti nella comunione dei tuoi santi. Preghiamo.


Per chi presiede

Ricordati, o Padre, della tua Chiesa, fondata sull’annuncio e sulla testimonianza dei santi apostoli Pietro e Paolo: fa’ che il popolo cristiano cresca sempre di più nella fede, nella speranza e nell’amore, assumendo la forma di vita del tuo Figlio Gesù, nostro Signore e Salvatore nei secoli dei secoli. 
AMEN.


"Un cuore che ascolta - lev shomea" n° 34 - 2024/2025 anno C

"Un cuore che ascolta - lev shomea"

"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)



Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino


 SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI - ANNO C

Vangelo:
Mt 16,13-19

Riconoscere in Gesù il «Messia, il Figlio di Dio Vivente» conferisce a Pietro il primato sulla Chiesa. Il primato, però, non è per il potere, ma per il servizio, vissuto nella fraternità e nell'amore. Lungo il corso della storia della Chiesa il primato petrino è stato inteso ed esercitato in diversi modi, spesso frainteso e malinteso, con o senza colpa. L'autorità nella Chiesa perciò necessita di continua purificazione. Essa va vissuta non come esercizio di potere ma come assunzione di responsabilità. Purtroppo, Pietro è «bar-Jona, figlio di Giona» e, come Giona, fugge le conseguenze dell'amore del suo Maestro. Pietro non riesce ad accettare (lo farà dopo la resurrezione di Gesù) un Messia debole e indifeso, che si consegna inerme nelle mani degli uomini, rifiuta decisamente un Dio che ama e usa misericordia a tutti, compresi i pagani e i carnefici del Figlio. Per questa ragione, poco dopo, tenterà di dissuadere Gesù dall'andare a Gerusalemme (Mt 16, 22). Certo Gesù è il Messia, ma non lo sterminatore di nemici atteso da certa tradizione giudaica, perché per Gesù il potere così esercitato è ontologicamente diabolico (Mt 4,1-11). I figli di Dio, invece, sono coloro che seguono solo il loro Signore e Maestro nell'amore e nel servizio ai fratelli. Sono le «pietre viventi edificate come edificio spirituale sulla Pietra Viva scartata dagli uomini» (1Pt 2,4-5). Sono coloro che si sono tenuti immuni dal «lievito di farisei e sadducei» (Mt 16,6), veleno mortale che intossica la vita e le relazioni tra gli uomini, che impedisce di scorgere nell'altro un vero fratello da amare.

sabato 28 giugno 2025

ROCCIA E NIDO DI DIO “Voi non accontentatevi di ciò che sentite dire, non omologatevi al pensiero dominante. ... Tutti i credenti possono e devono essere roccia e chiave” - SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Maria Ronchi

ROCCIA E NIDO DI DIO 


Voi non accontentatevi di ciò che sentite dire,
non omologatevi al pensiero dominante. ...
Tutti i credenti possono e devono essere roccia e chiave.


In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Mt 16, 13-19

 
ROCCIA E NIDO DI DIO 
 
Voi non accontentatevi di ciò che sentite dire, non omologatevi al pensiero dominante. Non offre risposte, Gesù, non distribuisce facili soluzioni, lui innesca domande; non dà lezioni, invita a cercare dentro di sè.... Tutti i credenti possono e devono essere roccia e chiave. 
 
Oggi Gesù interroga i suoi, quasi per un sondaggio d'opinione: La gente, chi dice che io sia? L'opinione del­la gente è bella e incompleta: Dicono che sei un profeta! Una creatura di fuoco e di lu­ce, come Elia o il Battista; che sei bocca di Dio e bocca dei poveri.

Quanto bisogno di credere in qualcuno dai super poteri!

Ma Gesù non è semplicemente un profeta che ritorna, fosse pure il più grande. Bisogna cercare ancora: Ma voi, chi dite che io sia? Prima di tutto c'è un «ma voi», in opposizione a ciò che dice la gente. Voi non accontentatevi di ciò che sentite dire, non omologatevi al pensiero dominante.

Non offre risposte, Gesù, non distribuisce facili soluzioni, lui innesca domande; non dà lezioni, invita a cercare dentro di sè.

Ecco un maestro dell'esistenza che ci vuole tutti pensatori liberi, tutti poeti della vita; egli non indottrina nessuno, apre domande per stimolare risposte. E così, feconda nascite.

E Pietro risponde da innamorato, ne ha finalmente l’occasione: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”. La vita, innanzi tutto. L’eternità. Qui in mezzo a noi.

Sei il figlio, vuol dire «tu porti Dio qui, fra noi. Tu fai vedere e toccare Dio, il Vivente, che fa vivere. Sei il suo volto, il suo braccio, il suo progetto, la sua bocca, il suo cuore».

Provo anch'io a rispondere: Tu sei per me crocifisso amore, l'unico che non inganna. Tu sei disarmato amore, che non si impone. Tu sei l’amore che vince. Tu sei indissolubile amore.

«Nulla mai, né vita né morte, né angeli né demoni, nulla mai né tempo né eternità, nulla mai ci separerà dall'amore» (Rom 8,38). Nulla, mai.

Poi i due simboli: a te darò le chiavi; tu sei roccia. Pietro, e secondo la tradizione i suoi successori, sono roccia per la Chiesa nella misura in cui continuano ad annunciare che Cristo è il Figlio del Dio vivente. Sono roccia per l'intera umanità se ripetono senza stancarsi che Dio è amore; che Cristo è vivo, vivo tesoro per tutti.

Essere roccia, parola di Gesù che si estende a ogni discepolo: sulla tua pietra viva edificherò la mia casa. A tutti è detto: ciò che legherai sulla terra, i legami che intreccerai, le persone che unirai alla tua vita, le ritroverai per sempre. Ciò che scioglierai sulla terra: tutti i nodi, i grovigli, i blocchi che scioglierai, coloro ai quali tu darai libertà e respiro, avranno da Dio libertà per sempre e respiro nei cieli.

Tutti i credenti possono e devono essere roccia e chiave del nido di Dio, che è il suo cuore amante e innamorato: roccia che dà appoggio e sicurezza alla vita d'altri; chiave che apre le porte belle di Dio.



Papa Leone XIV: " Guerre diaboliche scatenate da fake news. Il riarmo frutto della propaganda" (Testo)

Papa Leone XIV: 
"Guerre diaboliche
 scatenate da fake news. 
Il riarmo frutto
 della propaganda" 
(Testo e video)

Il duro intervento di Leone XIV. «Il mio cuore sanguina per Ucraina, Medio Oriente e Gaza dove la situazione è disumana». Nuove armi? «I soldi ai mercanti di morte e non gli ospedali»


DISCORSO AI PARTECIPANTI ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DELLA
"RIUNIONE DELLE OPERE PER L'AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI" (ROACO)

Sala Clementina - Giovedì, 26 giugno 2025



Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo.

La pace sia con voi!

Eminenza ed Eccellenze Reverendissime,
cari sacerdoti, fratelli e sorelle,

la pace sia con voi! Vi do il benvenuto, lieto di incontrarvi al termine della vostra Assemblea plenaria. Saluto Sua Eminenza il Cardinale Gugerotti, gli altri Superiori del Dicastero, gli Officiali e voi tutti, membri delle Agenzie della ROACO.

«Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). So che per voi sostenere le Chiese Orientali non è anzitutto un lavoro, ma una missione esercitata in nome del Vangelo che, come indica la parola stessa, è annuncio di gioia, che rallegra anzitutto il cuore di Dio, il quale non si lascia mai vincere in generosità. Grazie perché, insieme ai vostri benefattori, seminate speranza nelle terre dell’Oriente cristiano, mai come ora sconvolte dalle guerre, prosciugate dagli interessi, avvolte da una cappa di odio che rende l’aria irrespirabile e tossica. Voi siete la bombola di ossigeno delle Chiese Orientali, sfinite dai conflitti. Per tante popolazioni, povere di mezzi ma ricche di fede, siete una luce che brilla nelle tenebre dell’odio. Vi prego, col cuore in mano, di fare sempre tutto il possibile per aiutare queste Chiese, così preziose e provate.

La storia delle Chiese cattoliche orientali è stata spesso segnata dalla violenza subita; purtroppo non sono mancate sopraffazioni e incomprensioni pure all’interno della stessa compagine cattolica, incapace di riconoscere e apprezzare il valore di tradizioni diverse da quella occidentale. Ma oggi la violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima. Ne ha risentito pure la vostra sessione annuale, con l’assenza fisica di quanti sarebbero dovuti venire dalla Terra Santa, ma non hanno potuto intraprendere il viaggio. Il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza, e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra. Siamo chiamati noi tutti, umanità, a valutare le cause di questi conflitti, a verificare quelle vere e a cercare di superarle, e a rigettare quelle spurie, frutto di simulazioni emotive e di retorica, smascherandole con decisione. La gente non può morire a causa di fake news.

È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune? Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta? La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti!

E mi chiedo: da cristiani, oltre a sdegnarci, ad alzare la voce e a rimboccarci le maniche per essere costruttori di pace e favorire il dialogo, che cosa possiamo fare? Credo che anzitutto occorra veramente pregare. Sta a noi fare di ogni tragica notizia e immagine che ci colpisce un grido di intercessione a Dio. E poi aiutare, come fate voi e come molti fanno, e possono fare, attraverso di voi. Ma c’è di più, e lo dico pensando specialmente all’Oriente cristiano: c’è la testimonianza
È la chiamata a rimanere fedeli a Gesù, senza impigliarsi nei tentacoli del potere. È imitare Cristo, che ha vinto il male amando dalla croce, mostrando un modo di regnare diverso da quello di Erode e Pilato: uno, per paura di essere spodestato, aveva ammazzato i bambini, che oggi non cessano di essere dilaniati con le bombe; l’altro si è lavato le mani, come rischiamo di fare quotidianamente fino alle soglie dell’irreparabile. Guardiamo Gesù, che ci chiama a risanare le ferite della storia con la sola mitezza della sua croce gloriosa, da cui si sprigionano la forza del perdono, la speranza di ricominciare, il dovere di rimanere onesti e trasparenti nel mare della corruzione. Seguiamo Cristo, che ha liberato i cuori dall’odio, e diamo l’esempio perché si esca dalle logiche della divisione e della ritorsione. 
Vorrei ringraziare e idealmente abbracciare tutti i cristiani orientali che rispondono al male con il bene: grazie, fratelli e sorelle, per la testimonianza che date soprattutto quando restate nelle vostre terre come discepoli e come testimoni di Cristo.

Cari amici della ROACO, nel vostro lavoro voi vedete, oltre a molte miserie causate dalla guerra e dal terrorismo – penso al recente terribile attentato nella chiesa di sant’Elia a Damasco – anche fiorire germogli di Vangelo nel deserto. Scoprite il popolo di Dio che persevera volgendo lo sguardo al Cielo, pregando Dio e amando il prossimo. Toccate con mano la grazia e la bellezza delle tradizioni orientali, di liturgie che lasciano abitare a Dio il tempo e lo spazio, di canti secolari intrisi di lode, gloria e mistero, che innalzano un’incessante richiesta di perdono per l’umanità. Incontrate figure che, spesso nel nascondimento, vanno ad aggiungersi alle grandi schiere dei martiri e dei santi dell’Oriente cristiano. Nella notte dei conflitti siete testimoni della luce dell’Oriente.

Vorrei che questa luce di sapienza e di salvezza sia più conosciuta nella Chiesa cattolica, nella quale sussiste ancora molta ignoranza al riguardo e dove, in alcuni luoghi, la fede rischia di diventare asfittica anche perché non si è realizzato il felice auspicio espresso più volte da san Giovanni Paolo II, che 40 anni fa disse: «La Chiesa deve imparare di nuovo a respirare con i suoi due polmoni, quello orientale e quello occidentale» (Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali, 28 giugno 1985). Tuttavia, l’Oriente cristiano si può custodire solo se si ama; e si ama solo se si conosce. Occorre, in questo senso, attuare i chiari inviti del Magistero a conoscerne i tesori, ad esempio cominciando a organizzare corsi di base sulle Chiese Orientali nei Seminari, nelle Facoltà teologiche e nei centri universitari cattolici (cfr S. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Orientale lumen, 24; Congregazione per l’Educazione Cattolica, Lett. circ. Eu égard au développement, 9-14). E c’è bisogno pure di incontro e di condivisione dell’azione pastorale, perché i cattolici orientali oggi non sono più cugini lontani che celebrano riti ignoti, ma fratelli e sorelle che, a motivo delle migrazioni forzate, ci vivono accanto. Il loro senso del sacro, la loro fede cristallina, resa granitica dalle prove, e la loro spiritualità che profuma del mistero divino possono giovare alla sete di Dio latente ma presente in Occidente.

Affidiamo questa crescita comune nella fede all’intercessione della Tutta Santa Madre di Dio e degli Apostoli Pietro e Paolo, che hanno unito Oriente e Occidente. Io vi benedico e vi incoraggio a perseverare nella carità, animati dalla speranza di Cristo. Grazie!

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Servizio TG2000







In difesa di chi obietta alla guerra. Intervista ad Olga Karatch

In difesa di chi obietta alla guerra.
Intervista ad Olga Karatch


L’appello all’Italia e all’Europa da parte della fondatrice di Nash Dom, perseguitata nel suo Paese per aver chiesto il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza.

Olga Karatach foto di CGC


Nota attivista per i diritti umani, Olga Karatch ha dovuto lasciare la Bielorussia e rifugiarsi in Lituania perché perseguitata dal governo autocratico di Lukashenko che ha spiccato un mandato di cattura contro di lei con l’accusa di terrorismo e attentato alla sicurezza dello stato.

È stata candidata al Nobel per la pace assieme al movimento russo degli obiettori di coscienza e al i movimento pacifista ucraino. In Italia ha ricevuto il premio internazionale Alex Langer.

La sua colpa è quella di avere fondato l’organizzazione Nash Dom, che significa “la nostra casa comune”, e sostenuto il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, esponendosi a più arresti e vessazioni. Il 30 maggio 2025 ha partecipato all’udienza dei movimenti popolari per la pace con papa Leone XIV e il 2 giugno ha portato la propria testimonianza all’incontro promosso, nel quartiere esquilino a Roma, dal Movimento nonviolento per sostenere una festa della “Repubblica libera dalla guerra” sotto un cielo assolato solcato dalle frecce tricolori mentre una folla di pellegrini era in fila per salutare il luogo di sepoltura di papa Francesco.

Esiste un vero movimento contro la guerra in Russia e Bielorussia?

Certo! Le statistiche ufficiali parlano di 50 mila disertori russi registrati. Indice di una tendenza molto più ampia anche in Bielorussia

Che difficoltà incontra tale dissenso?

Il problema principale è costituito dalla mancanza di sostegno da parte dei Paesi europei. Molte persone sono contrarie alla guerra ma non sanno cosa fare, sentendosi scoraggiate e temono a ragione lunghe pene detentive per le loro proteste. Per quanto riguarda il mio Paese, come sappiamo, Lukashenko rientra nell’orbita del potere di Putin ed esiste, perciò, un rischio elevato della partecipazione dell’esercito bielorusso alla guerra contro l’Ucraina. Una prospettiva pericolosa da evitare.

Ma come pensate di fermare questa deriva bellica?

Bisogna credere sul potere della gente, non sulle armi o sulla violenza. Putin e Lukashenko non possano continuare la guerra senza soldati disposti a combattere. Il nostro obiettivo è quello di aiutare le persone a fuggire e ad evitare la partecipazione alla guerra.

Che strategia state seguendo?

Quella che definisco la “linea di pace lungo la linea del fronte” che passa per tre punti.

Al primo posto occorre puntare sul disarmo e la denuclearizzazione per eliminare il rischio di una terza guerra mondiale con armi nucleari.

È poi urgente per noi lottare contro la cultura della guerra. Attraverso la propaganda che dipinge l’altro come “nemico”, le persone sono spinte ad andare a combattere ad andare in guerra. È fondamentale promuovere narrazioni di pace per contrastare questa mentalità.

È, infine, fondamentale costruire meccanismi più chiari e stabili per i negoziati, non solo tra Russia e Ucraina, ma anche per affrontare i conflitti latenti e le “ferite nascoste” che sono emerse a causa della guerra.

Che tipo di aiuto vi aspettate dalla società civile italiana ed europea?

Per prima cosa la condivisione di esperienza e capacità come movimento pacifista, poiché molte persone in Russia e Bielorussia non hanno familiarità con i concetti di pace e guerra.

Occorre poi cercare tutte le forme possibili di cooperazione internazionale, poiché il movimento pacifista in queste regioni subisce pressioni e attacchi, e il sostegno internazionale diventa fonte di ispirazione e riduce il senso di solitudine

Infine, mi duole dirlo, ma è necessario l’aiuto finanziario per fornire rifugi e assistenza legale agli obiettori di coscienza e disertori russi e bielorussi a rischio di deportazione, e per aiutarli a fuggire e ricollocarsi, anche illegalmente attraverso i confini chiusi

In che senso si parla di deportazioni?

Purtroppo in Lituania abbiamo diversi obiettori di coscienza dalla Russia e dalla Bielorussia che sono a rischio di essere rimandati indietro vero i luoghi di partenza, rischiando il carcere o la vita, perché il loro rifiuto della guerra non è riconosciuto come motivo di asilo politico. Per questo è importante sostenere la campagna internazionale #ObjectWarCampaign che chiede all’Unione europea di riconoscere asilo politico a coloro che (come ucraini, russi e bielorussi) scappano per non essere perseguitati e incarcerati per renitenza alla leva.

Come avviene la maturazione della coscienza fino alla decisione di non collaborare nell’uccisione comandata di altre persone?

Dobbiamo puntare molto sul dialogo e lo scambio di opinioni sono cruciali perché, altrimenti, le persone rimangono nelle loro “bolle”, diventano più radicalizzate e non si ascoltano a vicenda. Questo contribuisce a provocare sempre più violenza e guerra. Occorre non stancarsi di sostenere la lotta contro la “cultura della cancellazione dell’altro” che è all’origine delle più grandi tragedie nella storia umana.
(Fonte: Città Nuova, articolo di Carlo Cefaloni 24 /06/2025)


venerdì 27 giugno 2025

Leone XIV: la fatica nel vivere è la malattia del nostro tempo. Affrontiamo la realtà con Gesù - Udienza Generale - Catechesi del 25.06.2025 (Testo e video)

Leone XIV
La fatica nel vivere è la malattia del nostro tempo.
Affrontiamo la realtà con Gesù -
Udienza Generale - Catechesi del 25.06.2025
(Testo e video)

Andiamo da Gesù: Lui può guarirci, può farci rinascere. 
Gesù è la nostra speranza!




Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza.
II. La vita di Gesù. 
Le guarigioni. 
11. La donna emorroissa e la figlia di Giairo. «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36)

Cari fratelli e sorelle,
anche oggi meditiamo sulle guarigioni di Gesù come segno di speranza. In Lui c’è una forza che anche noi possiamo sperimentare quando entriamo in relazione con la sua Persona.

Una malattia molto diffusa nel nostro tempo è la fatica di vivere: la realtà ci sembra troppo complessa, pesante, difficile da affrontare. E allora ci spegniamo, ci addormentiamo, nell’illusione che al risveglio le cose saranno diverse. Ma la realtà va affrontata, e insieme con Gesù possiamo farlo bene. A volte poi ci sentiamo bloccati dal giudizio di coloro che pretendono di mettere etichette sugli altri.

Mi sembra che queste situazioni possano trovare riscontro in un passo del Vangelo di Marco, dove si intrecciano due storie: quella di una ragazza di dodici anni, che è a letto malata e sta per morire; e quella di una donna, che, proprio da dodici anni, ha perdite di sangue e cerca Gesù per poter guarire (cfr Mc 5,21-43).

Tra queste due figure femminili, l’Evangelista colloca il personaggio del padre della ragazza: egli non rimane in casa a lamentarsi per la malattia della figlia, ma esce e chiede aiuto. Benché sia il capo della sinagoga, non avanza pretese in ragione della sua posizione sociale. Quando c’è da attendere non perde la pazienza e aspetta. E quando vengono a dirgli che sua figlia è morta ed è inutile disturbare il Maestro, lui continua ad avere fede e a sperare.

Il colloquio di questo padre con Gesù è interrotto dalla donna emorroissa, che riesce ad avvicinarsi a Gesù e a toccare il suo mantello (v. 27). Questa donna con grande coraggio ha preso la decisione che cambia la sua vita: tutti continuavano a dirle di rimanere a distanza, di non farsi vedere. L’avevano condannata a rimanere nascosta e isolata. A volte anche noi possiamo essere vittime del giudizio degli altri, che pretendono di metterci addosso un abito che non è il nostro. E allora stiamo male e non riusciamo a venirne fuori.

Quella donna imbocca la via della salvezza quando germoglia in lei la fede che Gesù può guarirla: allora trova la forza di uscire e di andare a cercarlo. Vuole arrivare a toccare almeno la sua veste.

Intorno a Gesù c’era tanta folla, e dunque tante persone lo toccavano, eppure a loro non succede niente. Quando invece questa donna tocca Gesù, viene guarita. Dove sta la differenza? Commentando questo punto del testo, Sant’Agostino dice – a nome di Gesù –: «La folla mi si accalca intorno, ma la fede mi tocca» (Discorso 243, 2, 2). È così: ogni volta che facciamo un atto di fede indirizzato a Gesù, si stabilisce un contatto con Lui e immediatamente esce da Lui la sua grazia. A volte noi non ce ne accorgiamo, ma in modo segreto e reale la grazia ci raggiunge e da dentro pian piano trasforma la vita.

Forse anche oggi tante persone si accostano a Gesù in modo superficiale, senza credere veramente nella sua potenza. Calpestiamo la superficie delle nostre chiese, ma forse il cuore è altrove! Questa donna, silenziosa e anonima, vince le sue paure, toccando il cuore di Gesù con le sue mani considerate impure a causa della malattia. Ed ecco che subito si sente guarita. Gesù le dice: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace» (Mc 5,34).

Nel frattempo, portano a quel padre la notizia che sua figlia è morta. Gesù gli dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36). Poi va a casa sua e, vedendo che tutti piangono e gridano, dice: «La bambina non è morta, ma dorme» (v. 39). Quindi entra nella camera dove giaceva la bambina, la prende per mano e le dice : «Talità kum», “Fanciulla, alzati!”. La ragazza si alza in piedi e si mette a camminare (cfr vv. 41-42). Quel gesto di Gesù ci mostra che Lui non solo guarisce da ogni malattia, ma risveglia anche dalla morte. Per Dio, che è Vita eterna, la morte del corpo è come un sonno. 
La morte vera è quella dell’anima: di questa dobbiamo avere paura!

Un ultimo particolare: Gesù, dopo aver risuscitato la bambina, dice ai genitori di darle da mangiare (cfr v. 43). Ecco un altro segno molto concreto della vicinanza di Gesù alla nostra umanità. Ma possiamo intenderlo anche in senso più profondo e domandarci: quando i nostri ragazzi sono in crisi e hanno bisogno di un nutrimento spirituale, sappiamo darglielo? E come possiamo se noi stessi non ci nutriamo del Vangelo?

Cari fratelli e sorelle, nella vita ci sono momenti di delusione e di scoraggiamento, e c’è anche l’esperienza della morte. Impariamo da quella donna, da quel padre: andiamo da Gesù: Lui può guarirci, può farci rinascere. Gesù è la nostra speranza!

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Saluti

Je salue cordialement les pèlerins de langue française, en particulier ceux venus du Canada, de la Côte d’ivoire, de la Belgique et de la France.
Frères et sœurs, par l’intercession des saints Pierre et Paul, les colonnes de l’Église, puissions-nous, au milieu de nos fatigues et difficultés humaines, aller vers Jésus notre espérance et notre vie.
Que Dieu vous bénisse !

[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua francese, in particolare quelli provenienti dal Canada, dalla Costa d’Avorio, dal Belgio e dalla Francia.
Fratelli e sorelle, per intercessione dei santi Pietro e Paolo, colonne della Chiesa, possiamo noi, in mezzo alle fatiche e alle difficoltà umane, andare verso Gesù, nostra speranza e nostra vita.
Dio vi benedica!]

I am happy to welcome this morning the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, especially those coming from Malta, Eswatini, Ghana, Kenya, South Africa, Australia, China, India, Indonesia, the Philippines, South Korea and the United States of America. I offer special greetings to the members of Citizens UK catholic movement. As the month of June draws to a close, we ask the Sacred Heart of Jesus to increase our faith as we turn to him in trust. God bless you all!

Liebe Brüder und Schwestern deutscher Sprache, in diesen Tagen begehen die Bischöfe, die Priester und die Seminaristen ihre Heilig-Jahr-Feier. Unterstützen wir sie in ihrer Berufung und beten wir für sie, dass sie Hirten nach dem Heiligsten Herzen Jesu sein können.

[Cari fratelli e sorelle di lingua tedesca, in questi giorni i Vescovi, i Sacerdoti e i seminaristi celebrano il loro Giubileo. Sosteniamoli nella loro vocazione e preghiamo per loro perché possano essere pastori secondo il Sacro Cuore di Gesù.]

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en modo particular a los sacerdotes y seminaristas provenientes de España, México, Puerto Rico, Ecuador, Colombia, El Salvador, Venezuela. En la vida hay momentos de desilusión, de desaliento e incluso de muerte. Aprendamos de aquella mujer y de aquel padre: vayamos a Jesús. Él puede sanarnos, puede devolvernos la vida. ¡Él es nuestra esperanza! Muchas gracias.

我向讲中文的人们致以亲切的问候。亲爱的弟兄姐妹们,我保证必会为你们所有美好的意向祈祷。
我降福大家!

[Rivolgo il mio cordiale saluto alle persone di lingua cinese. Cari fratelli e sorelle, assicuro la mia preghiera per tutte le vostre intenzioni di bene. A tutti la mia benedizione!]

Queridos fiéis de língua portuguesa, bem-vindos! Saúdo especialmente os sacerdotes vindos de Braga e Viana do Castelo em Portugal, e de Teresina, Castanhal, Nazaré e Santo Amaro no Brasil. Ao aproximarmo-nos do final do mês de junho, voltemos mais intensamente o nosso olhar para o Coração de Jesus. A partir d’Ele, demos de novo a este nosso mundo um coração que sabe amar, perdoar e cuidar dos outros. Deus vos abençoe!

[Cari fedeli di lingua portoghese, benvenuti! Saluto in modo speciale i Sacerdoti provenienti da Braga e Viana do Castelo, in Portogallo, e da Teresina, Castanhal, Nazaré e Santo Amaro, in Brasile. All’avvicinarsi della fine del mese di giugno, rivolgiamo più intensamente lo sguardo al Cuore di Gesù. A partire da Lui ridoniamo a questo nostro mondo un cuore che sa amare, perdonare e prendersi cura degli altri. Dio vi benedica!]

أُحيِّي المُؤمِنِينَ النَّاطِقِينَ باللُغَةِ العَرَبِيَّة. أعِزَّائي الفِتْيانَ والشَّبابَ والطُّلاب، معَ بدايَةِ العُطلَةِ الصَّيفِيَّة، أَدعُوكُم إلى أنْ تُواظِبُوا على الصَّلاةِ، وأَنْ تَقْتَدُوا بِصِفاتِ يسوعَ الشَّابِ الَّذي كان يَتَسامَى في الحِكمَةِ والقامَةِ والحُظوَةِ عِندَ اللهِ والنَّاس. بارَكَكُم الرَّبُّ جَميعًا وَحَماكُم دائِمًا مِن كلِّ شَرّ!

[Saluto i fedeli di lingua araba. Cari ragazzi, giovani e studenti, con l’inizio delle vacanze estive, vi invito a continuare la preghiera e a imitare le qualità del giovane Gesù che cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga ‎sempre da ogni male‎‎‎‏!]

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Zachęcam was do codziennej lektury Ewangelii. Niech będzie ona dla Was duchowym pokarmem, uzdalniającym do niesienia wiary i nadziei do swoich środowisk. A zbliżająca się uroczystość świętych Piotra i Pawła niech stanie się dla was okazją do odnowienia osobistej więzi ze wspólnotą Kościoła i modlitewnej troski o jego pasterzy. Z serca Wam błogosławię!

[Saluto cordialmente i polacchi. Vi invito a lasciarvi accompagnare ogni giorno dalla lettura del Vangelo: sia per voi nutrimento spirituale, capace di rafforzarvi nel portare la fede e la speranza nei vostri ambienti. La prossima solennità dei Santi Pietro e Paolo sia per voi un’occasione per rinnovare il legame personale con la comunità della Chiesa e la premurosa preghiera per i suoi pastori. Vi benedico di cuore!]

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APPELLO

Domenica scorsa è stato compiuto un vile attentato terroristico contro la comunità greco-ortodossa nella chiesa di Mar Elias a Damasco. Affidiamo le vittime alla misericordia di Dio ed eleviamo le nostre preghiere per i feriti e i familiari. Ai cristiani del Medio Oriente dico: vi sono vicino! Tutta la Chiesa vi è vicina!

Questo tragico avvenimento richiama la profonda fragilità che ancora segna la Siria, dopo anni di conflitti e di instabilità. È quindi fondamentale che la comunità internazionale non distolga lo sguardo da questo Paese, ma continui a offrirgli sostegno attraverso gesti di solidarietà e con un rinnovato impegno per la pace e la riconciliazione.

Continuiamo a seguire con attenzione e con speranza gli sviluppi della situazione in Iran, Israele e Palestina. Le parole del profeta Isaia risuonano più che mai urgenti: «Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Is 2,4). Si ascolti questa voce, che viene dall’Altissimo! Si curino le lacerazioni provocate dalle sanguinose azioni degli ultimi giorni. Si respinga ogni logica di prepotenza e di vendetta e si scelga con determinazione la via del dialogo, della diplomazia e della pace.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Alba, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Marco Brunetti, e li esorto ad attingete dall’Eucaristia la forza per essere testimoni del Vangelo della carità. Saluto poi le Suore Missionarie dell’Incarnazione, le Ancelle della Beata Vergine Immacolata e le Suore del Bambino Gesù, che celebrano i rispettivi Capitoli Generali, incoraggiandole a essere segni eloquenti dell’amore di Dio e missionarie della sua pace.

Accolgo con gioia i fedeli di Mola di Bari, Noepoli e Grotteria, esortandoli a perseverare nei buoni propositi di fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. Saluto altresì la Scuola Militare Alpina di Aosta e la Brigata Paracadutisti “Folgore”: cari militari, invoco su di voi e sulle vostre famiglie copiosi doni celesti per una sempre più solida testimonianza cristiana.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Siamo entrati nell’estate, per molti tempo di ferie e di riposo. Per voi, cari giovani, sia un'occasione per utili esperienze sociali e religiose; per voi, cari sposi novelli, un periodo per cementare la vostra unione e approfondire la vostra missione nella Chiesa e nella società. Auspico inoltre che a voi, cari malati, non manchi durante questi mesi estivi la vicinanza di persone care.

A tutti la mia benedizione!


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Enzo Bianchi Ai sacerdoti non si può perdonare l’ipocrisia

Enzo Bianchi

Ai sacerdoti non si può perdonare l’ipocrisia

La Stampa - Tuttolibri - 21 giugno 2025


Tutto l’Antico Testamento non solo attesta le infedeltà del popolo di Israele nei confronti dell’alleanza con il suo Signore, ma dedica pagine e pagine a descrivere e denunciare le tentazioni subite dal popolo di Dio. Perché nella lotta contro l’infedeltà e nella resistenza alle seduzioni del peccato occorre avere conoscenza della tentazione. La tentazione, opera del seduttore, del principe di questo mondo, di colui che divide ed è menzognero, Satana, è sempre presente nella vita del credente: essa è generata dalla libido che abita ogni umano e che tende a dominarlo. Conoscere il modo in cui la tentazione si fa strada nel cuore, chiede di essere accolta e quindi acconsentita, conoscere il fascino che essa porta con sé è determinante per la lotta spirituale.

Per questo, a partire dai padri del deserto (questi cardiognostici) fino ai grandi padri della spiritualità monastica è stata dedicata molta attenzione alle tentazioni inerenti alle diverse vocazioni dei cristiani. Tentazioni subite nella solitudine del deserto dall’eremita, tentazioni del cenobita che vive nella koinonía di fratelli e sorelle, tentazioni del pastore della chiesa che deve seguire il suo Signore stando nel mondo senza evasioni ma anche senza compromessi con chi ne è il principe. Fin dall’inizio del suo ministero petrino, Papa Francesco, che ebbe nel suo passato una lunga esperienza di “accompagnatore spirituale”, guida spirituale di molti credenti, ha in alcune occasioni osato una scavata lettura delle tentazioni degli ecclesiastici, in special modo degli uomini della curia romana.

In Preti umani, troppo umani. Sfide e contraddizioni del ministero ordinato, (Edizioni Dehoniane Bologna, del gruppo Il Portico) Domenico Marrone, presbitero e teologo attento alla vita presbiterale, ha esplorato le tentazioni del presbitero in un’ora nella quale più che mai si addensavano scandali e critiche su questa figura ecclesiale: da vero cardiognostico sa indicare le malattie, le cure e le medicine. Ma ciò che è straordinario in lui è che nell’avvertire dei pericoli in cui si può incorrere non ha mai un occhio da spione, né uno spirito che ama condannare; mostra invece la misericordia di chi legge l’infedeltà al Vangelo senza rigorismi, senza rigidismi, del tutto esente da una preoccupazione legalistico-morale. È in vista della libertà, dell’autenticità e dell’umanizzazione che Marrone descrive i vizi e rilegge le tentazioni del prete. Certamente egli ha ben presente le critiche di Gesù ai sacerdoti, agli uomini religiosi, agli esperti delle Scritture, ma sa anche fare attualizzazioni puntuali, mai moralizzanti e pedanti.

Io resto convinto che nella vita di un prete un esame di coscienza debba nutrirsi anche di pagine come queste di Domenico Marrone perché ognuno di noi nell’avanzare sulle strade del Regno deve poter ascoltare anche voci che lo convincono di peccato e gli mostrano la strada della conversione. Il Diritto canonico, con la sua sapienza, ha indicato in modo sintetico e prudente le virtù del presbitero e soprattutto ha sempre raccomandato una vita sobria alla gerarchia ecclesiastica, ma oggi si sente il bisogno di una maggiore radicalità evangelica in conformità anche al rinnovamento tentato dal concilio Vaticano II. Siamo però ancora molto lontani da quella semplicità evangelica rivestita da Gesù e dai Dodici: le nostre liturgie sono ancora troppo faraoniche, negli eventi ecclesiali il trionfalismo della gerarchia emerge con evidenza e il termine “porpora” evoca purtroppo chi la vestiva nella parabola del povero Lazzaro. Facilmente, poi, si trovano giustificazioni attribuendo alla gloria di Dio ciò di cui per il momento godono gli ecclesiastici.

Domenico Marrone, lo voglia o no, con questo libro è riuscito rivisitare san Bernardo e il suo scritto De consideratione indirizzato a papa Eugenio III che fu monaco, a rileggere padri come Giovanni Crisostomo, Agostino e Pier Damiani, e altri da lui citati in queste pagine di cui c’era veramente bisogno.

Ma voglio alla fine di questa breve introduzione mettere in risalto ciò che Domenico Marrone di fatto più teme, quando scrive: “Tutti i peccati dei preti sono perdonabili, ma l’ipocrisia no!”.
(fonte: blog dell'autore)


giovedì 26 giugno 2025

"Se vuole davvero la pace, signora presidente, prepari la scuola, non la guerra" - Lettera immaginaria di don Milani a Giorgia Meloni

"Se vuole davvero la pace, signora presidente, prepari la scuola, non la guerra"
Lettera immaginaria di don Milani a Giorgia Meloni


(Credit: Wikimedia Commons/Vox España/CC0 1.0 Universal)


Onorevole Giorgia Meloni, ho letto con tristezza, ma senza sorpresa, le Sue parole: “Si vis pacem, para bellum”.

Le ha dette con fermezza, come se ci fosse dentro una verità antica e saggia.

Ma vede, signora presidente, non c’è nulla di saggio in chi prepara la guerra sperando nella pace. È solo vecchia retorica di chi ha sempre mandato i figli degli altri a morire.

Lei parla di aumentare la spesa militare al 5% del PIL. Io, che ho fatto scuola ai figli dei contadini, so bene cosa vuol dire togliere pane, istruzione, sanità per comprare armi.

Ogni euro speso per i cannoni è tolto al grembiule del maestro, al libro del povero, alla cura del malato.

Quando noi preti, in tempo di guerra, benedicevamo i fucili, avevamo perso Cristo e non ce n’eravamo accorti.

Io non sono contro la patria. Ma amo la patria degli ultimi. Quella che non si difende con i carri armati, ma con la cultura, la giustizia e la pace vera.

Lei pensa che la forza faccia paura ai nemici. Io Le dico che fa più paura un popolo ignorante, armato e convinto di fare il bene. E che la vera sicurezza si ottiene con la verità, con la giustizia sociale, con l’amore per il prossimo.

Se vuole davvero la pace, signora presidente, prepari la scuola, non la guerra. Mandi i giovani a imparare le lingue, non a imbracciare il fucile.

Li accompagni a conoscere il mondo, non a bombardarlo.

Le scrivo da prete, da maestro, da uomo. E da cittadino che non ha mai voluto obbedire a un’ingiustizia, neanche quando portava l’uniforme dello stato.

L’obbedienza non è più una virtù. La pace non si costruisce con le armi.

Con rispetto e con fermezza,

don Lorenzo Milani, Barbiana, 25 giugno 2025
(fonte: Nigrizia, articolo di Fabio Tesser 25/06/2025)


Raniero La Valle Quale Dio dopo Gaza


Raniero La Valle 
Quale Dio dopo Gaza

Foto ritagliata di Jonathan Fernandes tratta da Pexels, immagine originale e licenza

Newsletter n. 22 da Prima Loro del 24 giugno 2025‌

Cari amici,

“Dio mio, Dio mio, perché ti abbiamo abbandonato?”. Questo rovesciamento del Salmo 22 sarebbe, come ci viene suggerito, la preghiera più appropriata a questo punto della storia umana: dovrebbe essere unanime, oltre ogni distinzione tra credenti e non credenti, perché dopo Francesco l’umanità non può che essere riconosciuta come una cosa sola, amata nella sua integrità, non condannata a essere divisa tra “benedizione” e “maledizione” secondo la sorte che ne ha preconizzato Netanyahu all’ONU.

Tanto più questa unità si impone, quando nel pieno del genocidio di Gaza, compare la bomba più grande del mondo, che non ha neanche bisogno di essere nucleare per soggiogare e mettere a repentaglio la terra; una bomba che eventualmente, bontà sua, può cancellare il Cremlino, la piazza della Pace celeste a Pechino o il “Berlaymont” di Bruxelles, mentre provoca l’ovvia ritorsione dell’Iran. Allusivamente si chiama B2 (Bibi) Spirit, ispirata al patto d’acciaio che unisce il Pio Torturatore (in preghiera al Muro del Pianto) e il grande Mentitore che assicura due settimane di attesa mentre i suoi bombardieri sono già in volo senza scalo. Non c’è pietà, mentre il diritto, più che trasgredito, è oltraggiato, e la volontà di morte, che papa Francesco nelle sue ultime parole del messaggio di Pasqua sperava si rovesciasse in una umanità risorta, dilaga nel mondo.

La società del Novecento è stata scossa dalla domanda “dov’era Dio?” quando Egli taceva durante l’olocausto, e su quale fosse “il concetto di Dio dopo Auschwitz”, nell’angoscia del grido: “mai più!”.

Oggi la domanda è: “Qual è il concetto di Dio dopo Gaza?”, dov’è, e perché il suo silenzio perfino dinanzi agli uccisi in ricerca del cibo? Questa volta la domanda è ancora più sgomenta, perché Dio starebbe di casa non tra le vittime, ma tra gli autori del crimine, che ne eseguirebbero il presunto mandato.

Allora la risposta ebraica fu quella richiamata da Elie Wiesel ne “La notte”: Dio era lì, appeso alla forca con il ragazzino impiccato dai nazisti nel campo di Auschwitz. Non era un Dio che abbandona.

La risposta cristiana era la stessa e fu approfondita da Giuseppe Dossetti nella Introduzione a Le querce di Monte Sole di Luciano Gherardi, sulla linea di Basilio di Cesarea e del libro di Jürgen Moltmann Il Dio crocefisso: il Dio che ad Auschwitz pendeva dalla forca era il Dio crocefisso, la divinità di Dio presente nel suo abbassamento alla misura della carne dell’uomo, fin dell’ultimo uomo.

Ma allora dov’è la salvezza da un Dio che spoglia se stesso? «Mistero della fede», dice la liturgia cattolica. Ma non senza di noi. La salvezza è che neanche noi lo abbandoniamo. Il Dio che non dobbiamo abbandonare non è l’onnipotente, onnisciente, perfettamente buono ed eterno, che inaugura «il monoteismo come problema politico» (dall’omonimo libro di Erik Peterson, ndr), ma è il Dio assetato, vilipeso, povero e crocefisso che sussiste anche nell’ultimo dei migranti e delle vittime. Se non lo abbandoniamo nella sua angoscia, se ne riconosciamo l’innocenza, se non smettiamo di parlare con lui, saremo con lui nel suo regno, comunque si voglia chiamare il paradiso. Se non abbandoniamo i martirizzati di Gaza, se salviamo i deportati di Trump, se preserviamo i candidati a essere uccisi di tutte le guerre, se mettiamo per primi i poveri, se lo Stato sociale sceglie “prima loro”, come in Italia sta scritto anche in Costituzione, ci salviamo anche noi, si salvano tutti.

Nel sito pubblichiamo il rapporto della Commissaria per la politica estera dell’Unione Europea sulla violazione dei diritti umani e dei principi democratici da parte di Israele e il discorso di Tomaso Montanari nella marcia a Monte Sole.

Con i più cordiali saluti,
Raniero La Valle
(da “Prima Loro”)


mercoledì 25 giugno 2025

Tonio Dell'Olio Si vis pacem

Tonio Dell'Olio
 
Si vis pacem



PUBBLICATO IN MOSAICO DEI GIORNI  IL 25 GIUGNO 2025

L’affermazione della premier Meloni nella sua comunicazione al Senato doveva avere il potere di mettere a tacere tutti.

Si rifaceva alla sapienza degli antichi romani, mostrava un’efficacia evidente secondo il buon senso e rispondeva a un’emergenza assoluta come il desiderio di pace. Ha detto: “La penso come i romani – dice Meloni citando la famosa locuzione latina si vis pacem para bellum –. Quando ti doti di una difesa non lo fai per attaccare, la pace è deterrenza, se si hanno dei sistemi di sicurezza e difesa solidi si possono più facilmente evitare dei conflitti”. 

Quella dottrina, però mostra solo un “piccolissimo” difetto: è stata seguita negli ultimi duemila anni e non mi pare che sia mai (dico mai) riuscita a evitare un conflitto armato. Personalmente credo che, al contrario, armarsi abbia piuttosto favorito il ricorso all’uso della forza. 

Le affermazioni della presidente del consiglio sono pertanto false e ingannevoli di fronte alla prova della storia ma rischiano persino di diventare gravemente offensive davanti alle vittime e alle loro famiglie, alla sofferenza di tanti e alla distruzione cui assistiamo su larga scala. 

Giusto per citare gli ultimi avvenimenti, l’Iran, credendo nella medesima affermazione della Meloni, voleva esattamente la pace armandosi – come altre nazioni – con testate nucleari. Israele ha sempre creduto fermamente nel detto degli antichi romani ma non è riuscito a fermare il terrorismo del 7 ottobre e potremmo continuare all’infinito.