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giovedì 19 dicembre 2019

DIGIUNO BIS, IN SOLIDARIETÀ CON I MIGRANTI di Alex Zanotelli

DIGIUNO BIS, IN SOLIDARIETÀ CON I MIGRANTI
di Alex Zanotelli


Sull’immigrazione, il governo giallo-rosso non sta dando segnali di discontinuità rispetto al governo giallo-verde. Ritengo perciò necessario riprendere il “Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti” una volta al mese davanti al parlamento (come abbiamo fatto dal luglio 2018 fino alla caduta del governo giallo verde lo scorso agosto), per spingere il governo ad abolire i decreti sicurezza e non sottoscrivere intese con la Libia. Prima però è bene che sul digiuno ognuno dica la sua. Dobbiamo decidere insieme se ripartire e farlo con nuova energia e anche con nuove adesioni, mi auguro anche missionarie. Quindi esprimiamoci: digiunodigiustizia@hotmail.com

Si ricorderà che per un anno intero, abbiamo digiunato ogni primo mercoledì del mese davanti al parlamento, contro i decreti sicurezza Salvini e contro la sua politica dei porti chiusi. A lanciare il digiuno, con dieci giorni di seguito davanti a Montecitorio, erano stati il vescovo emerito di Caserta, Raffaele Nogaro, padre Giorgio Ghezzi (sacramentino), don Alessandro Santoro delle Piagge (Firenze), i frati del Sacro Convento (Assisi), suor Rita Giaretta (casa Ruth-Caserta) ed io. Si sono poi uniti, nel silenzio, tante comunità religiose e singole persone.

Varato il governo giallo-rosso, abbiamo pensato di sospendere il digiuno per vedere se le politiche migratorie cambiavano direzione. Ad oggi, i segnali sono a dire poco ambigui. La ministra degli interni Luciana Lamorgese è stata disponibile a un incontro con le ong salva-vite, ma finora le navi con i migranti a bordo (è il caso di Ocean Viking e Allan Kurdi) hanno dovuto aspettare oltre una settimana prima che fosse loro assegnato un porto. Il 4 ottobre è stato firmato un decreto interministeriale – voluto dal ministro Di Maio senza neanche avvisare i suoi alleati di governo – per espellere in fretta migranti a cui è stato negato il permesso di soggiorno, promettendo che i tempi per farlo si ridurranno da due anni a quattro mesi. Salvini aveva promesso lo stesso, senza risultati.

Decreti sicurezza: il Pd, a parole, vuole abrogarli, mentre i Cinque Stelle sono spaccati. Eppure è una legge incostituzionale e immorale, perché sancisce che salvare vite umane in mare è reato e perché crea problemi enormi ai migranti che hanno un permesso di soggiorno umanitario in scadenza e che non possono far valere, per il rinnovo, il fatto che lavorano… Ambigua è la posizione del governo anche sul memorandum Italia-Libia stipulato nel 2017 da Minniti e Gentiloni (Pd), un accordo che ha prodotto disastri umani in Libia e nel Mediterraneo, e che l’Onu ha definito «disumano». Eppure il governo, il 2 novembre, lo ha tacitamente rinnovato. Così si continua ad affidare alla guardia costiera libica il lavoro sporco di riportare in Libia i migranti che tentano la traversata e di rinchiuderli nei lager libici dove sono torturati e le donne stuprate. Orfini, del Pd, ha lucidamente osservato: «Stiamo facendo fare alla guardia libica i respingimenti che il diritto internazionale ci vieta. Chi ha firmato quegli accordi si dovrebbe vergognare di non averli mai portati in parlamento e di volerli rinnovare».

Riprendiamo il digiuno il più presto possibile.
I medici scrivono al governo: "Modificare il decreto sicurezza, limita il diritto alla salute"
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La lettera della Fnomceo al presidente del Consiglio e ai ministri di Interno e Salute: "La progressiva applicazione del decreto sicurezza rischia di comportare difficoltà e ostacoli di natura amministrativo-burocratica rispetto ai necessari interventi di natura clinico-assistenziale"

È trascorso poco più di un anno dalla pubblicazione del “Decreto Sicurezza” e del Nuovo Schema di Capitolato, scelte politiche che hanno monopolizzato il dibattito pubblico sulle migrazioni, legandole sempre più a questioni di sicurezza, decoro e merito. Questo articolo si concentra sul lavoro nell’accoglienza rivolta alle persone richiedenti asilo e rifugiate evidenziando, attraverso la voce delle operatrici e degli operatori, il cambiamento radicale del suo significato.