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lunedì 1 aprile 2019

Papa Francesco in Marocco - Seconda parte (cronaca, foto, testi e video)


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN MAROCCO
30-31 MARZO 2019


Sabato, 30 marzo 2019

RABAT
16:00 Visita al Mausoleo Mohammed V
16:25 Visita di cortesia al Re Mohammed VI nel Palazzo Reale
Appello di Sua Maestà il Re Mohammed VI e di Sua Santità Papa Francesco su Gerusalemme / Al Qods Città Santa e luogo di incontro
17:10 Visita all'Istituto Mohammed VI degli Imam, Predicatori e Predicatrici
18:10 Incontro con i migranti nella sede della Caritas diocesana di Rabat

Dopo il suo primo discorso, sulla spianata dell Tour Hassan, il Papa si è recato insieme al re Mohammed VI al Mausoleo di Mohammed V, per una visita privata alle tombe di Mohammed V e di Hassan II, offrendo un omaggio floreale.
Prima di lasciare il Mausoleo, il Papa ha firmato il Libro d’Oro. Quindi il conservatore del Mausoleo ha donato al Santo Padre un trofeo e un libro sulla storia del monumento sepolcrale. Al termine della visita, il trasferimento in auto al Palazzo Reale per la visita di cortesia al re Mohammed VI, con la presentazione della famiglia, lo scambio di doni e l’incontro privato.



Un appello congiunto per Gerusalemme, “riconoscendo l’unicità e la sacralità di Gerusalemme/Al Qods Acharif e avendo a cuore il suo significato spirituale e la sua peculiare vocazione di Città della Pace”. A lanciarlo, a sorpresa e fuori del programma ufficiale, sono stati Papa Francesco e il re Mohammed VI, durante la visita di cortesia al Palazzo Reale. 




APPELLO
DI SUA MAESTÀ IL RE MOHAMMED VI
E DI SUA SANTITÀ PAPA FRANCESCO
SU GERUSALEMME / AL QODS CITTÀ SANTA E LUOGO DI INCONTRO

In occasione della visita al Regno del Marocco, Sua Santità Papa Francesco e Sua Maestà il Re Mohammed VI, riconoscendo l’unicità e la sacralità di Gerusalemme / Al Qods Acharif e avendo a cuore il suo significato spirituale e la sua peculiare vocazione di Città della Pace, condividono il seguente appello:

«Noi riteniamo importante preservare la Città santa di Gerusalemme / Al Qods Acharif come patrimonio comune dell’umanità e soprattutto per i fedeli delle tre religioni monoteiste, come luogo di incontro e simbolo di coesistenza pacifica, in cui si coltivano il rispetto reciproco e il dialogo.

A tale scopo devono essere conservati e promossi il carattere specifico multi-religioso, la dimensione spirituale e la peculiare identità culturale di Gerusalemme / Al Qods Acharif.

Auspichiamo, di conseguenza, che nella Città santa siano garantiti la piena libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni monoteiste e il diritto di ciascuna di esercitarvi il proprio culto, così che a Gerusalemme / Al Qods Acharif si elevi, da parte dei loro fedeli, la preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità sulla terra».

Rabat, 30 marzo 2019

S.M. il Re Mohammed VI                       Amir al Mouminine S.S. Papa Francesco
Guarda il video

Il Papa è arrivato all’Istituto Mohammed VI degli Imam, predicatori e predicatrici. E’ la prima volta che un Pontefice entra in un centro di formazione musulmano. Francesco è stato accolto dal re Mohammed VI, dal Ministro degli Affari religiosi, dal direttore dell’Istituto e dal presidente del Consiglio degli Ulema all’ingresso posteriore del “blocco B” e insieme, ricevendo gli onori della Grand Royale, hanno raggiunto direttamente l’auditorium, prendendo posto su due poltrone di velluto rosso, l’uno accanto all’altro. La visita prevede la proiezione di un video, il saluto del Ministro degli Affari religiosi e la testimonianza di uno studente europeo e di uno studente africano. Dopo l’esecuzione di brani musicali della tradizione ebraica, cristiana e musulmana, il Re Mohammed VI accompagna Papa Francesco all’auto e si congeda da lui. Quindi il Santo Padre si trasferisce in auto alla sede della Caritas di Rabat, per l’incontro con i migranti, ultimo appuntamento della prima delle due giornate in Marocco.




Guarda il video dell'esecuzione dell'Ave Maria

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INCONTRO CON I MIGRANTI
Sede della Caritas diocesana di Rabat
Sabato, 30 marzo 2019





“Le presentiamo le difficoltà e le tristezze, le gioie e le speranze dei migranti, al centro dell’attenzione e della preoccupazione della Chiesa, madre di tutti”. È il saluto al Papa dell’arcivescovo di Tangeri, mons. Santiago Agrelo Martínez, durante l’incontro con i migranti ospitati nella sede della Caritas di Rabat, ultimo appuntamento pubblico della prima giornata di Francesco in Mesisico. “Il migrante povero non rivendica diritti, però li possiede”, ha fatto notare il vescovo: “Non reclama giustizia, però gli è dovuta. È come se la sua povertà gli impedisse di vivere pienamente. È come se pretendesse soltanto che ci accorgiamo che esiste, che sta qui, che ha bisogno della nostra vicinanza, del calore del nostro sguardo”. “Qui con noi ci sono alcuni di loro, che hanno raggiunto finalmente l’agognata condizione di legalità”, ha proseguito l’arcivescovo di Tangeri: “Però nel cuore guardiamo anche agli altri, quelli che non avendo documenti non hanno niente, a quelli che vengono chiamati illegali o irregolari, a quelli che essendo illegali o irregolari non hanno neanche la consolazione di essere qui oggi”. “Tutti vogliamo trovare nelle sue parole la certezza della speranza per andare avanti con decisione nella vita”, ha concluso il vescovo rivolgendosi al Papa: “Grazie perché ci vuole bene”.

SALUTO DEL SANTO PADRE

Cari amici,

sono lieto di avere questa possibilità di incontrarvi durante la mia visita al Regno del Marocco. Si tratta per me di una rinnovata occasione per esprimere la mia vicinanza a tutti voi, e con voi affrontare una ferita grande e grave che continua a lacerare gli inizi di questo XXI secolo. Ferita che grida al cielo. E pertanto non vogliamo che l’indifferenza e il silenzio siano la nostra parola (cfr Es 3,7). Ancor più quando si riscontra che sono molti milioni i rifugiati e gli altri migranti forzati che chiedono la protezione internazionale, senza contare le vittime della tratta e delle nuove forme di schiavitù in mano ad organizzazioni criminali. Nessuno può essere indifferente davanti a questo dolore.

Ringrazio Mons. Santiago per le sue parole di accoglienza e per l’impegno della Chiesa al servizio dei migranti. Grazie anche a Jackson per la sua testimonianza; grazie a tutti voi, migranti e membri delle associazioni che sono al loro servizio, venuti qui oggi pomeriggio per trovarci insieme, per rafforzare i legami tra noi e continuare a impegnarci per garantire condizioni di vita degna per tutti. E grazie ai bambini! Questi sono la speranza. Per questi dobbiamo lottare, per questi. Loro hanno diritto, diritto alla vita, diritto alla dignità. Lottiamo per loro.Tutti siamo chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee, con generosità, prontezza, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018).

Qualche mese fa si è svolta, qui in Marocco, la Conferenza Intergovernativa di Marrakech che ha ratificato l’adozione del Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare. «Il Patto sulle migrazioni costituisce un importante passo avanti per la comunità internazionale che, nell’ambito delle Nazioni Unite, affronta per la prima volta a livello multilaterale il tema in un documento di rilievo» (Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 7 gennaio 2019).

Questo Patto permette di riconoscere e di prendere coscienza che «non si tratta solo di migranti» (cfr Tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019), come se le loro vite fossero una realtà estranea o marginale, che non abbia nulla a che fare col resto della società. Come se la loro qualità di persone con diritti restasse “sospesa” a causa della loro situazione attuale; «effettivamente un migrante non è più umano o meno umano in funzione della sua ubicazione da una parte o dall’altra di una frontiera».

Ciò che è in gioco è il volto che vogliamo darci come società e il valore di ogni vita. Si sono fatti molti e positivi passi avanti in diversi ambiti, specialmente nelle società sviluppate, ma non possiamo dimenticare che il progresso dei nostri popoli non si può misurare solo dallo sviluppo tecnologico o economico. Esso dipende soprattutto dalla capacità di lasciarsi smuovere e commuovere da chi bussa alla porta e col suo sguardo scredita ed esautora tutti i falsi idoli che ipotecano e schiavizzano la vita; idoli che promettono una felicità illusoria ed effimera, costruita al margine della realtà e della sofferenza degli altri. Come diventa deserta e inospitale una città quando perde la capacità della compassione! Una società senza cuore… una madre sterile. Voi non siete emarginati, siete al centro del cuore della Chiesa.

Ho voluto offrire quattro verbi – accogliere, proteggere, promuovere e integrare – affinché coloro che vogliono aiutare a rendere più concreta e reale questa alleanza possano con saggezza coinvolgersi piuttosto che tacere, soccorrere piuttosto che isolare, edificare piuttosto che abbandonare.

Cari amici, vorrei ribadire qui l’importanza che rivestono questi quattro verbi. Essi formano come un quadro di riferimento per tutti. Infatti, in questo impegno siamo tutti coinvolti – in modi diversi, ma tutti coinvolti – e tutti siamo necessari per garantire una vita più degna, sicura e solidale. Mi piace pensare che il primo volontario, assistente, soccorritore, amico di un migrante è un altro migrante che conosce in prima persona la sofferenza del cammino. Non si possono pensare strategie di grande portata, capaci di dare dignità, limitandosi ad azioni assistenzialistiche verso il migrante. Cosa imprescindibile, ma insufficiente. È necessario che voi migranti vi sentiate i primi protagonisti e gestori in tutto questo processo.

Questi quattro verbi possono aiutare a realizzare alleanze capaci di riscattare spazi in cui accogliere, proteggere, promuovere e integrare. In definitiva, spazi in cui dare dignità.

«Considerando lo scenario attuale, accogliere significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione» (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2018). L’ampliamento dei canali migratori regolari è di fatto uno degli obiettivi principali del Patto mondiale. Questo impegno comune è necessario per non accordare nuovi spazi ai “mercanti di carne umana” che speculano sui sogni e sui bisogni dei migranti. Finché questo impegno non sarà pienamente realizzato, si dovrà affrontare la pressante realtà dei flussi irregolari con giustizia, solidarietà e misericordia. Le forme di espulsione collettiva, che non permettono una corretta gestione dei casi particolari, non devono essere accettate. D’altra parte, i percorsi di regolarizzazione straordinari, soprattutto nei casi di famiglie e di minori, devono essere incoraggiati e semplificati.

Proteggere vuol dire assicurare la difesa «dei diritti e della dignità dei migranti e dei rifugiati, indipendentemente dal loro status migratorio» (ibid.). Guardando la realtà di questa regione, la protezione va assicurata anzitutto lungo le vie migratorie, che sono spesso, purtroppo, teatri di violenza, sfruttamento e abusi di ogni genere. Qui sembra anche necessario rivolgere una particolare attenzione ai migranti in situazione di grande vulnerabilità, ai numerosi minori non accompagnati e alle donne. È essenziale poter garantire a tutti un’assistenza medica, psicologica e sociale adeguata per ridare dignità a chi l’ha perduta lungo il cammino, come fanno con dedizione gli operatori di questa struttura. E tra voi, ce ne sono alcuni che possono testimoniare quanto sono importanti questi servizi di protezione, per dare speranza, per il tempo in cui sono ospitati nei Paesi che li hanno accolti.

Promuovere significa assicurare a tutti, migranti e locali, la possibilità di trovare un ambiente sicuro dove realizzarsi integralmente. Tale promozione comincia col riconoscimento che nessuno è uno scarto umano, ma è portatore di una ricchezza personale, culturale e professionale che può recare molto valore là dove si trova. Le società di accoglienza ne saranno arricchite se sanno valorizzare al meglio il contributo dei migranti, prevenendo ogni tipo di discriminazione e ogni sentimento xenofobo. L’apprendimento della lingua locale, come veicolo essenziale di comunicazione interculturale, sarà vivamente incoraggiato, così come ogni forma positiva di responsabilizzazione dei migranti verso la società che li accoglie, imparando a rispettarne le persone e i legami sociali, le leggi e la cultura, per offrire così un contributo rafforzato allo sviluppo umano integrale di tutti.

Ma non dimentichiamo che la promozione umana dei migranti e delle loro famiglie inizia anche dalle comunità di origine, là dove dev’essere garantito, insieme al diritto di emigrare, anche quello di non essere costretti a emigrare, cioè il diritto di trovare in patria condizioni che permettano una vita degna. Apprezzo e incoraggio gli sforzi dei programmi di cooperazione internazionale e di sviluppo transnazionale svincolati da interessi di parte, in cui i migranti sono coinvolti come i principali protagonisti (cfr Discorso ai partecipanti al foro internazionale su “migrazione e pace”, 21 febbraio 2017).

Integrare vuol dire impegnarsi in un processo che valorizzi al tempo stesso il patrimonio culturale della comunità che accoglie e quello dei migranti, costruendo così una società interculturale e aperta. Sappiamo che non è per nulla facile entrare in una cultura che ci è estranea – tanto per chi arriva, quanto per chi accoglie –, metterci nei panni di persone tanto diverse da noi, comprendere i loro pensieri e le loro esperienze. Così, spesso, rinunciamo all’incontro con l’altro e innalziamo barriere per difenderci (cfr Omelia nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 14 gennaio 2018). Integrare richiede dunque di non lasciarsi condizionare dalle paure e dall’ignoranza.

Qui c’è un cammino da fare insieme, come veri compagni di viaggio, un viaggio che impegna tutti, migranti e locali, nell’edificazione di città accoglienti, plurali e attente ai processi interculturali, città capaci di valorizzare la ricchezza delle differenze nell’incontro con l’altro. E anche in questo caso molti di voi possono testimoniare personalmente quanto un simile impegno sia essenziale.

Cari amici migranti, la Chiesa riconosce le sofferenze che segnano il vostro cammino e ne soffre con voi. Raggiungendovi nelle vostre situazioni così diverse, essa tiene a ricordare che Dio vuole fare di tutti noi dei viventi. Essa desidera stare al vostro fianco per costruire con voi ciò che è il meglio per la vostra vita. Perché ogni uomo ha diritto alla vita, ogni uomo ha il diritto di avere dei sogni e di poter trovare il suo giusto posto nella nostra “casa comune”! Ogni persona ha diritto al futuro.

Vorrei esprimere ancora la mia gratitudine a tutte le persone che si sono poste al servizio dei migranti e dei rifugiati nel mondo intero, e oggi particolarmente a voi, operatori della Caritas, che avete l’onore di manifestare l’amore misericordioso di Dio a tanti nostri fratelli e sorelle a nome di tutta la Chiesa, come pure a tutte le associazioni partner. Voi sapete bene e sperimentate che per il cristiano “non si tratta solo di migranti”, ma è Cristo stesso che bussa alle nostre porte.

Il Signore, che durante la sua esistenza terrena visse nella propria carne la sofferenza dell’esilio, benedica ciascuno di voi, vi dia la forza necessaria per non scoraggiarvi e per essere gli uni per gli altri “porto sicuro” di accoglienza.

Grazie!


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