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lunedì 8 aprile 2019

Ecumenismo secondo le donne di Giancarla Codrignani - Religioni, violenza, donne: nasce un osservatorio interreligioso di Paola Cavallari


Ecumenismo secondo le donne
di Giancarla Codrignani

"L'appello ecumenico" di dieci Chiese cristiane contro la violenza sulle donne e l'Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne

L'otto marzo del 2015 dieci Chiese cristiane pubblicarono un "appello ecumenico" Contro la violenza sulle donne. La suggestione rimase, creativa, nel cassetto di Paola Cavallari - responsabile del Segretariato Attività Ecumeniche di Bologna - fino al marzo 2019, quando, dopo una lunga gestazione, ha potuto annunciare l'istituzione di un Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne, nella sede della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII.
Le motivazioni di fondo iscritte nel Protocollo d'Intesa costitutivo sono assolutamente originali: "agire per un contrasto alla violenza di genere a partire dalle iniquità che le Chiese/comunità religiose hanno esercitato (esercitano) in forme differenti. In queste pieghe (anche se non solo in queste) si annidano - come hanno sottolineato molte teologhe, teologi, esperti ed esperte alle tavole rotonde - i germi delle strutture di violenza". Contestualmente ha edito un libro collettaneo - Non solo reato, anche peccato. Religioni e violenza contro le donne - in cui sono stati raccolti studi di merito sulle tematiche che hanno unito donne di diverse appartenenze religiose. E' stato, dunque, molto bello assistere alla firma del documento: ventidue donne che firmavano a rappresentare le religioni ebraica, musulmana, induista, buddista; e, tra le cristiane, l'ortodossia di declinazione rumena e le diverse confessioni evangeliche (luterana, metodista, valdese, battista, anglicana,avventista e pentecostale) e, ovviamente, le cattoliche.
Sono donne che hanno accettato la sfida della riconciliazione? 
Questo è l'intento. Missione difficile, visto che la caratterizzazione teologica delle religioni e delle confessioni resta tenacemente legata alla tradizione contro il bisogno di superare divisioni che la storia ha reso incomprensibili (rispetto all'anglicanesimo, dobbiamo portare per sempre le conseguenze teologiche del divorzio di Enrico VIII?) e dannose per il futuro di tutte le religioni. 
Forse, secondo il principio femminista, il riconoscimento della diversità non deve impedire l'uguaglianza. Prima, dunque, delle differenze dottrinali e delle tradizioni rituali diverse, dovrebbe apparire necessario il rispetto al principio comune della pace, aspirazione e fondamento di tutte le religioni, che è anche contraddizione suprema di fronte alle tante scelte di guerra fatte perfino in nome di dio. Anche la guerra che oppone un genere all'altro con forme di violenza che arrivano al femminicidio. 
Le donne ci provano. Sarà difficile; ma, qualunque ne sia l'efficacia, è importante disporre di questo Osservatorio. Il rodaggio si è aperto subito e riguarda tutte, a partire tuttavia dalle cattoliche che, a causa delle dimissioni dell'intera redazione, si sono trovate private del supplemento Donne, Chiesa, Mondo dell'Osservatore romano: forse, ultimo disturbo era stata la denuncia dell'ultimo articolo, sulla violenza dei preti che abusano delle suore. Denuncia non nuova, se dal 1994 era noto che le superiore di Ordini femminili in Africa avevano inviato alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica dossier che denunciavano come la paura dell'aids avesse indotto dei preti a entrare nei loro conventi e ne fossero derivate tragici effetti. 
Le suore - che sono donne come tutte noi - consapevoli che i loro problemi non fanno notizia, in occasione degli Stati Generali degli episcopati sulla pedofilia, hanno approfittato della condanna di abusi che nulla hanno a che vedere con la violenza di genere, e, ottenuta dal Papa una tribuna, avevano espresso le loro accuse. La solita omertà "di genere" della stampa aveva consentito la prassi della sedazione a ricoprire d'ombra l'intervento. 
L'Osservatorio sulle violenze contro le donne si inaugura registrando una violenza cattolica a danno della libertà femminile: le donne di religioni e confessioni diverse si sono impegnate ad essere ecumeniche mantenendo le loro differenze di fede; ma sono tenacemente coerenti con il loro essere donne: se la dignità di genere è uguale, il danno di una è il danno di tutte. Forse riusciranno a fare davvero ecumenismo.
(fonte: NOIDONNE  02/04/2019)


RELIGIONI, VIOLENZA, DONNE:
NASCE UN OSSERVATORIO INTERRELIGIOSO
di Paola Cavallari*

La questione riguarda la sfida nelle Chiese – e nella società tutta – affinché cessi un’ingiustizia inaccettabile, ancor più odiosa, indegna e ingiustificabile quando ha come attori/attrici i battezzati e le battezzate.

Uscire dal ruolo ancillare Donna perché piangi? (Gv 20,15) è il titolo di un mio editoriale pubblicato in questo sito, con il quale lanciavo un appello (già pubblicato sulla rivista Esodo) affinché le donne cristiane cattoliche uscissero dallo stato di minorità ecclesiologica, dal ruolo “naturalmente” ancillare in cui erano confinate, dal loro servidumbre – come ebbe a dire papa Francesco – e affermassero che la loro partecipazione ecclesiale doveva attuarsi nei termini di un servizio pieno, tanto quanto quello degli uomini.

Se la koinonia a cui la Chiesa si rifà è quella dell’Evangelo, essa deve ricordare che nel messaggio di Gesù (letto nella sua evoluzione storica e quindi nell’apertura al nuovo, come è stato argomentato nel Concilio Vaticano II) non c’è traccia dell’esilio simbolico che le donne subiscono, non c’è traccia dell’interdizione ad un camminare escatologico uno di fronte all’altro (Gen2,18b), nell’orizzonte della sinodalità.

La “differenza” delle donne – il cosiddetto genio femminile, per esempio – non può essere frutto del “pensiero” del magistero, di una realtà quindi che è cifra dell’esperienza esclusiva di uomini e del loro desiderio/dominio esercitato sulle donne, le quali poi pervasivamente introiettano tali immagini.

Un sessismo subliminale
Nella tradizione del clero si annida un patrimonio in cui spiccano frasi come: «Dalla donna ha avuto inizio il peccato, per causa sua tutti moriamo» (Siracide 25, 24), o «L’uomo è nato dalla donna! Non c’è nulla di più abietto» (san Bernardo, Sermo in Feria IV° Hebdamodae Sanctae, 6, V, 60 (ma gli esempi sarebbero molteplici). Di un tale florilegio la Chiesa non ha fatto ammenda. Difficile negare che tali parole non siano segno della mentalità sessista che ha pervaso l’universo clericale, di cui tuttora c’è scarsissima consapevolezza.

Delphine Horvilleur, rabbina di Parigi, in una recente intervista afferma: «Il femminile resta il nome di una sovversione che si tiene a distanza. La voce delle donne, il loro corpo e la loro erudizione rappresentano ancora una minaccia. È il nodo gordiano del pensiero religioso: finché non farà spazio al femminile, avrà un problema con l’alterità». (Si può restare in piedi solo se si è consapevoli dei propri punti deboli, in www.la-croix.com dell’8 febbraio 2019).

Terminavo il mio articolo con le parole di auspicio: “Spero si esca dal silenzio”. Ma un silenzio cieco, quasi generale, sembrava esserne l’esito.

Un seme invisibile
La firma dell'Appello ecumenico 
contro la violenza sulle donne nel 2015
Non sapevo allora che in altre stanze si stava elaborando qualcosa di molto rilevante, il cui contenuto era imparentato – seppur nella diversità – con le mie parole. Si trattava di qualcosa di unico nel suo genere: un documento ecumenico titolato Contro la violenza sulle donne: un appello alle chiese cristiane in Italia e firmato a Roma il 9 marzo 2015 dai rappresentanti di dieci Chiese cristiane. Atto assai significativo promosso dalle Chiese evangeliche.

Di quell’evento e della sua rilevanza, come spesso succede, per lo più non se ne conobbe nemmeno l’esistenza. Le ragioni di ciò sono tante e qui non le analizzerò. Il seme però c’era, era stato gettato, per quanto invisibile. E andava coltivato. Con l’appoggio del presidente del SAE Piero Stefani, mi feci promotrice dentro il SAE bolognese – con la collaborazione del FSCIRE (Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII) – di inaugurare le Tavole rotonde interreligiose su religioni e violenze sulle donne, affinché a quella scintilla ecumenica si desse eco e valore. Gli appuntamenti volevano inoltre coinvolgere donne e uomini di altre comunità religiose, e anche persone del mondo laico, perché la questione della violenza di genere – domestica e/o contro le donne in generale – è un vulnus, un torto, un’offesa di tale gravità che deve trovare l’attenzione di una rete di persone di ogni appartenenza/ associazione che si voglia impegnare in quest’impresa.

Il piccolo seme germoglia… 
In queste occasioni, nacque la proposta di un Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne: si avvertiva infatti la necessità di monitorare le ricadute dell’Appello e di diffonderlo; e però anche di irrobustirlo del sapere della teologia femminista e di ancoralo ad un organismo che fungesse da presidio dell’Appello stesso, che donne battezzate si autorizzavano ad esercitare.

Nello stesso tempo si profilava l’esigenza di non confinare il tema nel perimetro delle Chiese cristiane, ma di estenderlo ad altre comunità religiose: tutte infatti pativano del “peccato d’origine”: una considerazione denigrante e mortificante della donna, filtrata in funzione dall’uomo.

Ora, nel 2019, l’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne è giunto ad un punto di svolta. Lunga è stata la fase di gestazione, ma ora l’organismo è pronto per presentarsi pubblicamente con i suoi caratteri originali, che si possono condensare in questa sintesi: agire per un contrasto alla violenza di genere a partire dalle iniquità che le chiese/comunità religiose hanno esercitato (che esercitano), in forme differenti a seconda dei momenti e dei contesti. In queste pieghe (anche se non solo in queste) si annidano – come hanno sottolineato molte teologhe, teologi, esperti ed esperte agli appuntamenti delle tavole rotonde – i germi delle strutture di violenza.

Il gruppo costituente si è dato un Protocollo d’Intesa, dove sono esplicitate le motivazioni di fondo, le ragioni del suo essere, gli intendimenti comuni e le linee progettuali.

…e produce un frutto
Il 14 marzo, nei locali della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, sono state apposte le firme al documento dalle 22 donne facenti parte del Gruppo Costituente (tra cui la sottoscritta); esse sono di religione ebraica, cristiana, musulmana, induista e buddista. La religione cristiana è rappresentata dalle componenti: evangelica (luterana, metodista, valdese, battista, avventista, pentecostale), cattolica (con esponenti di Gruppi donne Comunità cristiane di base), e ortodossa (declinazione romena).

Nella stessa circostanza, si è tenuta una conferenza stampa e la presentazione del libro Non solo reato, anche peccato, religioni e violenza contro le donne (a cura di P. Cavallari) edito da Effatà. Un libro collettaneo il cui sviluppo restituisce lo spirito e la vocazione delle stesse Tavole rotonde di cui sopra.

Differenze riconciliate che danzano con differenze valorizzate. Un’ infinità di fili ci costituiscono: con l’aiuto del Signore potremo farne un tessuto? Rimarrà uno scampolo? Sarebbe motivo di giubilo comunque averne prefigurato l’affresco. O forse sarà un granello di senapa?

*Paola Cavallari Responsabile dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne
(fonte testo: Viandanti)