Lettera all’asino della Domenica delle Palme
di don Renato Sacco
Carissimo asino, ma sei ancora tu? Sei quello della stalla di Betlemme e della fuga in Egitto? Ti ho visto domenica portare Gesù accolto con grande festa a Gerusalemme! Sì, lo so che i vangeli dicono che quella era un puledro su cui nessuno era mai salito; non vorrei irritare qualche tribunale ultra rigoroso su Facebook, ma a me piace pensare invece che sei ancora tu, lo stesso asino che, ormai vecchio, dopo aver accompagnato Gesù bambino in Egitto, ora lo accompagni a Gerusalemme. Gli vuoi davvero bene.
Il tuo sguardo è un po’ spento, pensieroso. Mi sembra di intuire che mentre la folla grida ‘Osanna, Osanna’ tu cerchi di sussurrare a Gesù “stai attento, che questi oggi ti osannano, ma tra qualche giorno grideranno crocifiggilo”, “La folla si lascia manipolare dai potenti”.Tu cerchi di dirglielo, ma Lui sembra non sentire. Anche se, credo, sappia bene cosa lo aspetta. Ha altri progetti, ‘cose’ che né tu né io comprendiamo. Tu hai fatto la tua parte. Gli hai anche sussurrato di stare attento... più di così!
Ma dimmi: una volta che Gesù è sceso dal tuo dorso, tu dove sei andato? Mi sembra di vederti sconsolato, allontanarti da Gerusalemme con passo stanco, in mezzo agli ulivi. Forse non vuoi sentire e vedere cosa succederà da lì a poco. Non vuoi vedere il gioco dei potenti: Pilato, Erode, Anna, Caifa… Non vuoi sentire le urla della folla che grida ‘Crocifiggilo’. Non vuoi sentire il rumore dei cavalli dei soldati che, sotto la croce, si giocano ai dadi la tunica. Non vuoi sentire le grida delle donne di Gerusalemme, o il gallo che canta, o chi rinnegherà il tuo amico. O forse ti spaventa il silenzio dei tanti che per paura, codardia, o quieto vivere restano indifferenti alla via crucis di un uomo condannato a morte. Mi sembra di vedere che ti sei fermato, vorresti quasi tornare indietro…‘se lo mandano a morire in croce almeno lo aiuto a portarla’.
Guarda caro asino, non ti nascondo la tentazione che vorrei anch’io fare come te: andarmene lontano. Non sopporto più certe parole di odio e di morte. La violenza nelle parole che si trasforma in gesti. Il razzismo che diventa quasi accettato. La leggerezza e serenità nell’augurare la morte a chiunque. Anche oggi sarebbe il caso di fare i nomi di tanti potenti che giocano sulla pelle dei più poveri, dei poveri cristi. Ci costruiscono il loro potere, ci fanno la campagna elettorale. E vai con armi, pistole, bombe, aerei da guerra. Tutto in nome della sicurezza. Rischiamo di non saper più piangere davanti ad una tragedia dove le persone, in carne ed ossa, muoiono davvero.
E la Libia? diventa un problema soprattutto per la paura dei migranti, mica per altro. E lo Yemen? Non interessa. Ma ci muoiono in tanti. Non è importante… E il Sud Sudan? Il papa che bacia i piedi ai leaders politici perché costruiscano la pace! Un gesto profetico, storico! Ma quante critiche da parte di benpensanti anche cristiani.
Non ti nascondo la sofferenza nel sentire tanti ragionamenti, violenti e razzisti, anche da parte di alcuni che frequentano la chiesa. Partecipano alla Messa e poi, sul piazzale, ti sciorinano una serie di ragionamenti da brivido. Populismo, sovranismo, fascismo, di tutto un po’. Voglio sperare che siano una piccola minoranza. Ma l’aria che si respira è pesante, rancorosa, delusa e impaurita. Manipolabile.
Sì, vorrei fuggire. Come hai fatto tu. Per non sentire quell’ “Ecce Homo” che indicava nel tuo amico Gesù il volto sofferente di ogni uomo e di ogni donna. Oggi lo ripetiamo poco Ecce Homo! Rischiamo di dare più valore alle croci artistiche di legno, o di plastica, che non ai crocifissi in carne ed ossa. Pensa che i testi della Via Crucis del venerdì santo, presieduta da papa Francesco al Colosseo, li ha scritti Suor Eugenia Bonetti, che da anni si cura delle donne vittime della tratta. E pensa che un candidato alla Presidenza della Regione dove abito, vorrebbe aprire i bordelli!
Ho capito, andarmene non è giusto.
Caro asino, non ti vedo più, sei scomparso tra gli ulivi. Un po’ mi manchi. Perché col tuo occhio grande e un po’ triste mi davi comunque la forza nel cammino. Ma forse ti sei allontanato anche per non sentire le mie parole, i miei silenzi. Per non vedere anche le mie complicità o indifferenze.
Ora arrivano giorni particolari, li chiamiamo ‘santi’. Ci aprono a un mondo totalmente nuovo, impensabile. Sono importanti e difficili da capire. In questo mi sento anch’io asino, come te.
Ci vuole un cuore nuovo, di carne.
Non so se tu avrai modo di ascoltare anche le grida di stupore di Maria di Magdala al mattino di Pasqua, o il fiatone di Pietro e dell’altro discepolo che arrivano ansimanti al sepolcro, ormai vuoto. Chissà, forse sei ormai lontano. O invece sei ancora lì, nascosto dietro a qualche ulivo secolare. Un po’ ti invidio e comunque ti ringrazio. Sono sicuro, come ti avevo già scritto, che la tua storia, da Betlemme all’Egitto, fino a Gerusalemme, ha molto più peso di tante nostre preghiere, pietosamente devote.
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