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venerdì 26 aprile 2019

«Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono. Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. No. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia.» Papa Francesco Udienza Generale 24/04/2019 (foto, testo e video)


UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 24 aprile 2019



Piazza San Pietro strapiena di fedeli per la prima udienza generale dopo Pasqua. Ad attendere il Papa – che alle 9.10 circa aveva già fatto il suo ingresso – circa 27mila fedeli, secondo i dati forniti dalla Prefettura della Casa Pontificia. Prima di iniziare il giro tra i settori delimitati dal colonnato del Bernini, Francesco ha fatto salire a bordo quattro ragazzi – tre maschi e una femmina – di un’età un po’ più elevata rispetto ai piccoli ospiti che molto spesso hanno il privilegio di godersi insieme al Santo Padre il percorso tra la folla. Sono molti, infatti, oggi, i ragazzi in piazza: tra di loro, un gruppo di oltre 6mila preadolescenti di vicariati, decanati, comunità pastorali, parrocchie dell’arcidiocesi di Milano, a cui si aggiungono gli oltre mille cresimati della diocesi di Treviso, accompagnati dal loro vescovo, Gianfranco Agostino Gardin, e i circa 70 cresimandi del decanato di Lione. Durante il suo giro, il Papa ha fatto fare un’apposita sosta per andare incontro ad una giovane disabile, che “issata” fino alla jeep bianca scoperta dagli uomini della sicurezza vaticana lo ha abbracciato calorosamente, ricambiata. Ad ascoltare la catechesi di Papa Francesco c’è anche un gruppo di pellegrini provenienti da Hong Kong. Al termine del “bagno di folla”, il Papa si è congedato dai suoi ospiti, salutandoli uno per uno, e si è diretto verso la prima fila delle transenne, per salutare i fedeli che lo acclamavano a gran voce. Poi il consueto tragitto a piedi fino alla sua postazione al centro del sagrato, ancora ornato degli splendidi fiori variopinti, a dominanza gialla, che hanno fatto da sfondo alle celebrazioni di Pasqua.










 



Catechesi sul “Padre nostro”: 13. Come noi li rimettiamo ai nostri debitori

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi completiamo la catechesi sulla quinta domanda del “Padre nostro”, soffermandoci sull’espressione «come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Abbiamo visto che è proprio dell’uomo essere debitore davanti a Dio: da Lui abbiamo ricevuto tutto, in termini di natura e di grazia. La nostra vita non solo è stata voluta, ma è stata amata da Dio. Davvero non c’è spazio per la presunzione quando congiungiamo le mani per pregare. Non esistono nella Chiesa “self made man”, uomini che si sono fatti da soli. Siamo tutti debitori verso Dio e verso tante persone che ci hanno regalato condizioni di vita favorevoli. La nostra identità si costruisce a partire dal bene ricevuto. Il primo è la vita.

Chi prega impara a dire “grazie”. E noi ci dimentichiamo tante volte di dire “grazie”, siamo egoisti. Chi prega impara a dire “grazie” e chiede a Dio di essere benevolo con lui o con lei. Per quanto ci sforziamo, rimane sempre un debito incolmabile davanti a Dio, che mai potremo restituire: Egli ci ama infinitamente più di quanto noi lo amiamo. E poi, per quanto ci impegniamo a vivere secondo gli insegnamenti cristiani, nella nostra vita ci sarà sempre qualcosa di cui chiedere perdono: pensiamo ai giorni trascorsi pigramente, ai momenti in cui il rancore ha occupato il nostro cuore e così via. Sono queste esperienze, purtroppo non rare, che ci fanno implorare: “Signore, Padre, rimetti a noi i nostri debiti”. Chiediamo così perdono a Dio.

A pensarci bene, l’invocazione poteva anche limitarsi a questa prima parte; sarebbe stata bella. Invece Gesù la salda con una seconda espressione che fa tutt’uno con la prima. La relazione di benevolenza verticale da parte di Dio si rifrange ed è chiamata a tradursi in una relazione nuova che viviamo con i nostri fratelli: una relazione orizzontale. Il Dio buono ci invita ad essere tutti quanti buoni. Le due parti dell’invocazione si legano insieme con una congiunzione impietosa: chiediamo al Signore di rimettere i nostri debiti, i nostri peccati, “come” noi perdoniamo i nostri amici, la gente che vive con noi, i nostri vicini, la gente che ci ha fatto qualcosa di non bello.

Ogni cristiano sa che esiste per lui il perdono dei peccati, questo lo sappiamo tutti: Dio perdona tutto e perdona sempre. Quando Gesù racconta ai suoi discepoli il volto di Dio, lo tratteggia con espressioni di tenera misericordia. Dice che c’è più gioia nei cieli per un peccatore che si pente, piuttosto che per una folla di giusti che non hanno bisogno di conversione (cfr Lc 15,7.10). Nulla nei Vangeli lascia sospettare che Dio non perdoni i peccati di chi è ben disposto e chiede di essere riabbracciato.

Ma la grazia di Dio, così abbondante, è sempre impegnativa. Chi ha ricevuto tanto deve imparare a dare tanto e non trattenere solo per sé quello che ha ricevuto. Chi ha ricevuto tanto deve imparare a dare tanto. Non è un caso che il Vangelo di Matteo, subito dopo aver regalato il testo del “Padre nostro”, tra le sette espressioni usate si soffermi a sottolineare proprio quella del perdono fraterno: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15). Ma questo è forte! Io penso: alcune volte ho sentito gente che ha detto: “Io non perdonerò mai quella persona! Quello che mi hanno fatto non lo perdonerò mai!”. Ma se tu non perdoni, Dio non ti perdonerà. Tu chiudi la porta. Pensiamo, noi, se siamo capaci di perdonare o se non perdoniamo. Un prete, quando ero nell’altra diocesi, mi ha raccontato angosciato che era andato a dare gli ultimi sacramenti ad un’anziana che era in punto di morte. La povera signora non poteva parlare. E il sacerdote le dice: “Signora, lei si pente dei peccati?”. La signora ha detto di sì; non poteva confessarli ma ha detto di sì. È sufficiente. E poi ancora: “Lei perdona gli altri?”. E la signora, in punto di morte ha detto: “No”. Il prete è rimasto angosciato. Se tu non perdoni, Dio non ti perdonerà. Pensiamo, noi che stiamo qui, se noi perdoniamo o se siamo capaci di perdonare. “Padre, io non ce la faccio, perché quella gente me ne ha fatte tante”. Ma se tu non ce la fai, chiedi al Signore che ti dia la forza per farcela: Signore, aiutami a perdonare. Ritroviamo qui la saldatura tra l’amore per Dio e quello per il prossimo. Amore chiama amore, perdono chiama perdono. Ancora in Matteo troviamo una parabola intensissima dedicata al perdono fraterno (cfr 18,21-35). Ascoltiamola.

C’era un servo che aveva contratto un debito enorme con il suo re: diecimila talenti! Una somma impossibile da restituire; non so quanto sarebbe oggi, ma centinaia di milioni. Però succede il miracolo, e quel servo riceve non una dilazione di pagamento, ma il condono pieno. Una grazia insperata! Ma ecco che proprio quel servo, subito dopo, si accanisce contro un suo fratello che gli deve cento denari – piccola cosa -, e, pur essendo questa una cifra accessibile, non accetta scuse né suppliche. Perciò, alla fine, il padrone lo richiama e lo fa condannare. Perché se non ti sforzi di perdonare, non verrai perdonato; se non ti sforzi di amare, nemmeno verrai amato.

Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono. Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. No. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia. Il male conosce le sue vendette, e se non lo si interrompe rischia di dilagare soffocando il mondo intero.

Alla legge del taglione – quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te, Gesù sostituisce la legge dell’amore: quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te! Pensiamo oggi, in questa settimana di Pasqua tanto bella, se io sono capace di perdonare. E se non mi sento capace, devo chiedere al Signore che mi dia la grazia di perdonare, perché è una grazia il saper perdonare.

Dio dona ad ogni cristiano la grazia di scrivere una storia di bene nella vita dei suoi fratelli, specialmente di quelli che hanno compiuto qualcosa di spiacevole e di sbagliato. Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso. Qual è la cosa preziosa che noi abbiamo ricevuto? Il perdono, che dobbiamo essere capaci di dare anche agli altri.

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Saluti:
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Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana.

In particolare, accolgo con gioia i preadolescenti di Milano, accompagnati dal loro Arcivescovo, Monsignor Mario Delpini, e dai loro sacerdoti ed educatori. Cari ragazzi, vi incoraggio, a crescere nella fede e nella carità, impegnandovi a portare frutti buoni. Il Vangelo sia la vostra regola di vita, come lo fu per i vostri santi: Ambrogio e Carlo, i quali con l’amore cambiarono il loro mondo.

Un pensiero speciale rivolgo ai cresimati della Diocesi di Treviso, qui convenuti con il loro Pastore, Monsignor Gianfranco Gardin; con la forza dello Spirito Santo, siate generosi testimoni di Cristo.

Saluto i fedeli degli oratori e delle parrocchie, specialmente quelli di Lecce, di Cava dei Tirreni e di Magione; i nuovi Diaconi della Compagnia di Gesù, con i loro familiari; le Religiose e i Religiosi; gli Istituti scolastici e le associazioni, in particolare la Fondazione Città della Speranza, di Monte di Malo.

Un pensiero rivolgo ai giovani, agli anziani, agli ammalati e agli sposi novelli.

Per tutti invoco la gioia e la speranza che derivano dalla Pasqua di Cristo. Possiate fare esperienza di Gesù vivo, per accogliere il dono della sua pace e diventare suoi testimoni nel mondo.

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