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giovedì 11 aprile 2019

L'ODISSEA DELLA NAVE DEI NAUFRAGHI, UNA VERGOGNA ANCHE ITALIANA

ALAN KURDI, 
DONNE E BAMBINI A BORDO IN LACRIME

11 aprile 2019 - La situazione sulla nave ferma da 7 giorni al largo di Malta con 63 migranti a bordo, in attesa di un porto sicuro per l'approdo

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L'ODISSEA DELLA NAVE DEI NAUFRAGHI,
UNA VERGOGNA ANCHE ITALIANA

Gli operatori della Ong Moas salgono a bordo della Alan Kurdi da 7 giorni in balia delle onde nel Mediterraneo per via del rifiuto del Governo italiano di aprire i porti. Ecco i video che mostrano in che condizioni vivono donne e bambini. Dov'è finita la nostra umanità?

Manuel ha sei anni e gli occhi pieni di speranza. Da una settimana si trova a bordo della Alan Kurdi, la nave della Sea-Eye che ha preso il nome dal bambino con la maglietta rossa morto sulle coste di Bodrum, in Turchia. «Gli ho portato le scarpine, qualche peluche, delle coperte e le caramelle. Volevo distrarlo da questa situazione che è più grande di lui». Regina Catambrone, cofondatrice del Moas telefona da Malta. «Ho promesso alle 63 persone che ancora sono a bordo e alle 17 dell’equipaggio di far arrivare la loro voce, di raccontare le loro storie e i loro volti per cercare di smuovere chi sta nella stanza dei bottoni, perché non c’è più tempo e le cose peggiorano». A bordo della nave Regina e il suo team hanno portato viveri, acqua, tute pulite, calzini e slip, «per restituire un po’ di dignità a queste persone e aiutarle a sopportare l'attesa. Abbiamo raccolto il grido della nave che è stata costretta a razionare cibo e acqua. Il loro medico a bordo ci ha detto di portare anche alcuni farmaci, antiemetici iniettabili e altri che abbiamo trovato a fatica sull’isola». Da quando si è scatenata la campagna diffamatoria contro le ong «non sono arrivati più fondi e donazioni e non possiamo in questo momento pensare di affittare una nave per salvare le persone, ma è disumano tutto quello che sta accadendo» spiega la Catambrone. «Oggi siamo attivi in Bangladesh e stiamo preparando una consegna di cibo in Yemen, ma non smettiamo di monitorare la situazione nel Mediterraneo e a promuovere la campagna vie sicure e legali per aprire corridoi umanitari per questa gente che scappa da situazioni terribili».

Dopo il no dell’Italia allo sbarco dei migranti quando era vicino a Lampedusa, la Alan Kurdi si è diretta a Malta. «Speravamo che i negoziati fossero quasi terminati, visto che sono iniziati appena le persone sono state salvate e che, dopo una settimana potessero sbarcare, invece nulla. Quando abbiamo visto l’allarme di razionamento acqua e cibo sui social ci siamo preoccupati e abbiamo chiamato l’organizzazione informandoli che eravamo intenzionati a preparare velocemente il minimo necessario per tamponare la situazione nell’attesa di queste risposte che non arrivano». È mentre il team Moas è sul molo che arriva la notizia dell’evacuazione medica, da parte delle forze armate maltesi, di una donna di 24 anni giunta allo stremo delle forze. «Ci ha fatto capire ancora di più che era giusto muoversi. Questa attesa è vergognosa, soprattutto pensando che si tratta di sole 63 persone che potrebbero essere sbarcate e poi distribuite nel resto d’Europa». La situazione peggiora di ora in ora, «sulla nave» racconta regina, «ci si muoveva a fatica. Con la nostra infermiera e la dottoressa siamo state nella piccola clinica allestita a bordo dove hanno trovato riparo le donne, i due bambini e il papà. Alla bimba di otto mesi ho regalato un cuscino a forma di cuoredicendo alla mamma che questo è il cuore di tutti noi che continuiamo a credere nell’amore, nella misericordia e nella solidarietà e che non ci arrendiamo a tutti questi ostacoli burocratici, politici e disumani che cercano di ostacolare le nostre missioni umanitarie.Mi ha fatto male lasciare la nave per tornare a terra sapendo in quali condizioni rimanevano queste persone. Dobbiamo fare di tutto perché le cose si risolvano nel più breve tempo possibile. Sono già passati troppi giorni. È disumano continuare a comportarsi così. Oggi questa è l’unica nave che continua a operare e le persone sono costrette a rimanere nell’inferno libico o a morire in mare. Non possiamo stare a guardare». Allegati a questo articolo i video che mostrano in che condizioni vivono donne e bambini. Dov'è finita la nostra umanità?
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Annachiara Valle 11/04/2019)


A BORDO DELLA ALAN KURDI, 
STREMATI E AMMASSATI COME BESTIE

11 aprile 2019 - I volontari a bordo della nave ferma in mare regalano conforto a donne e bambini nella clinica dell'imbarcazione con un dono simbolico: «Questo cuore rappresenta il cuore di tutte le persone che vi vogliono bene. Tutti noi speriamo che presto troveremo una soluzione. Questo è un cuore fatto di amore e accoglienza per voi»

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