Impariamo il “discernimento” l’arte di saper scegliere la vita
di Enzo Bianchi
Termine ermetico per molti, il “discernimento” è parola che esce dall’oblio in cui era caduta, grazie anche all’alta frequenza con cui appare nell’insegnamento di papa Francesco. E proprio il discernimento Francesco ha voluto che fosse la chiave interpretativa per affrontare – nel sinodo dei vescovi che si terrà a Roma dal 3 al 28 ottobre – le problematiche legate al mondo dei giovani.
Discernimento, quindi, come operazione urgente nella vita della chiesa intera, non più riservata alle riflessioni spirituali dei monaci e dei religiosi.
Nella spiritualità cristiana, a partire da Origene (prima metà del III secolo), il tema del discernimento è sempre stato scavato, meditato, soprattutto esperito dai padri del deserto e dalla tradizione monastica, fino a Giovanni di Damasco. Più tardi in occidente ha conosciuto una particolare interpretazione in Ignazio di Loyola e nella spiritualità dei gesuiti, alla quale appartiene anche il Papa. Nel solco di questa tradizione, su questo tema dell’arte della scelta si confronteranno a Bose, dal 5 all’8 settembre, le chiese ortodosse, tutte presenti, e la tradizione cattolica e riformata: metropoliti, vescovi, monaci e monache, teologi e teologhe approfondiranno questo tema, anche nell’intento di fornire un contributo in vista del sinodo dei vescovi. In verità il discernimento, questo processo che potremmo definire l’arte della scelta, spetta a ogni persona, credente o agnostica. È la vita umana, infatti, che impone la scelta tra diverse possibilità di comportamenti e azioni, per non restare spettatori dell’esistenza e saper vivere con consapevolezza e responsabilità.
Discernere – dal latino dis (tra) e cernere (vedere chiaro, distinguere) – è un’operazione che mette in movimento la coscienza di ogni essere umano.
Questa arte della scelta si fa urgente oggi per la società intera, in un’epoca di grandi mutamenti non solo per la fede, ma anche per l’etica, la cultura e la vita della polis; un’epoca di grandi incertezze che spesso paralizzano le scelte umane, rendendo gli uomini e le donne spettatori di un vivere che non appartiene loro e di una complessità che non sanno padroneggiare. L’arte della scelta deve dunque essere riscoperta, praticata e confrontata tra mondi culturali differenti, in vista di un’umanizzazione che contrasti ogni superficialità e disimpegno, sempre preludio della barbarie.
Ognuno di noi è chiamato a discernere, vagliare, interrogare, confrontare e poi a scegliere e imboccare una strada, anche a costo di sbagliare: la coscienza etica è un’istanza essenziale dell’agire quotidiano e quando non viene esercitata, è l’humanitas a essere minacciata.
Certo, esistono criteri per il discernimento: occorre da un lato edificare la propria interiorità, così che la vita non sia esposta ai soli istinti, ma aperta a un’autentica libertà, sempre condizionata eppure reale; d’altro lato, occorre mettersi in cerca del bene comune, il bene dell’altro, leggendo e interpretando la storia e i suoi segni. Per il cristiano, tra i vari criteri il primato spetta alla parola di Dio contenuta nelle sante Scritture.
Ma non si dimentichi che la Parola e lo Spirito santo che l’accompagna, secondo la tradizione cattolica non sono mai assenti nel cuore, nella coscienza di ogni essere umano, cristiano o no, religioso o non religioso. È l’interrogativo che accompagna ciascuno di noi: “Che ne hai fatto della tua libertà?”.
(fonte: La Repubblica 5 settembre 2018)
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