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domenica 30 settembre 2018

Matteo Maria Zuppi al clero: "Dobbiamo essere azzimi di sincerità e verità ... Parliamo di Dio con semplicità, ritornare all'essenziale dell'annuncio ..."

Matteo Maria Zuppi al clero: 
Dobbiamo essere azzimi di sincerità e verità ... 
Parliamo di Dio con semplicità, 
ritornare all'essenziale dell'annuncio ...


Omelia integrale dell'arcivescovo di Bologna monsignor Matteo Zuppi pronunciata il 12.09.2018 durante la S. Messa con i sacerdoti 
presenti a conclusione della "Tre giorni del clero"





Non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. La Parola di Dio ci aiuta sempre a trovare noi stessi liberi dagli specchi deformanti delle nostre considerazioni, ci interroga perché impariamo quello che abbiamo dimenticato, reso vuoto perché lontano dalla vita, perché conosciamo solo nella conoscenza sempre nuova e piena perché illuminata dallo spirito di Dio. Quanto facilmente in maniera pratica di fronte alle difficoltà, alla pasta che sembra indifferente o troppa, ai frutti che non sono quelli desiderati e meritati, davanti ad un mondo che mette paura o che sembra indifferente ai nostri sforzi, pensando alle personali contraddizioni oppure perché avvolti dalla nebbia della rassegnazione che guadagna poco a poco il cuore, spegne le passioni, rende tutto ordinario, ripetitivo non sappiamo più che il lievito fa fermentare tutta la pasta! Altre volte è la fretta di vedere il risultato, la necessità di misurare lo spazio che in realtà abbiamo e hanno gli altri intorno a noi, perché il tempo appare troppo poco soggettivo per un mondo che pensa vero solo quello che l'io occupa o dove l'io è la vera unità di misura. Altre volte ancora non ci interessa più la pasta, anche perché non ricordiamo come cresce, e siamo presi dalla logica del lievito, dimenticando a che serve e perché lo abbiamo. La domanda dell'Apostolo, rivolta ad una comunità che faceva fatica a essere tale, a vivere la comunione e a riunirsi in una città confusa e seduttiva, è tanto opportuna per noi. Essa ci aiuta a riconoscere i numerosi segni che abbiamo se "contempliamo" il mondo intorno a noi, la città, i poveri, le persone, comprendendo in modo nuovo, in quella lectio che è la storia e sono i segni dei tempi, indispensabile per leggere la Parola. Se non lo sappiamo che il lievito poco, insignificante nella logica della grandezza, finiamo anche noi per cercare quello dei Farisei e di Erode, anche perché largamente indicato e offerto dal mondo, dal demone di mezzo giorno o da quello del tramonto quando vince l'accidia o la cupidigia della ricompensa. Il lievito solo dopo essere gettato nella pasta può farla crescere. Occorre davvero dare l'anima. Non serve accumulare tanto lievito nell'illusione così di avere la certezza del risultato! Lo ha ricordato con una certa ironia Papa Francesco dicendo che quando "ci prende la rassegnazione, viviamo con l'immaginario di un passato glorioso che, lungi dal risvegliare il carisma iniziale, ci avvolge sempre più in una spirale di pesantezza esistenziale. La nostra fede è sfidata a intravedere il vino in cui l'acqua può essere trasformata, e a scoprire il grano che cresce in mezzo della zizzania» (n. 84). "Ma io non ho mai visto un pizzaiolo che per fare la pizza prenda mezzo chilo di lievito e 100 grammi di farina, no. E' al contrario. Il lievito, poco, per far crescere la farina". Sì, siamo una minoranza benedetta, che è invitata nuovamente a lievitare, in sintonia con quanto lo Spirito Santo ispira oggi a noi e a tanti nostri fratelli. 
L'icona della Pentecoste che ci accompagnerà questo anno ci aiuterà a meravigliarci anche noi del lievito che siamo, perché credo che anche Pietro e gli altri si stupirono quel giorno, quando videro che il loro galileo, segno della loro storia e dei tratti umani concreti, diventa una lingua nuova capace di fermentare tutta la pasta dell'universo, quella di ogni cuore, della grande e difficile città. E la pasta senza il lievito è e resta inerte, senza vita. Non ci possiamo permettere di sciupare il lievito. E' la tradizione più vera della nostra storia, della Chiesa e delle nostre persone.
Il ministero del presbitero mi sembra proprio questo: sapere la forza misteriosa eppure efficace che è affidata e, ministri della comunione e della compassione gettarlo e aiutare tanti a farlo perché la pasta tutti fermenta. Le sfide che abbiamo davanti ci chiedono, ci aiutano a credere e sapere che il lievito fermenta tutta la pasta. Siamo azzimi di sincerità e verità. Sì, sincerità è la trasparenza della nostra vita, la semplicità del nostro essere e del nostro parlare, non l'esibizione volgare o raffinata dell'io, ma il riflesso nella nostra umanità di quella santità che Dio – Dio - ha posto nella nostra debolezza e nella quale riflette la sua luce. I tanti che vivono nel buio la sapranno riconoscere. Lievito di verità, non il sabato vuoto di amore, la lettera senza lo spirito, ma l'amore di Gesù, verità, centro che orienta tutto e fa comprendere la nostra grandezza rendendoci come Lui e come il Padre perché liberi dall'orgoglio. 
Chi mette al centro la Parola, cioè il Verbo, avrà sempre al centro l'uomo, l'uomo che ha sempre bisogno, paralizzato dalla sua debolezza: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!».
Gesù che guarisce il lebbroso e così protegge i sani, che mette al centro la sua sofferenza per salvare il sabato ci aiuti a sapere con gioia il lievito che siamo e abbiamo, a fermentare tutta la pasta liberi dalla perfezione ipocrita dei farisei, che amano la verità ma non l'amore che ne è l'anima e la lettera. Scegliamo di fare il bene e non di rimandare, di decidere, di salvare una vita, una, perché si salva davvero così il mondo intero, per non sopprimerla lasciandola senz'amore. L'uomo è per il sabato. Vedere un uomo che ritrova se stesso, che si rimette in cammino, che trova l'unità con quello che il male aveva deformato o reso inutile, questa è la nostra gioia. Così la nostra ferita si rimarginerà presto. Non è vero che abbiamo poco. Abbiamo tutto. Siamo noi quel lievito, è la santità della nostra chiamata e della nostra vita, che dobbiamo curare e fare crescere. Non abbiamo paura dei piccoli passi e confidiamo nel lievito che penetra nella pasta e la fa crescere tutta in modo misterioso ma reale.
"Parliamo di Dio con semplicità, ritornare all'essenziale dell'annuncio: la Buona Notizia di un Dio che è reale e concreto, un Dio che si interessa di noi, un Dio-Amore che si fa vicino a noi in Gesù Cristo fino alla Croce e che nella Risurrezione ci dona la speranza e ci apre ad una vita che non ha fine, la vita eterna, la vita vera".


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Omelia integrale