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venerdì 8 dicembre 2017

Scrivere di Maria


Scrivere di Maria
Cristina Simonelli

«Scrivere di Maria, la madre di Gesù di Nazareth, è impresa quanto mai ardua; i dati storici che la riguardano, infatti, si intrecciano con l'elaborazione teologica delle comunità cristiane delle origini, le formulazioni dottrinali dei primi secoli, la vita liturgica delle Chiese strutturate, le apparizioni mistiche e la devozione popolare che hanno portato a riconoscere in lei la donna privilegiata e unica: vergine, Madre di Dio, immacolata, assunta in cielo».

Consentendo alle parole con cui Adriana Valerio dà avvio alla sua ultima pubblicazione (Maria di Nazaret. Storia, tradizioni, dogmi, il Mulino, 2017), si potrebbe dire che oltre che ardua impresa «scrivere di Maria» è pratica inesausta, così che anche la più recente produzione può ben onorare l'antico detto: riguardo a Maria numquam satis, non si dice mai a sufficienza. Constatazione che, specie in campo cattolico, potrebbe essere scontata se non si caratterizzasse per un aspetto particolare: le teologhe hanno preso sul serio la sfida, e senza tacere gli aspetti complicati del discorso mariano, nonché quelli dannosi soprattutto per le donne, hanno dato vita a una ampia produzione letteraria, con sim/patia e complicità.

Certo sono molto note alcune pubblicazioni internazionali, tradotte anche in italiano – in particolare Elizabeth Johnson, Vera nostra sorella (trad. italiana: Queriniana, 2005) che nel titolo riprende un'espressione di Paolo VI, sviluppata non brevemente (640 pp), ma con originalità e, meno noto ma interessante, Christa Mulack, Maria. Vergine e ribelle, la dea nascosta del cristianesimo (trad. italiana: Red, 1996) – ma esiste anche una importante rete di autrici italiane, che fa registrare una “concentrazione mariana” in questo stesso 2017.

L'intervento di Adriana Valerio appena ricordato può essere percorso anche attraverso la trasmissione televisiva Quante storie del 15 novembre scorso, in dialogo con un Corrado Augias elogiativo come raramente si mostra nei confronti di simili pubblicazioni, con un discorso che ha saputo mostrare l'interezza della “posta in gioco”, dalle narrazioni evangeliche alle tradizioni delle dee madri, dall’“esilio del femminile”, espulso dal divino e dalle sue raffigurazioni, ai rapporti ecumenici, fino alla ambigua posizione delle donne nella Chiesa cattolica.
In questo stesso anno è stato dato alle stampe anche L'amore viscerale. Maria di Nazareth e il grembo di Dio, di Simona Segoloni Ruta (EDB, 2017), che in termini anche molto personali, “a partire da sé”, secondo l'opzione prevalente di molta riflessione di donne, incrocia l'esperienza della gravidanza, dell'amore, della vita coniugale con passi biblici e temi teologici e, ancora una volta, con quanto balbettiamo su Dio, su di Lei, che ci avvolge e ci lancia nel mondo, che ci libera anche da sé proprio mentre mai ci abbandona.

Di altro taglio, ma in fondo di non dissimile intento, il romanzo di Mariapia Veladiano, dal titolo breve come un respiro aperto all'immaginazione: Lei (Guanda, 2017). L'autrice narra e narrando riscrive e medita, accogliendo e rilanciando testi evangelici e tradizioni apocrife, così importanti in questo ambito perché formano quello che si può definire un “canone popolare e iconografico” (si pensi, per brevità, ai cicli di Giotto ‒ Scrovegni e Assisi–, ma anche alle tradizioni del presepio, in libera relazione con le narrazioni sinottiche).

Uscendo tuttavia dalla immediata attualità, mi piace ricordare anche la sezione dedicata a Maria, madre di Yehoshua di Nazareth, ne Il Vangelo dei bugiardi di Naomi Alderman (Nottetempo, 2014 – traduzione di Silvia Bre), veramente capace di mostrare potenzialità inedite dell'infinito racconto di una vicenda che pensiamo troppo spesso di poter dominare. Si potrebbe poi anche ricordare Ave Mary. E la Chiesa inventò la donna, di Michela Murgia (Einaudi, 2012), che tuttavia, come lei stessa afferma, non è “solo” un libro su Maria:

«Dovevo fare i conti con Maria, anche se questo non è un libro sulla Madonna. È un libro su di me, su mia madre, sulle mie amiche e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina. Su tutte le donne che conosco e riconosco. Dentro ci sono le storie di cui siamo figlie e di cui sono figli anche i nostri uomini: quelli che ci vorrebbero belle e silenti, ma soprattutto gli altri. Questo libro è anche per loro, e l'ho scritto con la consapevolezza che da questa storia falsa non esce nessuno se non ci decidiamo a uscirne insieme».

In ogni caso oserei dire che le molte scritture segnalate – così come gli svariati contributi e saggi ad esempio di Marinella Perroni, Lucia Vantini e Stella Morra – sono aperte e in certo senso anche “autorizzate” (non nel senso rigido dei permessi del potere, ma in quello aperto del creare spazi di libertà e authorship) dall'impresa di Cettina Militello, testimoniata dai libri e sostanziata anche dagli anni non brevi di insegnamento sul tema: Mariologia (Piemme 1991) e ‒ più importante e generale ‒ Maria con occhi di donna (Piemme 1999). Vorrei tuttavia ricordare con particolare gusto anche Nostra Donna coronata di dodici stelle, (Monfortane 1999), forse non facile da reperire, felicissimo nell'equilibrio fra lettura teologica, iconografica ed esperienziale. Nella stessa direzione teologico/iconografica anche Maria di Nazareth, Una donna “all'ombra” di Dio (Città Ideale, 2013). Infatti “camminando si apre cammino”, in una rete di passi pensosi e arguti, affabili e critici, per tutte e tutti.

(fonte del testo: IL REGNO DELLE DONNE)