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martedì 21 ottobre 2025

21 ottobre Memoria liturgica del Beato padre Pino Puglisi - Don Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo: don Puglisi come Gesù, testimone dell'Amore crocifisso.


21 ottobre Memoria liturgica del 
Beato Giuseppe Puglisi Sacerdote e martire

Dal 25 maggio 2013 l’antimafia va in paradiso; anche se il primo a riderne sarebbe proprio lui, don Pino Puglisi, il prete antimafia per eccellenza, che tuttavia non è stato mai un prete “anti”, piuttosto sempre un prete “per”.
Le sue umili origini (papà calzolaio, mamma sarta) affondano a Brancaccio, il quartiere palermitano dove nasce il 15 settembre 1937 e sempre ad alta concentrazione di miseria (non sempre solo materiale), di delinquenza, di corruzione. E di mafia. Con la quale il prete di Brancaccio deve ben presto confrontarsi, perché del suo quartiere finisce nel 1990 per essere nominato parroco.
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Ritorna a Brancaccio da parroco, umanamente ormai maturo perché oltre la soglia dei 50 anni, ma, soprattutto, pastoralmente ben collaudato, con uno stile pedagogico e formativo ben definito e una passione per i giovani che con il tempo è andata aumentando anziché affievolirsi.
Sono loro, infatti, a dover essere sottratti, uno ad uno, all’influenza mafiosa, per creare una nuova cultura della legalità e un’autentica promozione umana, che passi attraverso il risanamento del quartiere, la creazione di nuove opportunità lavorative, il recupero di condizioni di vita dignitose, ulteriori possibilità di scolarizzazione.
Per fare questo don Puglisi non si risparmia e non esclude alcun mezzo, dalla predica in chiesa con toni accesi e inequivocabili alla promozione in piazza di manifestazioni e marce antimafia che raccolgono sempre più adesioni e che per la malavita locale sono un autentico pugno nello stomaco.
In soli tre anni di intensa attività la mafia si vede progressivamente privata di manovalanza e, soprattutto, di consenso popolare da quel prete che ben presto diventa una sgradita “interferenza” e che raccoglie i giovani in un centro, intitolato al Padre Nostro, dove fa ripetizione ai bambini poveri, destinati a un futuro di disagio o di asservimento alla potenza dei boss. A tutti ripete: «Da soli, non saremo noi a trasformare il quartiere. Noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualcosa, e se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto…».
Cominciano ad arrivare i primi avvertimenti, le prime molotov e le prime porte incendiate, ma don Pino non è tipo da lasciarsi intimorire: «Non ho paura delle parole dei violenti, ma del silenzio degli onesti», denuncia in chiesa. È in questo contesto che viene decretata la sua condanna a morte da parte dei boss Graviano.
I sicari lo avvicinano davanti alla porta di casa il 15 settembre 1993, sera del suo cinquantaseiesimo compleanno. Lo eliminano con un colpo di pistola alla nuca, tentando di far apparire l’omicidio come conseguenza di una rapina finita male. È Salvatore Grigoli, quello che ha premuto il grilletto, a ricordare il suo ultimo sorriso e le parole «Me l’aspettavo», che dicono come quella morte non sia un incidente di percorso ma un rischio di cui don Pino era ben cosciente.
Quell’assassinio «ci sembrò subito come una maledizione, perché da allora cominciò ad andarci tutto storto», riferisce sempre Grigoli, che intanto ha iniziato un percorso di conversione, imitato alcuni anni dopo dall’altro sicario, Gaspare Spatuzza. Entrambi attribuiscono il ravvedimento alla loro vittima, da cui sono certi di essere stati perdonati.

Dopo trent’anni la Chiesa riconosce la morte di don Puglisi come martirio “in odio alla fede”, privando di fatto la mafia di quell’aura di religiosità, o meglio di devozionismo che alcuni boss hanno ostentato. Chissà se a lui non sta un po’ stretta, ora, la nuova qualifica di “beato”, che può rischiare, come qualcuno teme, di trasformarlo in un “santino” più che in un santo, edulcorando cioè la forza della sua testimonianza. Ma, a ben guardare, non dipende da lui: dipende da noi.
(fonte Santi e Beati articolo di Gianpiero Pettiti)

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Don Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo:
don Puglisi come Gesù, testimone dell'Amore crocifisso


La messa per don Pino Puglisi è stata celebrata quest'anno in cattedrale dall'arcivescovo Corrado Lorefice il 14 settembre (festa dell'Esaltazione della Croce) perché l'indomani i vescovi siciliani partecipano a una manifestazione a Tunisi. 


Di seguito il testo dell'omelia di don Corrado Lorefice

Una preziosa coincidenza celebrare la Festa dell’Esaltazione della Santa Croce nello stesso giorno in cui ricordiamo la morte per mano violenta del nostro Beato Martire don Pino Puglisi, figlio prezioso di questa nostra amata Chiesa palermitana e vanto del nostro presbiterio. In lui ci riconosciamo Chiesa dall’amore trinitario, chiamata a testimoniare un amore più grande in questo nostro tempo che sembra spingerci ineluttabilmente in un’era di glaciazione del cuore delle donne degli uomini.

Questa antica celebrazione – l’Esaltazione della Santa Croce – ci aiuta a puntare lo sguardo sul mistero di amore che rifulge nel trafitto del Golgota. Noi non siamo la religione che adora l’infame e maledetto supplizio di sofferenza, di umiliazione e di morte che è la croce. Noi siamo i seguaci dell’Amore crocifisso, della smisurata compassione di Dio per noi uomini nel suo Figlio fattosi carne, morto liberamente e risorto per la vita del mondo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Sulla croce, come ci ha ricordato la pagina del IV Vangelo, è «innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv 3,14) che dona vita eterna a chi alza lo sguardo verso di lui.

Colui che ci ha amati fino al massimo – «eis télos» (Gv 13,1) – è fonte di salvezza per noi uomini soggetti all’idolatria, al peccato e alla morte. La potenza della Pasqua di Gesù, del suo passaggio dalla morte alla vita, ha reso possibile il dono dello Spirito in noi, l’effusione dell’amore zampillante di Dio in noi. Lo Spirito deflagrato a Pentecoste – compimento della Pasqua di Cristo –, è Fuoco d’amore e Luce di Vita, Energia di Dio-Amore (cfr 1Gv 4,8) che raduna, trasfigura, santifica, libera e ricrea. Per questo l’Apostolo Paolo, nella lettera ai Romani, annuncia: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (5,5). La vita cristiana è vita nello Spirito, energizzata dall’amore divino. Così la nostra umanità è resa capace dallo Spirito di essere come quella di Gesù di Nazareth, animata dall’amore, performata dall’amore.

«Me l’aspettavo». Sono le parole registrate dagli assassini di don Pino. Come e con Gesù va incontro alla morte, si consegna alla morte. Non se la cerca. L’accoglie! Puglisi è un rigenerato dalle acque del Battesimo, immerso e abbracciato dall’Amore trinitario. Puglisi è un discepolo-presbitero che ha praticato con assiduità il Vangelo. È lo ha performato. Il Battesimo lo ha rigenerato, il Vangelo lo ha conformato secondo la logica e l’umanità di Gesù.

Il pensiero e le scelte di Gesù, la relazione che egli poneva con tutti gli uomini e le donne, e soprattutto con i piccoli e i poveri, come testimone della prossimità redentiva di Dio Padre compassionevole e misericordioso – abbassarsi e servire, kenosi e diakonia (cfr Fil 2,6-8), offerta di se stesso, raggiungere l’altro nella sua estrema distanza, scambiarne e condividerne la condizione, finanche la sua fragilità e il suo peccato –, noi li ritroviamo nella vita, nelle parole e nei gesti di don Pino. Nel suo ministero presbiterale, da Godrano, a Brancaccio, nel ministero di animatore vocazionale e di accompagnatore spirituale, nell’insegnamento della religione cattolica, e nel suo servizio generoso nei luoghi-segno della Carità della Chiesa palermitana.

Ma, se mi permettete, la sua somiglianza a Gesù, è anche nel suo morire in quel 15 settembre 1993. In quegli anni tragici per la nostra Palermo assediata e massacrata dalla mafia.

Come e con Cristo, testimone della vittoria dell’amore sulla violenza e sulla morte. La vittoria dell’amore. La fecondità dell’amore, che vince l’odio; del potere dell’amore che disperde i superbi nei pensieri del loro cuore e rovescia i potenti dai troni (cfr Lc 1,51-52); della mitezza e della non violenza che confonde la superbia di quanti impugnano le armi per seminare morte e dolore; della comunione che vince l’isolamento, la solitudine e la divisione; del perdono che vince la vendetta.

Siamo qui per chiedere al Signore di essere sempre più Chiesa dagli stessi sentimenti di Cristo Gesù. Presbiterio che cresce animato dagli stessi sentimenti di colui che è e sarà orgoglio e pungolo di ogni prete della Chiesa palermitana.

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Questa sera, giorno in cui la Chiesa velebra la memoria liturgica del Beato e Martire Giuseppe Puglisi, alle ore 18.00 la Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Mons. Corrado Lorefice nella parrocchia S. Gaetano a Brancaccio in occasione anche dell’ingresso del nuovo parroco Don Sergio Ciresi.

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In questo giorno dedicato al Beato P. Paolo Puglisi, tra i numerosi post che nel tempo abbiamo pubblicato su di lui ne segnaliamo solo alcuni: