"Un cuore che ascolta - lev shomea"
"Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo
e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione sul Vangelo
a cura di Santino Coppolino
Malattia terribile la lebbra, definita dalle Scritture «la figlia primogenita della morte» (Gb18,13) e ritenuta un vero castigo di Dio, una punizione riservata a coloro che fanno esperienza del peccato, e a motivo di ciò, divorati pezzo dopo pezzo dalla morte. I lebbrosi sono cadaveri ambulanti che rendono immondo tutto quello che toccano, morti viventi esclusi per sempre dalla comunità civile e religiosa. Samaria e Galilea sono i simboli rispettivamente dell'idolatria e dell'infedeltà, cifra di questa impurità che impedisce qualsiasi tipo di relazione con Dio, con gli uomini e con le cose. Per questa ragione Gesù attraversa queste due regioni, le taglia in mezzo, perché nessuno possa sentirsi escluso dalla prossimità e dalla misericordia del Padre, per condurre tutti dietro di sé fino a Gerusalemme. Solo Gesù, però, il Figlio amato perché obbediente al Padre, può compiere il santo viaggio, perché è l'unico che ha «mani innocenti e cuore puro perché non si rivolge agli idoli» (Sal 24). Grazie a Lui e per mezzo di Lui anche noi siamo resi degni di compiere ciò che prima non era permesso: poter stare senza vergogna davanti al volto del Padre. Lebbrosi sono i samaritani e i galilei, lebbrosa è tutta la comunità di Israele (il nr. 10 - il minian - è il simbolo dell'assemblea sinagogale), perché è incapace di vivere la misericordia (cfr. Lc 17,1-6), lebbrosi siamo noi perché facciamo esperienza della medesima morte. Accostandosi a noi, Gesù ci usa misericordia, lasciandosi toccare dalla nostra lebbra assume la nostra stessa impurità divenendo così anche Lui un inavvicinabile immondo, come noi (cfr. Lv 13). Escluso dalla comunità degli uomini, ci conduce tutti alla comunione col Padre. «La sua misericordia ha piagato Lui della nostra lebbra e guarito noi per mezzo delle sue piaghe (cfr. Is 53,5). A noi tocca solo alzare la voce, gridare la nostra impurità, invocare il suo Nome e così ottenere la salvezza insperata e, cadendo ai suoi piedi, fare il nostro Rendimento di Grazie» (cit.)