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giovedì 21 ottobre 2021

«Fratelli tutti. Davvero». Uomini e donne in dialogo con il cardinale Zuppi - La buona politica (anticipazione)

«Fratelli tutti. Davvero». 
Uomini e donne in dialogo con il cardinale Zuppi

L'iniziativa editoriale è di Corrado Caiano e Nicoletta Ulivi. La prefazione è del campione di basket Marco Belinelli. La vendita del libro servirà a finanziare progetti solidali


Dodici persone in dialogo con il cardinale Matteo Maria Zuppi sulla «Fratelli tutti» di papa Francesco. L’idea è di Corrado Caiano e Nicoletta Ulivi che hanno proposto all’arcivescovo di Bologna di confrontarsi sulla fraternità, l’amicizia sociale e le altre tematiche dell’enciclica con un ragazzo, una coppia di sposi, un formatore, un medico, due suore, un missionario, una giornalista, due giovani e un sacerdote. Il libro, edito da Effatà, intitolato «Fratelli tutti. Davvero», è fresca pubblicazione (da oggi è disponibile in libreria) e siamo sicuri che susciterà interesse e anche curiosità. La prefazione infatti è stata affidata a Marco Belinelli, uno dei giocatori di basket più noti e forti d’Italia, con un lungo trascorso nell’Nba americana. «Nel libro Belinelli racconta dell’udienza privata che ha avuto con papa Francesco insieme ad altri giocatori del basket americano sostenitori del movimento contro il razzismo black lives matter – dice Corrado Caiano – e condivide con noi l’incoraggiamento ricevuto dal Pontefice con la richiesta fatta loro di essere d’esempio per i giovani e di agire come fratelli». La postfazione invece è a cura del vaticanista del quotidiano La Stampa Domenico Agasso.

Il progetto è stato pensato per celebrare il primo anniversario di uscita della «Fratelli tutti», pubblicata il 4 ottobre dello scorso anno nel giorno di San Francesco. «Con grande semplicità abbiamo chiesto al cardinale Zuppi la disponibilità a tenere questi dialoghi con persone diverse in vista di una pubblicazione e lui ha accettato», dice ancora Corrado Caiano, cooperatore salesiano e responsabile con la moglie Sara dell’oratorio cittadino di Sant’Anna, mentre Nicoletta Ulivi lavora da vent’anni nel terzo settore ed è impegnata nell’Opera Santa Rita.

Gli incontri si sono svolti durante i mesi della cosiddetta «zona rossa» e si sono tenuti online, ogni persona coinvolta ha studiato un capitolo dell’enciclica, ci ha riflettuto sopra e poi ne ha parlato per una mezz’ora con il Cardinale. «Io ho registrato e poi sbobinato tutto – dice ancora Corrado – ne sono nati dei dialoghi davvero interessanti, come la chiacchierata tra Zuppi e Mattia, un quindicenne sulla sedia a rotelle che fa l’animatore in oratorio». Ne è venuto fuori un libro agile – di circa un centinaio di pagine – che può essere molto utile dal punto di vista del «rinnovamento pastorale» e come «percorso di riflessione sulla vita di tutti i giorni per ogni uomo e ogni donna di buona volontà», come si legge nelle note di copertina del libro. D’altra parte «la fraternità è di tutti, la fraternità è per tutti».

... I proventi delle vendite serviranno a finanziare un progetto solidale delle Misericordie d’Italia e l’oratorio salesiano a Vallecrosia, al confine tra Liguria e Francia, luogo di passaggio e di accoglienza per tantissimi migranti. ...


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MATTEO MARIA ZUPPI
La buona politica

Pubblichiamo un capitolo del libro di Matteo Zuppi, in uscita oggi, intitolato «Fratelli tutti. Davvero». A cura di Caiano e Ulivi, con prefazione di Marco Belinelli e postfazione di Domenico Agasso, vaticanista de La Stampa (Effatà Editrice)

Il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna

Nel capitolo quinto della “Fratelli tutti” c’è un bel riferimento alla differenza tra «populismo» e «popolare». Pare chiaro che, oggi, sono finite le ideologie cui eravamo abituati negli anni del fascismo, del nazismo o del comunismo, negli anni dei cosiddetti totalitarismi. Oggi ne rimangono dei surrogati e delle scorciatoie, come una bella schermata del computer che presenta un po’ di riferimenti generali, tanto per darsi una veste. Ma le ideologie sono un’altra cosa: esse avevano una forza attrattiva e una capacità di coinvolgimento umano al di là di ogni immaginazione, fino l’annullamento dello stesso «io» in favore dell’ideale. Abbiamo chiari davanti agli occhi alcuni avvenimenti e fatti, di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze, che avevano alle spalle un significato personale e collettivo straordinario. Oggi esistono solo dei riferimenti annacquati, con tutti i rischi che questo comporta, in primo luogo quello di creare delle identità a poco prezzo, con l’illusione di risolvere i problemi della gente, ma, spesso, con un grave impoverimento della politica stessa, usata per fini personali.

Nei paragrafi dell’Enciclica, nei quali si parla di populismo, si sottolinea la tentazione, presente sia nei progetti individuali sia in quelli di gruppo, di assorbire e di far proprie le paure della gente, alla ricerca di risposte facili e identitarie, che mettono in seria discussione la democrazia stessa. Papa Francesco indica la necessità di una politica alta, che viva la sua missione come atto di carità, e arriva fino a parlare di amore politico. Deve esistere. Se in politica non c’è l’amore, significa che prevarrà il calcolo o l’interesse. Per un gruppo o una categoria, è soltanto l’amore che fa andare oltre al proprio piccolo interesse. Solo chi porta avanti una politica disinteressata ha un vero amore politico e questo vale per tutti, non solo per il cristiano. Io penso che solo chi ha un amore disinteressato fa davvero anche il suo interesse! Chi fa politica davvero, anche con motivazioni e appartenenze diverse, viene provocato da Papa Francesco affinché viva il suo impegno come atto di amore, con grande senso di responsabilità e di attenzione al prossimo, nel tentativo di riuscire a dare delle indicazioni che valgano per tutti e sulle quali tutti possano ritrovarsi.

Abbiamo bisogno dei movimenti popolari e della loro spinta alla risoluzione concreta dei problemi. Essi sono proprio quel punto di passaggio tra il dare da mangiare e il trovare un lavoro che permetta di mangiare, tra l’aiutare ad attraversare un fiume e il costruire un ponte perché il fiume sia sempre attraversabile. I movimenti popolari spingono a trovare delle soluzioni concrete. Sono l’espressione della solidarietà disinteressata e, in genere, sono il tentativo dei poveri di dare risposta alle proprie povertà e di cambiare la propria situazione. Essi sono «poeti sociali», perché sono strettamente collegati ai temi della solidarietà e della gratuità. Nella politica c’è sempre una dimensione di calcolo che, se è in giuste proporzioni, è indispensabile, altrimenti ogni politico è destinato a non durare. In politica è necessario calcolare, così come nella vita, ma occorre stare attenti a rimanere nella giusta proporzione. Se tutto diventa calcolo, allora la politica si trasforma in convenienza e perde le sue motivazioni più profonde. I movimenti popolari, invece, non calcolano, sono «romantici», ma non in maniera astratta e inutile, perché arrivano ad avviare delle esperienze concrete per arrivare alla soluzione dei problemi reali della gente.

[Zuppi poi risponde a una domanda sul confronto tra i movimenti popolari e quello delle Sardine a Bologna, ndr]. Forse il paragone non è proprio corretto. I «poeti sociali», infatti, sono più legati a situazioni concrete di povertà, di esclusione, di ingiustizia, e si impegnano, proprio in quei contesti, a trovare le soluzioni. Mi riferisco, per esempio, alla questione dei minatori boliviani oppure ai cartoneros, coloro che raccoglievano il cartone nelle città dell’America Latina, e anche a Buenos Aires. Questa è l’idea di movimento popolare.

Noi abbiamo tanto bisogno di una politica che vada oltre al contingente, che sappia guardare al futuro con una visione ampia, che non sia sottomessa all’economia, che non sia vittima dell’efficientismo burocratico. Anche la politica ha bisogno di questo, altrimenti diventa una caricatura! Necessitiamo di una politica che abbia degli orizzonti grandi e aperti, che risponda alle necessità delle persone, che non riduca il bene comune ad un contenuto vuoto perché, in realtà, l’agire per il bene comune è veramente impegnativo.

A livello mondiale, invece, il Papa insiste sulla difesa degli organismi internazionali, e dell’Onu in particolare. A riguardo, la Chiesa ha sempre avuto un’attenzione straordinaria verso l’Onu. Il viaggio di Paolo VI nel 1964 alle Nazioni Unite e il discorso che tenne furono dei momenti altissimi per la Santa Sede. Tutti i Papi, poi, non hanno mancato di fare una visita all’Onu, come azione concreta per rilanciare l’organizzazione e per sottolineare che è lo strumento più alto che abbiamo per porre fine ai conflitti e aiutare a costruire un ordine mondiale. Papa Francesco desidera che l’Onu sia uno strumento forte, capace di risolvere i problemi perché è consapevole che senza un foro dove comporre pacificamente i problemi finirebbe per vincere la logica del più forte.

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Vedi anche la scheda del libro FRATELLI TUTTI. DAVVERO dal sito della Casa editrice EFFATA'