Apertura Cammino sinodale in diocesi e ricordo Lercaro
"Gesù non chiama i sani, ma i malati.
Non si circonda di perfetti
per dimostrare la sua forza, ma di peccatori ...
Gesù insegna agli uomini
ad amare facendolo per primo."
don Matteo Zuppi,
Cardinale
Bologna, Cattedrale - 17/10/2021
Gesù non chiama i sani, ma i malati. Non si circonda di perfetti per dimostrare la sua forza, ma di peccatori, di persone che discutono tra loro, che devono imparare ad amarsi e stimarsi, che si scandalizzano della debolezza e salvano se stessi, non Gesù. Gesù insegna agli uomini ad amare facendolo per primo. Lui ci fa capire come la nostra vita è preziosa, sempre, servendola come se fossimo noi i re. Si è fatto servo, lo è stato, fino alla fine perché anche noi troviamo la nostra gioia, la beatitudine, facendolo noi e facendolo perché Lui ci ama e lo ha fatto per primo. I sani credono, al contrario, che sia proprio Gesù a metterli in pericolo, perché frequenta i malati, i peccatori, i lebbrosi senza condizioni e precauzioni e quindi rischiando di contaminarli.
I sani, come gli intelligenti e i sapienti, giudicano Gesù e spiegano loro a Lui la verità. Essi guardano da lontano il prossimo perché sanno già chi è, senza ascoltarlo, e sono preoccupati non di come aiutarlo quanto piuttosto di come possono loro restare sani. I sani e i sapienti e gli intelligenti non hanno compassione o amano comunque di più se stessi e i propri giudizi. Essi restano da soli, tra di loro, non conoscono il prossimo perché lo giudicano e pensano già di sapere tutto.
La Chiesa è sempre una comunità di peccatori, resi puri dal suo amore che ci perdona e ci rende più forti dei serpenti e dei veleni, che ci fa trovare le parole che non abbiamo tanto che possiamo non preoccuparci o affannarci per cosa mangeremo e berremo perché la nostra vita vale molto, anzi, vale tutto. Dio muore per noi, non fa finta! Quando il discepolo di Gesù cerca una perfezione diversa dalla misericordia di Dio diventa terribile verso gli altri, impietoso e disumano. “I governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così”. Ecco, la Chiesa non domina, è libera dalla forza del mondo che rovina il mondo perché i grandi non sanno aiutare e farsi aiutare, cercano l’io ma senza il prossimo, posseggono invece di amare. “Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti”. È questa la scelta del Signore che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Ecco cosa è la Chiesa, sacramento della comunione e della fraternità, comunione che si rivela pienamente attorno alla sua mensa dove viene spezzato il pane della Parola e quel pane di amore, nutrimento che ci unisce pienamente con Lui e tra di noi.
Quanto è facile, però, anche seguendo Gesù, cercare sicurezza e vincere la paura del futuro salvandosi da soli, senza gli altri, anzi contro gli altri. Giacomo e Giovanni credono di stare bene pensando a sé, esigendo (quanto facilmente dimentichiamo che tutto è grazia, dono senza merito, impadronendoci dell’amore che ci viene regalato!) un futuro individuale, distinguendosi dai fratelli. Come spesso avviene, quando vince la mentalità del “si salvi chi può” si finisce a “tutti contro tutti”.
I discepoli, infatti, si mettono a discutere tra di loro. La comunione è sempre molto delicata, si ferisce con poco. Quando è debole cresce la divisione in maniera sottile o manifesta, tanto che la comunità non cammina più perché presa dalle discussioni infinite e molto coinvolgenti (se ci appassionassimo così per discutere come rendere grandi i piccoli e forti i deboli e ricchi i poveri, come cambierebbe il mondo!), discussioni peraltro infinite e estenuanti, precedute e seguite da gelosie, silenzi, antipatie, radici di amarezza, calcoli, convenienze, confronti. Nella comunione tutto è nostro, tutto è mio perché tutto è donato agli altri. Gesù ci invita ad essere grandi, ma per davvero e insieme, non senza gli altri o sopra gli altri, ma servendosi cioè legandosi l’uno all’altro.
Oggi inizia il Sinodo generale della Chiesa cattolica e il Cammino Sinodale per la Chiesa in Italia e per la nostra Chiesa di Bologna. E questo è un dono di comunione. Vogliamo camminare tra tanti soggetti diversi, – quanta ricchezza! – per affrontare le tante sfide. Tutti siamo coinvolti, perché siamo tutti affidati alla stessa madre, ricordando che questa è affidata a ciascuno di noi. È nostra. Se è finita la cristianità, certo non è finito il cristianesimo. Abbiamo difficoltà, ma è vero ancora di più oggi che “siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati”.
Camminiamo assieme perché non vogliamo restare fermi, nell’immobilismo impaurito e vuoto, nel formalismo dell’accontentarsi della facciata, nell’intellettualismo delle “classificazioni ideologiche e partitiche e staccandoci dalla realtà del Popolo santo di Dio”. Non ci è chiesto un rilievo sociologico o di compiere qualche facile esercitazione interpretativa a poco prezzo! Ascoltare significa prendere sul serio, perché dopo dobbiamo cercare assieme le risposte. Ascoltiamo per crescere nella fraternità tra di noi e verso tutti, per capire il tesoro nei nostri vasi di creta e la grande sofferenza della folla che cerca proprio quel tesoro che portiamo con noi. Quante volte, invece, ci sembra di non esser presi sul serio oppure pensiamo che abbiamo ragione noi parlando sopra gli altri, rendendo il Vangelo lontano e troppo difficile. Il Vangelo è esigente, ma è possibile, giogo dolce e leggero, per i piccoli!
Cerchiamo ognuno di noi tante occasioni di ascolto del prossimo, chiunque esso sia, ovunque, perché tutto ci riguarda, perché “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. E quante la pandemia ce ne ha mostrate. È la Chiesa di sempre che vive nel tempo, eredità affidata dal Signore e sempre umana, verticale e orizzontale, popolo di Dio perché solo in esso si comprende il servizio alla comunione della gerarchia.
Oggi, anniversario della morte, ricordiamo il Cardinale Lercaro, e con lui tutti i nostri pastori e i tanti fratelli e sorelle che si sono succeduti e che hanno dato la vita per la nostra Chiesa, cammino che viene da lontano e nel quale vogliamo inserirci con speranza. Lercaro andava nelle periferie della città per costruire le chiese: occorre andar lì per trovare futuro. Scriveva proprio in quegli anni: “Il Concilio è il desiderio, l’ansia della Chiesa di andare incontro al mondo perché è sentita l’urgenza di non restare su posizioni negative e di difesa, e piuttosto che pronunciare condanne e anche di definire nuovi dogmi, cercare in un linguaggio più persuasivo per gli uomini d’oggi, onde comunicare efficacemente a tutti la parola del Vangelo”.
Iniziamo con la sobria ebbrezza del Concilio, come disse Papa Benedetto, il nostro cammino sinodale. Camminare per andare in quelle periferie umane, dei tanti che secondo il mondo non hanno valore, e qualche volta anche noi finiamo per crederlo! Camminare ci farà ritrovare la consapevolezza di quello che siamo, la gioia di essere comunità, ci insegnerà a riscoprire la bellezza della relazione gratuita con tutti i fratelli, e ascoltando troveremo le risposte necessarie, non viceversa. Il vero atteggiamento da cui iniziare è la preghiera, perché è solo lo Spirito che tesse la comunione e rende nuovo ciò che è vecchio. Lo Spirito ci libera dalla paura e dalla presunzione e ci dona la vera forza e il santo timore.
All’inizio di questo cammino chiediamo perdono per i tanti tradimenti dell’amore che il Signore ci ha affidato, per le resistenze e gli atteggiamenti superiori, da grandi secondo il mondo e non da servi come richiesto. Ci siamo indignati tra di noi invece di indignarci per tanta sofferenza e per i frutti del male! Per camminare assieme non dobbiamo essere uguali, ma saperci aspettare e muovere insieme. Per camminare dobbiamo essere in comunione e liberarci quindi dall’inquinamento del divisore per cui “il mondo ci vede di destra e di sinistra, con questa ideologia, con quell’altra. Lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù”. Se non c’è lo Spirito non ci sarà Sinodo e Nicodemo resterà vecchio. Camminiamo sempre con gioia e fiducia, con la semplicità del Vangelo e con la bellezza di questa famiglia madre accogliente, che serve e ci ricorda quanto ciascuno di noi serve.
Spirito Santo, Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo fedele di Dio. Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra. Amen.
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