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martedì 26 ottobre 2021

Conclusa la vicenda giudiziaria di Eitan, una buona notizia? Riflessioni di Alberto Pellai e Massimo Gramellini

Eitan non può essere la toppa 
per sanare la lacerazione di due famiglie
di Alberto Pellai

E' stato disposto che il piccolo Eitan torni in Italia. Potrà essere una buona notizia quando il bambino non sarà considerato come una pallina di un flipper ma potrà esprimere anche la sua opinione ad adulti che considerano primario il suo interesse e non le proprie esigenze 


Eitan tornerà in Italia. Può sembrarci una bella notizia. E forse oggettivamente per il bambino lo è. Tutti noi crediamo che il suo essere prelevato (ma forse dovremmo dire rapito) dal nonno materno senza alcun accordo con gli zii che si stavano occupando di lui dopo la tragedia del Mottarone, era la cosa più sbagliata che potesse accadere a un bambino già traumatizzato dalla vita. E quindi non bisognoso di altri strappi e altre discontinuità. Sapere che tornerà dagli zii comporta però un ennesimo ribaltamento del palinsesto della sua vita. Alla fine, ci sembra di poter dire che questo bambino sembra correre sulla pista della vita, come fa la pallina del flipper: viene sbattuto di qua e di là, spostato a seconda di come gli altri decidono per lui. In casi come questi è fondamentale che anche il bambino possa dire la sua, possa far comprendere a chi deve decidere per lui che non è un pupazzo che può essere appoggiato ora qui, ora lì. Questo la legge lo prevede e probabilmente diventerà decisivo farlo succedere in una contesa che vede ormai due famiglie in guerra e che rischia di far percepire ad Eitan un clima di costante incertezza e vulnerabilità, dal quale lui non può sottrarsi in autonomia. La fatica enorme oggi non è solo quella di ridare tranquillità e un senso di protezione e sicurezza a un bambino che ne ha bisogno più di qualsiasi altra cosa. La fatica enorme oggi è anche quella di far comunicare tra loro due famiglie devastate dal dolore che hanno trovato in Eitan un motivo per aggrapparsi all’ultimo “scampolo” di vita rimasto a disposizione, per mettere una toppa a una lacerazione della vita che altrimenti sembrerebbe irreparabile. Eitan non può essere quella “toppa” che copre lo squarcio che ha frantumato l’esistenza di due famiglie. E queste due famiglie devono compiere un’impresa impossibile ora: ovvero ridare senso prima alla vita di Eitan. E solo poi - e di conseguenza - anche alla propria. A volte mettere l’interesse del bambino davanti a tutto (e questo è ciò che fa la legge) significa anche fare la cosa migliore per gli stessi adulti che di quell’interesse devono diventare garanti e tutori. La legge oggi riporta in Italia Eitan. Questa sarà una buona notizia quando anche nonni e zii comprenderanno che la legge – facendo il bene di Eitan – sta indicando a tutti qual è la direzione che oggi tutti devono imparare a percorrere.
(fonte: Famiglia Cristiana 25/10/2021) 

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Una giudice a Tel Aviv
di Massimo Gramellini 


La sentenza con cui la giudice israeliana Iris Ilotovich-Segal ha dato ragione al ramo italiano della famiglia del piccolo Eitan ci ricorda qualcosa che forse stavamo un po’ dimenticando: la grandezza e l’unicità (anche la solitudine) della democrazia. Una democrazia potrà commettere un sacco di sciocchezze e di soprusi, e in effetti ci riesce benissimo, in Israele come altrove. Ma, con buona pace di chi rimpiange o auspica i regimi forzuti, rimane l’unico che garantisce la separazione dei poteri. Il nonno materno aveva sottratto Eitan ai parenti di Pavia perché intendeva farlo crescere in Israele, educandolo nei valori della tradizione. Ebbene, la magistrata di Tel Aviv sua connazionale non ha consultato la tradizione, ma i codici. E ha deciso che il bambino, sopravvissuto alla tragedia della funivia che lo ha reso orfano, deve vivere con chi ne ha la tutela, cioè con la zia di Pavia.

Immaginate lo stesso processo in qualche altro Stato dell’area mediorientale — dall’Egitto di Regeni e Zaki in giù —, per tacere di quelli più a Est che fanno battere il cuore ai sovranisti nostrani. Un nonno che avesse preteso la custodia del nipote brandendo i totem del nazionalismo e della religione avrebbe vinto a mani basse, e forse la controparte non sarebbe stata neanche ammessa in giudizio. Comunque la si pensi sulle sue politiche, valgono per Israele le parole con cui Churchill definiva, appunto, la democrazia: il peggiore sistema che esista, esclusi tutti gli altri.
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