Ru486. L'aborto diventa fai-da-te:
conquista della società
o sconfitta dell'umanità?
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Aborto, pubblicate le nuove linee guida sulla Ru486
Il ministero della Salute ha pubblicato le nuove linee guida sull'aborto farmacologico, che annullano l'obbligo di ricovero dall'assunzione della pillola Ru486 fino alla fine del percorso assistenziale e allungano il periodo in cui si può ricorrere al farmaco fino alla nona settimana di gravidanza. Lo ha annunciato una circolare ministeriale. Le nuove linee guida accolgono il parere del Consiglio Superiore di Sanità pubblicato lo scorso 4 agosto, e raccomandano anche "di effettuare il monitoraggio continuo ed approfondito delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza con l'utilizzo di farmaci, avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all'estensione del periodo in cui è consentito il trattamento in questione". Il farmaco era stato approvato dall'Aifa nel 2009, ma l'impiego era limitato al regime di ricovero per i tre giorni necessari, anche se molte regioni con ordinanze proprie permettevano invece il day hospital. Proprio la decisione della governatrice dell'Umbria Donatella Tesei di annullare la delibera della precedente amministrazione che permetteva il day hospital ha portato il ministro della Salute Roberto Speranza a chiedere un parere al Consiglio Superiore di Sanità, che ha quindi rimosso il vincolo. Il parere è stato accolto da forti polemiche da parte del mondo 'pro life', contrario all'estensione, che invece, si legge anche nella circolare ministeriale, è la prassi in molti altri paesi. "Tenuto conto della raccomandazione formulata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - scrive infatti il ministero - in ordine alla somministrazione di mifepristone e misoprostolo per la donna fino alla 9° settimana di gestazione, delle più aggiornate evidenze scientifiche sull'uso di tali farmaci, nonché del ricorso nella gran parte degli altri Paesi Europei al metodo farmacologico di interruzione della gravidanza in regime di day hospital e ambulatoriale, la scrivente Direzione generale ha predisposto le "Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine".
(fonte: Ansa 13/08/2020)
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EMMA CICCARELLI A ROBERTO SPERANZA:
«RIVEDA LA SUA SCELTA!»
Il ministro della Salute annuncia con un tweet che si potrà assumere la pillola che interrompe la gravidanza senza ricovero e fino alla nona settimana. L'appello della vicepresidente del Forum delle famiglie: «Spegnere un cuore che batte e assistere all'espulsione in solitudine... Non ci si può nemmeno pensare»
Emma Ciccarelli, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari nazionale |
«Io spero che questa decisione non sia stata autorizzata dal Consiglio Superiore di Sanità perché le linee guida parlavano di sette settimane, mentre il ministro Roberto Speranza ha allungato a nove. Il sospetto è che sia un imbroglio di ferragosto, ossia fatto in un periodo in cui si è distratti dalle vacanze, per risparmiare sulle spese della sanità. Ma il prezzo più grave da pagare è lasciare le donne sole in un momento tragico e delicato a livello emotivo. Sole a gestire in autonomia una scelta e un processo farmacologico che potrebbe avere anche conseguenze pericolose per la salute della donna».
Una scelta che va rivista, allora.,..
«Assolutamente sì. Voglio sperare che sia solo un'iniziativa personale del ministro, ma che non venga applicata. In un momento di forte depressione demografica poi è davvero un controsenso. Mi preoccupa, poi, che in tutte queste decisioni il feto non viene proprio preso in considerazione, completamente ignorato. Abortire non è come togliere un neo, bisogna confrontarsi con il senso che si da alla vita umana, bisogna confrontarsi con il fatto che i soggetti coinvolti nell'aborto sono 2: la donna e il suo bambino. Sono risposte importanti che richiedono tempo, serenità e consapevolezza. Condizioni non presenti in chi in preda alla paura ricorre ad aborto. Oggi il ministro Speranza vuole allungare questo tempo fino alla nona settimana, è impensabile. Spegnere un cuore che batte e assistere all'espulsione in solitudine... Non ci si può nemmeno pensare».
Eppure a detta di qualcuno sono “Scelte emancipate”?
«Dove sta l'emancipazione se già solo, per esempio, non viene coinvolto il partner in questa vicenda? Le pari opportunità qui non hanno voce. Eppure nel concepimento agiscono due soggetti: il padre e la madre; il primo non viene nemmeno preso in considerazione. Così facendo non si fa che aumentare le distanze tra uomo e donna. La donna diventa madre da quando concepisce, non dopo. Una responsabilità che è molto pesante da portare avanti da sole; coinvolgere il partner, responsabilizzarlo aiuta entrambe. Perché continuiamo nella assurda idea di estromettere gli uomini da questa scelta?».
E la donna non fa altro che essere ancor più sola...
«Quando, invece, è un momento di grande confusione emotiva e avrebbe bisogno di qualcuno che affronti insieme a lei questo momento che la aiuti a mettere ordine alle sue priorità».
Su cosa è necessario lavorare?
«Sull'educazione all'affettività e alla sessualità dei nostri giovani. Conoscere la propria fertilità, capire il senso dei gesti affettivi, il valore e la bellezza della sessualità e saperla vivere con responsabilità è un servizio che gli adulti possono offrire ai giovani. Questo sul fronte della consapevolezza. E poi lavorare per fornire gratuitamente certi servizi di sostegno e accompagnamento psicologici e di consulenza dove chiedere aiuto. Un tempo c'erano la Chiesa e il confessore che assolvevano a questo ruolo; in uno stato laico io auspico che ci siano opportuni sportelli che aiutino la donna a gestire con lucidità i motivi che creano forte stress emotivo, disorientamento e paura. In fondo sono gli articoli 2 e 5 della legge 194 che chiedono ancora attuazione».
Che motivazioni incontra come consulente familiare all'aborto?
«Spesso quello che spinge una donna a fare questa scelta è la paura o la pressione psicologica di terze persone. In entrambi i casi succede raramente che vi sia piena consapevolezza delle proprie azioni, più frequente invece predomina paura irrazionale, scarsa autostima, sudditanza psicologica. La paura e il disorientamento sono legittimi, ma vanno accompagnati e gestiti. Aiutare la donna a confrontarsi con la realtà e con le diverse implicazioni della sua scelta è già un buon servizio. Dobbiamo aiutare le giovani generazioni ad avere un forte rispetto della propria persona e a superare l'immaturità. Dobbiamo aiutare a maturare nella consapevolezza delle proprie azioni perché crescere un figlio richiede responsabilità. Quando aspetti un figlio e arriva inaspettato ti si chiede di crescere e fare un salto di qualità. Allora io dico: vogliamo tenere i nostri giovani eterni Peter Pan o aiutarli ad essere gli uomini e le donne di domani?».
(fonte: Famiglia Cristiana 10/08/2020)
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Parole di speranza in un dramma
La bella testimonianza di don Andrea Lonardo
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Lettera aperta ai presidenti di Regione di Eugenia Roccella e Assuntina Morresi, le due esperte co-autrici delle linee guida ministeriali di dieci anni fa
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Catia (il nome è di fantasia), 38 anni, ortopedico, è arrivata a Ravenna per curarsi dalle devastanti conseguenze psicologiche di un aborto farmacologico vissuto in solitudine, senza ricovero. E sulle nuove linee guida annunciate dal ministro Speranza che prevedono il Day hospital e l'estensione a 9 settimane per l'aborto con Ru486 dice: "Non mettiamo l'economia prima delle persone. Abbiamo già visto quanti danni può fare"
Il Monumento al bambino mai nato di Martin Hudáček, a Bardejovska Nova Ves, in Slovacchia |
... “Credo che dietro provvedimenti come quelli annunciati ci siano ragioni economiche. Lo vedo nel mio lavoro quotidiano. Un ricovero allo Stato ‘costa’ molte centinaia di euro (varia da regione a regione, da Asl ad Asl) al giorno. Nel mio campo, interventi più semplici come l’artroscopia sono stati progressivamente passati in regime di Day Hospital: ma per l’artroscopia ha un senso. Per un aborto no. L’economia è più importante della persona: abbiamo visto con Covid 19, però, quanti danni ha fatto questa logica”. Catia non si capacita: “Prima di decidere bisognerebbe calarsi nel dolore delle donne”. Un dolore che è così profondo e senza speranza perché deriva dal vivere e ri-vivere la morte di un essere umano, un figlio.
E se glielo chiedi, il suo dolore oggi (dopo mesi di terapia) lo sa spiegare limpidamente. Son parole che colpiscono al cuore: “E’ una cicatrice che resta sempre. ...
Leggi tutto: Ru 486, la drammatica testimonianza di chi l’ha vissuto: donne lasciate sole col loro dolore
(fonte: Risveglio 2000 11/08/2020)
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Anche i Santi hanno bisogno di segni dal Cielo. Per tutta la vita, don Oreste Benzi ha denunciato pubblicamente i 'fabbricanti di morte'. Si riferiva anche a coloro che spengono vite indifese nel grembo materno. Una battaglia controcorrente, condotta con forza dirompente. Il messaggio doveva essere chiaro. A costo di utilizzare un linguaggio, secondo molti, eccessivamente duro. «Mamma, non farmi a pezzi, salvami! », ripeteva il sacerdote 'contemplattivo' che si rafforzava nella convinzione della necessaria denuncia quanto più gli intimavano di fermarne lo 'scandalo'. In tanti, anche nella comunità scientifica, criticavano in malafede don Oreste. Il parroco degli ultimi richiamava l’urgenza di salvare il nascituro, non accusava la donna colpevolizzandola ingiustamente. A sentirsi in difetto dovevano essere tutti gli 'attori' della vita: genitori, famiglie d’origine, società, comunità. Don Oreste non ce l’aveva con la mamma, anzi cercava di sollecitarla a prendere consapevolezza di un abominio: l’aborto. ...
Leggi tutto: Senza condanna né requie come quel «santo testardo»