Più risorse per garantire cibo, salute e lavoro
di suor Alessandra Smerilli
La pandemia, che è un male comune, ha fatto emergere in modo esperienziale l’importanza del bene comune. Come ci ha ricordato Papa Francesco, nessuno potrà farcela da solo. Un male comune e globale si affronta solo se comprendiamo di essere tutti legati: umanità dal destino comune. Se ne esce solo con l’impegno di tutti.
La pandemia ha rivelato le nostre fragilità, a partire dai sistemi sanitari: le dimensioni e la gravità della pandemia ha messo in difficoltà anche sistemi sanitari ben finanziati. Oltre a esercitare pressione sui sistemi sanitari, la pandemia ha anche provocato un aumento drammatico di forniture mediche essenziali. Abbiamo capito che i sistemi sanitari in tutto il mondo hanno bisogno di maggiori investimenti di qualità. Abbiamo bisogno di protezione nei confronti delle malattie trasmissibili, e di investire in prevenzione: il covid-19 ha rivelato l’insufficiente finanziamento delle cure per le malattie trasmissibili nel cuore di molti sistemi sanitari. In questo momento abbiamo bisogno di un vaccino.
La pandemia ha rivelato la vera portata della nostra interconnessione. Sappiamo che la salute è un bene comune globale e che anche i servizi di prevenzione e cura devono essere globali. In particolare, la salute globale deve essere considerata un bene comune nel senso che tutti ne hanno diritto, ma anche pari responsabilità nel promuoverla.
La recessione economica che sta attraversando e attraverserà tutto il mondo provocherà lo spiazzamento di milioni e milioni di posti di lavoro. La crisi economica e sociale potrebbe avere dimensioni disastrose. Inoltre, la pandemia ha accelerato la transizione tecnologica e digitale: in 8 settimane abbiamo fatto passi in avanti di 5 anni, e questo velocizzerà la perdita di posti di lavoro.
Le vie di uscita ci sono, ma richiedono capacità di visione, coraggio e collaborazione internazionale. Nessuno Stato potrà farcela da solo. Investimenti in sanità e cura, transizione ecologica, riqualificazione dei lavoratori e aiuto alle imprese che subiranno inizialmente danni dalla transizione. Di tutto questo abbiamo bisogno, e per farlo sono indispensabili ingenti investimenti pubblici.
Papa Francesco ci ha chiesto soluzioni creative. E allora ci chiediamo: se invece di fare la corsa agli armamenti, facessimo la corsa verso la sicurezza alimentare, di salute e lavorativa? Cosa chiedono i cittadini in questo momento? Hanno bisogno di uno Stato militarmente forte, o di uno Stato che investa in beni comuni? Come ogni cittadino vorrebbe che fossero spesi i propri soldi oggi? Ha senso continuare a fare massicci investimenti in armi se poi le vite umane non possono essere salvate perché mancano le strutture sanitarie e le cure adeguate? La spesa militare nel mondo nel 2019 ha raggiunto il livello più elevato. Se ho una persona malata in famiglia e ho bisogno di spendere per le cure, non indirizzerò tutte le mie risorse per curare il mio familiare?
Non voglio banalizzare, ma siamo nel momento in cui dobbiamo comprendere dove indirizzare le risorse in un momento di cambio epocale. Oggi la prima sicurezza è quella della salute e del well-being. A cosa servono arsenali per essere più sicuri, se poi basta una manciata di persone infette per far dilagare l’epidemia e provocare tante vittime? La pandemia non conosce confini.
Sappiamo bene che il tema è più complicato di quello che sembra: la corsa agli armamenti è un dilemma che vede gli Stati, per paura degli altri Stati, o per voler primeggiare, continuare ad aumentare i propri arsenali militari. Ma questo genera un circolo vizioso che non finisce mai, spingendo ad aumentare sempre più le spese militari. È una competizione posizionale che spinge a spese irrazionali pur di mantenere le proprie posizioni. Tale tipo di corsa si arresta solo con una volontà collettiva di autodelimitazione. Abbiamo bisogno di leader coraggiosi che dimostrino di credere al bene comune, che si impegnino per garantire quello di cui oggi c’è maggior bisogno. Abbiamo bisogno di un patto collettivo per indirizzare le risorse per la sicurezza nella salute e per il benessere.
(fonte: L'Osservatore Romano 07/07/2020)
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