Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 11 luglio 2020

San Benedetto da Norcia Patrono d’Europa - Medaglia - Preghiera - In principio l’ascolto di Antonio Savone




Il Santo di Norcia ha segnato il Medioevo europeo occidentale in maniera decisiva

Fu Paolo VI, a proclamare San Benedetto, il 24 ottobre 1964, Patrono d’Europa. Il pontefice aveva ben in mente la meravigliosa opera svolta dal Santo – mediante soprattutto la Regola, denominata, appunto, benedettina – per la formazione della civiltà e della cultura europea. Con la sua Lettera apostolica “Pacis nuntius”, con queste parole, papa Montini, descriveva il famoso abate:

“Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto Abate. Al crollare dell'Impero Romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d'Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l'aurora di una nuova èra. Principalmente lui e i suoi figli portarono con la croce, con il libro e con l'aratro il progresso cristiano alle popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall'Irlanda alle pianure della Polonia. Con la croce, cioè con la legge di Cristo, diede consistenza e sviluppo agli ordinamenti della vita pubblica e privata. (…) Fu così che egli cementò quell'unità spirituale in Europa in forza della quale popoli divisi sul piano linguistico, etnico e culturale avvertirono di costituire l'unico popolo di Dio; unità che, grazie allo sforzo costante di quei monaci che si misero al seguito di sì insigne maestro, divenne la caratteristica distintiva del Medio Evo”.


*********

In principio l’ascolto
San Benedetto
di Antonio Savone

Tra le tante parole che Benedetto avrebbe potuto privilegiare per sintetizzare il senso della sua scelta di vita, ne sceglie una: ascoltare. La sua regola di vita, infatti, si apre proprio con questa espressione: “Ascolta, figlio, gli insegnamenti del Maestro”. Benedetto intende la vita spirituale come mettersi a una scuola, come vivere un rapporto. Sa bene, infatti, che per l’esperienza del peccato originale, tale rapporto è stato intaccato, non è più spontaneo, è da ricercare, da custodire. Dio parla ma non è detto che lo si ascolti, Dio ci visita ma non è scontato che lo si riconosca. L’autore della Lettera agli Ebrei sostiene che Dio parla “in diversi modi” e da ultimo ci ha parlato “per mezzo del Figlio”. Per questo Paolo potrà affermare che “la fede nasce dall’ascolto”. Non è un caso che le nostre giornate si aprano proprio con l’invito a noi rivolto dal Sal 94: “Ascoltate oggi la sua voce, non indurite il vostro cuore”.

Tutti siamo stati educati a parlare, a leggere, a scrivere. Siamo stati, invece, educati all’ascolto?

Un proverbio chassidico dice che l’uomo ha due orecchi e una bocca: una sola bocca per parlare ma due orecchi per ascoltare perché l’ascolto è più fondamentale che non il parlare.

Perché l’ascolto è prioritario? Perché è forma prima della relazione. Non è forse vero che un muto è uno impedito nell’ascoltare? Ascoltare significa essere: solo chi è ascoltato, veramente è e solo colui che ascolta, veramente è come persona umana. Siamo creati a immagine e somiglianza di un Dio che è relazione interpersonale: il Padre è un eterno ascolto del Verbo e il Verbo è un eterno ascolto del Padre nella relazione del Soffio reciproco.

A livello umano tutti conosciamo il dramma di chi non è ascoltato e di chi non ascolta: se una persona diventa per me un’abitudine, la vedo, la sento parlare, la tocco, ma non l’ascolto è come se quella persona fosse cancellata dalla mia vita. Se Dio è un’abitudine, Dio non esiste perché Dio o mi interpella, mi scuote, mi tormenta, mi disturba e mi consola e allora è Dio o, se mi lascia indifferente, non è più Dio, è un’idea, è un idolo.

La prima terapia è l’ascolto: ogni ascolto, se è veramente umano, è già terapeutico. Non è così importante avere la parola idonea, significativa, è molto più importante un ascolto genuino.

Il vedere accade in un attimo: basta un clic per catturare un’immagine. Non così per l’ascolto perché esso accade nel tempo: occorre una successione di sillabe, di parole, di discorso perché io veramente ascolti: non basta un attimo. Per questo l’ascolto domanda continuità, pazienza, progressività.

Il discepolo è colui che colloca la sua vita di fede nell’ascolto. Oggi esiste molto nel mondo cattolico il rischio di privilegiare la militanza sul discepolato. Una chiesa molto preoccupata di missionarietà ma che in fondo non sottolinea sufficientemente l’ascolto. Una militanza senza discepolato è estremamente pericolosa perché può portare a tutti i fanatismi. Certo, noi siamo anche degli annunciatori appassionati del regno di Dio, pronti a dare la vita, ma solo nella misura in cui siamo discepoli. Discepolo viene da discere che vuol dire imparare. La mia natura profonda di cristiano e di consacrato è di essere discepolo, colui che impara, colui che ascolta.

“Faite moi toute enseignable” (Elisabetta della Trinità): fatemi tutta insegnabile. In italiano è tradotto “docile”, ma è diverso “insegnabile”. Ch’io sia insegnabile, ammaestrabile dall’ascolto della Parola di Dio!

Comprendiamo perciò perché quando Salomone dovrà assumere il regno d’Israele, a Dio che gli offriva qualunque cosa egli avesse chiesto, domandò ciò che è più indispensabile: un cuore capace di ascolto.

L’ascolto della Parola, infatti, ci conduce al primo dei doni dello Spirito, alla sapienza, che è la capacità di gustare le cose come le gusta Dio, vedere le cose come le guarda Dio. Se la scienza, infatti, mira a riconoscere le tracce di Dio nelle cose, la sapienza, invece, legge le stesse cose alla luce di Dio.

All’ascolto, dunque, ci si educa. Come?
  • Imparando a fare silenzio, a stare un po’ con se stessi. Dio fa fatica a entrare nel nostro cuore nel frastuono; affaccendati e distratti come siamo, anche se sentiamo non ascoltiamo veramente!
  • Prendendo coscienza del bisogno che si ha di apprendere. Io ho bisogno di essere ammaestrato da Dio ogni giorno e chi crede di sapere non è aperto all’ascolto, e nemmeno al dialogo.
  • Coltivando la purezza del cuore, cioè una grande libertà interiore. Quali sono i miei piccoli o grandi attaccamenti/condizionamenti?
  • Ci si educa all’ascolto attraverso un’umile pazienza.
(fonte: A casa di Cornelio)