Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



martedì 24 settembre 2019

Il caso - Il tempo del Sinodo di Alberto Melloni

Il caso 
Il tempo del Sinodo 
di Alberto Melloni

Pubblicato su "La Repubblica"
il 23 settembre 2019



Il «probabile Sinodo della Chiesa italiana» - definito così dal Papa - è a uno snodo decisivo.
Il Consiglio di presidenza della Cei che si riunisce oggi dovrà decidere se avviare almeno un pensiero su questo tema e farlo «sparire» (cito il Papa), come ha fatto col discorso bergogliano del 2015 a Firenze: «Entrato nell' alambicco delle distillazioni intellettuali» e «finito senza forza, come un ricordo».

Da maggio la Cei sa che non potrà rimettersi ai voleri del Papa.

Quando Francesco ha capito che i vescovi, per ossequio e malavoglia, lo potevano seguire ha reagito con una bacchettata severissima. Con un gelido comunicato il Papa ha fatto intendere che se si trattava di fare un Sinodo per conformismo, lui - primate d' Italia - preferiva "frenare". 
E da una settimana sanno che il tema non è cancellato dalla loro agenda.

Giovedì scorso La Civiltà Cattolica (le cui bozze si leggono in Segreteria di Stato) è tornata sul Sinodo con un saggio di padre Bartolomeo Sorge.

L' anziano gesuita ha evocato il primo convegno della Chiesa italiana su "Evangelizzazione e promozione umana", che nel 1976 fu molto partecipato e vivo: però, proprio perché fatto al posto di un Sinodo, risultò incapace di impedire una lacerante politicizzazione della fede; e ha scritto che, dopo l' età ruiniana di deresponsabilizzazione dei vescovi, il convegno di Firenze del 2015 aveva aperto un cammino - interrotto però di nuovo.

Cammino - chioso io - che se non diventerà sinodale, non saprà resistere alla divisione della Chiesa che è l' obiettivo delle destre palesi e occulte; con ricadute che non riguardano il "voto cattolico", ma la democrazia.

Non si tratta infatti di decidere se chiamare Sinodo un convegno, se metterci "più laici e più donne" per decorare il nulla. Si tratta del modo di dire la fede delle chiese locali e della responsabilità "pastorale" (nel senso di Papa Giovanni) dei vescovi.

I quali vescovi da anni si accontentano di rinviare la questione Sinodo come fosse un pallino gesuita o la leva per migliorare gli incassi politici alla prossima crisi o riscrivere liste di valori su cui riaggregare le destre confuse o cantare in coro la lisa canzone del "bene comune".

Senza un atto di responsabilità sulla "sinodalità dall' alto e dal basso" i vescovi perderanno autorevolezza: e di vescovi autorevoli hanno bisogno la Chiesa e il Paese. Lo si è capito quando mezz' Italia ha visto che Giuseppe Conte era stato più severo dei vescovi davanti all' abuso blasfemo delle devozioni cattoliche più dolci.

O quando Andrea Orlando, annunciando la sua scelta di lavorare nel partito, li ha surclassati nell' indicare nella società il luogo in cui stare, per una lotta al cancro dell' odio e della paura che deve ancora iniziare.

Il "probabile Sinodo per la Chiesa italiana" ne è parte perché è lo snodo liturgico in cui il rinnovamento interiore della Chiesa cattolica nella fedeltà al Vangelo può annaffiare le tante radici della democrazia italiana. E Dio sa se non son secche