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sabato 8 giugno 2019

Il solidarismo «operativo» della nostra Costituzione di Bruno Forte


Il solidarismo «operativo» 
della nostra Costituzione
di Bruno Forte 
*Arcivescovo di Chieti-Vasto





Sono sempre di alta rilevanza morale e politica gli indirizzi che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dà al Paese e a chi lo governa. Mi sembra però di particolare significato quanto ha scritto ai Prefetti in occasione della festa della Repubblica, 73° anniversario del referendum costituzionale del 2 Giugno 1946: richiamando i valori fondanti di libertà, democrazia e uguaglianza, che sono alla base della Carta repubblicana, il Presidente ha evidenziato l’esigenza di coniugare la pluralità e la diversità, garantite dalla Costituzione, con l’unità inscindibile della Nazione, la conseguente importanza della coesione sociale e istituzionale a tutti i livelli, la tutela della sicurezza e della democrazia, l’urgenza di anteporre il bene generale alle convenienze particolari e di adempiere agli inderogabili doveri della solidarietà verso i più deboli e bisognosi

Temi tutti che sono al centro dell’attuale dibattito politico, anche se declinati in forme spesso contraddittorie fra loro. L’unità della Repubblica, letta alla luce del testo costituzionale, è tutt’altro che una piatta uniformità, vive anzi e si fortifica — scrive Mattarella — «nella leale collaborazione fra lo Stato e le autonomie, nella sinergia fra i livelli di governo, nell’esercizio quotidiano dei principi di solidarietà e sussidiarietà, finalizzati ad assicurare l’unità della nazione insieme all’efficacia dell’azione pubblica». Nella visione del Presidente l’Italia non ha bisogno di avventure legislative finalizzate a creare disparità, dove parti del Paese siano privilegiate rispetto ad altre perché più floride e produttive. Lo spirito della Carta costituzionale è che, lì dove ancora sussistano disparità, sia compito della politica provvedere a superarle, non certo a enfatizzarle o a usarle strumentalmente a favore di alcuni e a scapito di altri. 

La levatura morale e lo spirito democratico del Presidente si propongono qui come antidoto ai particolarismi egoistici di alcuni e alle pressioni strumentalizzanti di altri, affinché il Paese imbocchi la strada della valorizzazione delle autonomie inseparabilmente dalla tutela della pari dignità di tutti i cittadini e delle aree geografiche che lo compongono

Certamente Mattarella non ignora che questo impegno esige la collaborazione di tutti, a cominciare dal protagonismo attivo e responsabile delle autorità e agenzie imprenditoriali locali, e lo fa capire stimolando i Prefetti a farsi carico del compito «di favorire un’efficace sintesi delle complessità e di porsi al servizio delle istanze dei territori, non solo per farsene interpreti presso le autorità centrali di governo, ma anche per offrire soluzioni stimolando intese e collaborazioni in sede locale». 

Una seconda istanza su cui il Capo dello Stato sollecita l’attenzione è quella ampiamente avvertita dai cittadini, e perfino esasperata da alcune parti politiche, della sicurezza e della tutela delle istituzioni democratiche, ad essa necessariamente connessa: scandali recenti a livello di azione politica ed anche, sembra, di potere giudiziario, mostrano la pertinenza della sottolineatura riguardante «la fondamentale azione rivolta alla prevenzione di possibili forme di condizionamento delle amministrazioni locali da parte della criminalità organizzata» e «l’esigenza di combattere i fenomeni di mafia e corruzione che sottraggono illecitamente risorse alle collettività e alle loro prospettive di crescita, alterando gli equilibri di mercato e le dinamiche competitive fra operatori economici». Senza una simile vigilanza anche l’impegno a tutela della sicurezza resterebbe indebolito: occorre che tutti conoscano e attuino «lo spirito della Costituzione repubblicana, dei diritti e doveri dei cittadini che essa proclama, così come dei limiti che pone alle autorità, nel segno del primato della legalità». 
Il Presidente fa cenno all’impegno fondamentale delle forze di Polizia, ma sembra non di meno richiamare la necessità di rafforzare in tutti «la fiducia nelle istituzioni democratiche», sì da prevenire «possibili spinte irrazionali alla violenza e al rifiuto delle regole»

Non credo si sbaglierebbe a leggere qui un riferimento all’urgenza di dare il giusto rilievo nell’educazione dei giovani alla conoscenza della Carta costituzionale e dei valori fondanti che la ispirano e che, com’è noto, si rifanno al «Codice di Camaldoli», redatto nell’estate del 1943 proprio da un gruppo di giovani, universitari cattolici intenzionati ad aiutare la rifondazione del Paese dopo la tragedia del totalitarismo e della guerra. Infine, Mattarella ha voluto sottolineare come «il sentimento di appartenenza ad una comunità coesa e solidale si cementi, altresì, attraverso l’equilibrato contemperamento degli interessi… alla ricerca di un punto di incontro che anteponga il bene generale alle convenienze particolari». Si tratta di un richiamo al principio fondamentale dell’etica pubblica, come della dottrina sociale della Chiesa, del primato del bene comune, che risulta tanto più attuale in quanto — afferma il Presidente — «le incertezze del ciclo economico sembrano non offrire solide prospettive a molti lavoratori, soprattutto giovani, ed alle loro famiglie». Il rimando è agli «inderogabili doveri costituzionali di solidarietà», cui tutti siamo tenuti, e al valore «delle reti di protezione sociale attive sui territori, spesso con il concorso generoso del volontariato e dell’associazionismo, che meritano la stima e il sostegno delle istituzioni». 

Lungi da ogni statalismo, come da ogni liberalismo esasperato, Mattarella invita a ispirarci tutti al solidarismo proposto dalla nostra Costituzione, non riducendolo a generico richiamo, ma facendone una norma operativa per le scelte politiche e sociali di cui il Paese ha urgentemente bisogno, specie nel sostegno alle famiglie, alla natalità e all’offerta di possibilità e mezzi in campo educativo e lavorativo, da rendere reale ed efficace per tutti coloro che, cittadini da sempre o immigrati, costituiscono la grande famiglia dell’Italia attuale. Un programma esigente e concreto al tempo stesso, cui è auspicabile che nessuno voglia sottrarsi

(fonte: Corriere della Sera del 6 giugno 2019)