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mercoledì 26 giugno 2019

DECRETO (IN) SICUREZZA BIS. GETTIAMO TUTTI LA MASCHERA

NIGRIZIA - EDITORIALE - LUGLIO / AGOSTO 2019

DECRETO (IN) SICUREZZA BIS.
GETTIAMO TUTTI LA MASCHERA



Scriviamo a te amico. Amica. Che leggi ma anche che non leggi, a prescindere. Che non vuoi ascoltare. Vorremmo raggiungerti per un attimo. Anche per radio o guardandoti in volto. Prenderti due minuti. Non per convincerti, ma per lasciarci scuotere dentro.

19 giugno 2019. Due barchette di legno approdano a Lampedusa con a bordo 45 persone. Fratelli e sorelle. Prima e sempre di essere migranti. Tra loro due bambini e una donna incinta. Tutti dall’Africa subsahariana. Mentre altri 43, fratelli e sorelle, attendono al largo sulla nave Sea Watch. Perché alcuni sì e altri no? Il diritto alla vita non è per tutti? O è solo per chi è già al sicuro?

In Occidente abbiamo fatto delle battaglie per i diritti umani. Ma erano i nostri e non degli altri. Allora scoperchiamola questa verità! Togliamo l’ipocrisia e diciamocelo con franchezza: qualcuno sulla terra è più importante di altri. Al mondo ci sono cittadini di serie diverse.

Chi è sbarcato lo ha fatto senza le luci dei riflettori. Chi resiste sulla nave è più visibile, più mediatico, più strumentale alla retorica dei porti chiusi.

Il decreto (in)sicurezza bis, firmato dal presidente della Repubblica il 15 giugno scorso, parla chiaro: inasprire le pene alle navi che approdano con migranti e mettere tutto sotto il controllo del Viminale. Si tratta di sicurezza di chi è a terra non di chi è in mare; di chi è barricato non di chi scappa.

Ma se ci pensiamo un attimo, non viene prima la sicurezza di chi è minacciato nella vita? Perché non diciamo forte e chiaro che questo decreto è contro la Costituzione e contro il vangelo? Contro sicuramente l’umano che ancora, speriamo, abbiamo in noi.

«Dov’è tuo fratello?» (Gn 4,9), chiede Dio a Caino che ha ammazzato suo fratello. Francesco, vescovo di Roma, lo ha detto l’8 luglio 2013 a Lampedusa e non smette di ricordarcelo. Quel grido risuona ancora oggi dentro le paure di un mondo che produce 70,8 milioni di rifugiati.

Siamo chiamati a schierarci tutti. Da umani prima che da cristiani. Per riconoscere fratello, sorella chi è nel ventre di una madre in attesa, ma anche chi ne è uscito, è debole ed è minacciato nell’esistenza. Grande o piccolo che sia. Battaglie sul tema dell’aborto ne facciamo tante. In nome della vita. E cosa facciamo per chi, questa vita, ce l’ha in balia delle onde?

L’umanità naviga in acque molto agitate. Questo sistema non funziona più. Ripartiamo dall’umano che è rimasto in noi. Che sa cogliere nell’altro noi stessi. Se affoga, anche noi andiamo a fondo.

Fratello, sorella. I due minuti sono finiti. Ora torniamo pure alla vita di sempre. In fondo c’è solo da cambiare il mondo.
(fonte: NIGRIZIA)