Poveri naufraghi, bombe e turisti.
Tre navi, due morali
In Italia ci sono "porti chiusi" che finalmente si aprono; "porti aperti" di nascosto che andrebbero sorvegliati, "porti canali" che sarebbero da spostare. E nell’approdo in queste banchine di tre navi – ognuna con carichi diversi: l’uno di vita, l’altro di morte, il terzo soprattutto di denaro – stanno racchiuse molte delle contraddizioni del nostro Paese.

E non c’è nulla da aggiungere: i naufraghi si soccorrono per dovere d’umanità e per diritto di legge, si salvano dalle onde e si portano in un "porto sicuro". Come non è Tripoli (dove altri profughi in queste stesse ore sono stati invece ricondotti) ed è invece Genova. Qui forze dell’ordine e tanti volontari di associazioni laiche e cristiane si sono presi cura delle persone, si sono chinati sulle sofferenze di donne e uomini, hanno cercato per loro un posto dove stare che non fosse una prigione.

Il secondo porto è invece quello di Cagliari, dove giovedì scorso si è infilata di sera, senza preavviso, la "Bahri Tabuk". Una nave saudita, giunta da Marsiglia per caricare anonimi container che in realtà celano bombe in grado di radere al suolo intere città. Sono gli ordigni fabbricati in Sardegna dalla Rwm che riesce a "oltrepassare" la legge che vieta al nostro Paese di commerciare armi con Paesi coinvolti in conflitti bellici, come in questo caso l’Arabia Saudita impegnata nella guerra in Yemen che sta mietendo decine e decine di migliaia di morti e ha provocato una terribile carestia con migliaia di bambini vittime di denutrizione.

Le bombe sono arrivate nel porto canale con la scorta privata dell’azienda, caricate con le gru e solo l’attento monitoraggio delle associazioni pacifiste ha potuto documentare quanto era avvenuto nel segreto d’un porto troppo aperto a potenze straniere.
Il terzo approdo, infine, è quello piuttosto disastroso della nave da crociera 'Msc Opera' domenica a Venezia, con lo speronamento di un vaporetto e il ferimento di quattro persone. È stato sollevato da anni il problema di queste enormi città-galleggianti che si infilano nel delicato tessuto dei canali di quella città scrigno, e altrettanto galleggiante, che è Venezia. La politica, però, a tutti i livelli e in maniera trasversale, non sembra volersi assumere l’onere di un progetto alternativo e soprattutto la responsabilità di una decisione.
Evidentemente troppo grandi sono gli interessi economici legati al turismo da crociera, da sconsigliare persino l’adozione del principio di precauzione, che avrebbe fatto dirottare le grandi navi da crociera quanto meno in banchine meno centrali. Un porto, che non è un porto ma un canale come quello della Giudecca, per puro interesse economico viene lasciato navigabile anche da giganti in grado di distruggere un’intera piazza senza che si alzi uno dei tanti ministri che oggi rivendicano poteri sulla navigazione per stabilire con una semplice ordinanza che 'no, da lì a Venezia non si passa più per motivi di sicurezza, punto'.
Sbarcano direttamente in centro città o salpano carichi di armi gli stranieri nei porti del nostro Paese. Purché, però, siano turisti abbienti o sceicchi con grandi eserciti. Uomini vittime di torture e donne violate e bambini alla fame, quelli no, non hanno approdo facile: non sono neppure persone, sono solo 'migranti', 'irregolari', 'clandestini', un peso per il contribuente.
(fonte: testo Avvenire, articolo di Francesco Riccardi 4 giugno 2019 - immagini web, a cura dello staff)