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mercoledì 12 giugno 2019

A qualcuno fa paura una sciarpa con la frase del Vangelo "AMA IL PROSSIMO TUO"...


Il ragazzo picchiato dai leghisti per la sciarpa
“ama il prossimo tuo”

«Sono terrorizzato, mi hanno picchiato senza un motivo, non pensavo potessero farmi questo ». Malmenato dai leghisti, e anche preso in giro dal ministro leghista, che in quel momento stava facendo un comizio nei giardini pubblici di piazza Roma, a Cremona. È successo la sera dello scorso 3 giugno, Matteo Salvini era in città per sostenere il candidato del centrodestra al ballottaggio, che peraltro ha perso. Un giovane di 25 anni ha alzato una sciarpa su cui aveva scritto “Ama il prossimo tuo”, frase evangelica che ha però irritato parecchio i fan leghisti, che hanno cominciato a strattonarlo cercando di strappargli la sciarpa e coprendolo di insulti. Poi calci e ceffoni, lui si è rannicchiato su se stesso per difendersi, e a quel punto sono intervenuti tre agenti della polizia municipale — fuori servizio e in borghese — che hanno gridato «Alt, fermi tutti!», e hanno interrotto l’aggressione. Quindi l’hanno accompagnato al presidio della polizia locale e l’hanno identificato. Non hanno però rintracciato gli aggressori, che nella confusione del momento si sono mescolati tra la gente. Il ministro non ha interrotto il comizio, anzi ha commentato in diretta: «Lasciatelo da solo, poverino, fate un applauso a un comunista che c’è, se non c’è un comunista ai giardinetti noi non ci divertiamo. E mi fanno simpatia quelli che nel 2019 vanno in giro con la bandiera rossa con la falce e il martello», che secondo lui dovrebbero finire «al museo della Scienza e della tecnica di Milano, come i dinosauri», frase che gli è particolarmente cara, visto che l’ha ripetuta più volte in campagna elettorale, ogni volta che qualcuno lo contestava. Ieri Pippo Civati di Possibile ha denunciato il fatto e rilanciato un piccolo video in cui si vedono alcuni momenti dell’aggressione, e si sente in sottofondo la voce del ministro: «Salvini infanga le istituzioni e la Costituzione. Si dimetta». La Tavola della Pace Cremona (che comprende Acli, Anpi, Arci Libera, Pax Christi e moltissime altre associazioni) ha condannato l’aggressione: «Il tempestivo intervento delle forze dell’ordine ha evitato il peggio e fermato il pestaggio. Solo a incidente avvenuto, il leader della Lega Salvini ha sminuito e distorto il senso invitando i suoi sostenitori a lasciar perdere il comunista di turno che gli farebbe tanta compassione. Con i fari del palco puntati sugli occhi, Salvini ha preferito scambiare la scritta evangelica “Ama il prossimo tuo” con la protesta di un comunista immaginario, più funzionale alla sua linea di propaganda». Gianluca Galimberti, sindaco del centrosinistra, riconfermato: «Bisogna smettere di usare parole che dividono, perché le parole d’odio generano violenza e insicurezza. Il clima è sbagliato, non si può continuare a soffiare sul fuoco, individuando nemici, e alla fine il nemico diventa un ragazzo che al massimo manifestava un pensiero divergente, e comunque pacifico». L’aggredito era stato subito visitato dal personale di un’ambulanza del 118 presente nei giardini di piazza Roma, e gli erano state riscontrate alcune contusioni. La questura di Cremona ha aperto un’indagine sui fatti, lui ha 90 giorni di tempo per denunciare le lesioni subite. Per quel che se ne sa, non è un appartenente ai centri sociali, che peraltro quella sera erano tenuti molto alla larga dalla piazza Roma, e ogni volta che si presentavano agli ingressi sorvegliati dalle forze dell’ordine venivano prontamente respinti.
(Articolo di Brunella Giovara in “la Repubblica” del 11 giugno 2019)

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Se anche il Vangelo oggi fa paura
perdiamo centimetri di libertà

Verrebbe da dire: quali tempi sono questi quando citare il Vangelo — e il concetto fondativo del messaggio cristiano: ama il prossimo tuo come te stesso — può determinare la reazione furiosa di un gruppo di ultrà del ministro dell’Interno. E, tuttavia, si devono mantenere i nervi saldi, dal momento che in Italia la libertà di culto non è in pericolo (per la confessione di maggioranza, mentre per quelle minoritarie alcuni rischi si manifestano); e la libertà di pensiero e di espressione è mediamente garantita. 
Detto questo, si deve pur notare che sono sempre più numerose le insidie portate alla piena agibilità politica e alla regolarità della discussione pubblica. Ma, prima ancora, va considerata la catastrofe culturale in corso, della quale già oggi si colgono i primi segnali. Fino a che limite si è gonfiato il sentimento di rivalsa sociale, oscillante tra il registro della stizza quotidiana e quello dell’odio politico, se si arriva a interpretare il messaggio più “innocente” come un’aggressione alla propria identità di partito? Una prima risposta è che quelle parole sono, in realtà, tutt’altro che innocue, proprio perché ribaltano un senso comune che si alimenta di forme di relazione basate sulla nemicità: ovvero una pulsione ostile indirizzata verso il vicino di casa, così come verso l’avversario politico. 
Della frase evangelica la parola più sovversiva e scandalosa è forse quel “prossimo”. Ciò perché, in questa fase della storia nazionale, una spietata battaglia culturale e politica viene combattuta esattamente sulle categorie di vicino e lontano. In estrema sintesi, il sovranismo riassume l’identità del qui ed ora, del locale, del simile. È l’autogoverno del proprio territorio e della propria gente, tutto ripiegato e concentrato sul presente: non a caso questa ideologia diffida dell’ambientalismo, in quanto proiettato sul futuro (del pianeta e delle generazioni). Il nemico è il lontano: una volta era “Roma ladrona”, oggi lo sono l’Europa, gli organismi sovranazionali e le convenzioni e le organizzazioni internazionali. Nemiche sono tutte le teorie, le dottrine, le religioni che intendono avvicinare l’altro e il distante, fino a farli diventare “prossimo tuo” da amare come te stesso. Sotto questo profilo, per quanto sembri incredibile, i commissari europei possono essere detestati e disprezzati quanto i richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan e i migranti in fuga dalla Libia.
Ecco perché quel richiamo al Vangelo può essere interpretato da alcuni (molti?) come un’accusa politica, e per certi versi lo è sul serio: tant’è vero che, dal palco del comizio, Matteo Salvini ha dileggiato come comunista il giovane cattolico. Non dico che questo sia stato il ragionamento lucido di quanti a Cremona e in molte altre città hanno aggredito i contestatori di Salvini e gli espositori di striscioni, ma in tutti probabilmente è scattata l’associazione mentale tra dissenziente (pacifico e isolato) e nemico. È così che si può perdere, giorno dopo giorno, “un lembo di libertà” (come ha scritto questo giornale presentando venerdì scorso la Festa di “Repubblica”). Per difenderli e riconquistarli, quei centimetri di libertà, si può ricorrere al titolo di un libro, pubblicato qualche anno fa da Marino Sinibaldi: “Un millimetro più in là”. È un’indicazione di metodo e di lavoro: procedere con passi pazienti, sul tempo lungo, in particolare nei luoghi della formazione e della cultura di massa, per una resistenza (con la “r” rigorosamente minuscola, mi raccomando) adeguata a questa fase certamente fosca, ma non disperata. 
L’episodio di Cremona, infatti, può essere letto in modo rovesciato: un giovane ritiene necessario manifestare in qualche modo il suo dissenso. Come già fece quella signora che, in un vagone della circumvesuviana, apostrofò un teppista che vessava uno straniero: “tu non sei razzista, sei stronzo”; e come l’adolescente di Casal Bruciato, Simone, che tenne testa al militante di CasaPound. E come migliaia di altre persone che fanno altrettanto, senza che le loro azioni diventino pubbliche. 
Insomma, l’Italia non è un Paese razzista e la sua democrazia è solida: c’è, ed è potente, un’offensiva degli intolleranti e degli illiberali. Ma c’è anche un’Italia smarrita e inquieta e, tuttavia, vitale, attiva e accogliente. Credo che sia, nonostante tutto, maggioranza. Il problema, il grande problema, è come tradurre tutto ciò in politica.
(Articolo di Luigi Manconi in “la Repubblica” del 11 giugno 2019) 



Dalla posta di Avvenire - Risponde il Direttore Marco Tarquinio (12 giugno 2019):

Se l'«ama il prossimo tuo» di Gesù è liquidato come frase da «comunista»

Caro direttore, 
lunedì 3 giugno, al comizio di Matteo Salvini ai giardini di piazza Roma a Cremona, non è vero che tutto è filato liscio. Un incidente di percorso c’è stato. Alcuni giovani cattolici, presenti in piazza, hanno esposto uno striscione formato sciarpa con la scritta evangelica «Ama il prossimo tuo» proprio mentre il comizio del ministro dell’Interno entrava nel vivo. Il piccolo striscione non è stata tollerato a lungo dai numerosi sostenitori di Matteo Salvini che hanno circondato il nostro amico che, a braccia alzate, reggeva in alto la scritta e a forza gliel’hanno strappata di mano. Ci sono dei video che testimoniano l’accaduto. Solo a incidente avvenuto, il leader della Lega Salvini ne ha sminuito e distorto il senso invitando i suoi sostenitori a lasciar perdere il comunista di turno che gli farebbe tanta compassione. Con i fari puntati sugli occhi, Salvini ha preferito scambiare la scritta evangelica «Ama il prossimo tuo» con la protesta di un comunista immaginario, più funzionale alla sua linea di propaganda. In realtà, sotto i suoi occhi, i sostenitori della Lega hanno strappato un piccolo striscione con una scritta che dovrebbe essere cara a tutti i cristiani: «Ama il prossimo tuo»!

Un gruppo di cattolici cremonesi

Caro direttore,
sta circolando su Facebook un video girato durante un comizio di Salvini per il ballottaggio del sindaco di Cremona che è di una gravità inaccettabile e, a mio parere, merita di essere fatto conoscere per smascherare la personalità di Salvini. È accaduto che durante il comizio del ministro e segretario leghista un ragazzo, senza clamori particolari, ha alzato una sciarpa con su scritto «Ama il prossimo tuo». Dopo di che in quel contesto già surriscaldato a dovere, fra spintoni e pedate il ragazzo è stato buttato a terra dai soliti “bravi” dei quali si contornano gli “uomini forti” di tutti i tempi per non sporcarsi direttamente le mani. A quel punto, interrompendo il suo comizio e additando il ragazzo, Salvini ha detto, forte e chiaro, perché si capisse bene: «Lasciatelo solo, poverino, è un comunista!». Ma questo episodio non dice solo chi è Salvini e che cosa vuole, ma anche che i veri nemici della Lega non sono i comunisti, che semmai sono degli avversari sullo stesso piano ideologico da combattere e battere, ma i cristiani che non temono di mettersi in gioco per contrastare la menzogna e la prepotenza con spirito di verità e amore al servizio di Cristo. È sempre stato così, e lo sarà sempre, ma oggi il nostro compito è anche quello di sensibilizzare i nostri fratelli perché la verità dei fatti e un discernimento sereno possano aiutarli a non farsi strumentalizzare da false preghiere e ipocrite difese dei valori a noi cari.

Gianni Marieschi Cortemaggiore (Pc)

Gli amici cremonesi che mi hanno fatto avere testimonianza di piazza e di foto sul comizio cremonese di Matteo Salvini mi chiedono gentilmente di non firmare la lettera coi loro nomi. Gianni Marieschi, che questa parabola capovolta frutto della campagna elettorale appena conclusa l’ha invece scoperta sui social, firma senza problemi. Diciamo che la sua firma e la mia bastano. E che basta il racconto vero e a più voci di quel che è accaduto per spiegare perché a nessuno di noi, neppure all’uomo più potente e al comunicatore più abile del mondo, basterà mai giurare ostentatamente sul Vangelo, se non lo conosciamo, se cioè non lo abbiamo almeno un po’ letto e ascoltato. Quella Parola, e ognuna di quelle parole ci peseranno addosso, e giudicheranno i nostri atti e le nostre intenzioni anche se faremo di tutto per evitarlo. E se un leader politico che si dichiara «cattolico» liquida l’insegnamento di Gesù Cristo forse più conosciuto – «Ama il prossimo tuo…» – come una frase da comunisti... l’unica spiegazione accettabile è quella abbozzata dagli amici cremonesi: Matteo Salvini, quella sera, aveva i fari negli occhi. Questo solo giustificherebbe le sue parole, non certo le manesche maniere dei suoi supporter che dopo aver malmenato il malcapitato di turno si sono “coraggiosamente” dileguati. Una giustificazione, però, a doppio taglio. Se infatti è così, se cioè un capo politico carico di responsabilità e di voti avesse davvero lanciato parole in un microfono senza sapere di che cosa si stesse parlando, come si farebbe a definirlo un politico responsabile? Come si potrebbe considerarlo, sebbene continui a sbandierarlo facendo incetta di consensi, un seminatore di sicurezza? In questi casi, copione vorrebbe che si concludesse con un lapidario “ai posteri l’ardua sentenza”. Ma qui non c’è copione. E dunque no: non ai posteri, ma ai contemporanei la risposta, che non è poi così ardua. 
P.S. Pensiero finale. E se provassimo un po’ tutti, comunque la pensiamo sulle cose opinabili, a rispettare i segni della fede e a vivere il Vangelo invece di usarlo? Non mi si dica che la faccio troppo facile. A quel che si vede e si sente, non lo è affatto. Meno male che c’è il Papa a rincuorarci e a darci l’esempio...