22.12.2014 - L’incontro per gli auguri natalizi diventa l’occasione per bacchettare la Curia.
Papa Francesco ha aperto il discorso alla Curia romana per gli auguri natalizi sottolineando che siamo 'persone e non numeri o soltanto denominazioni', ci ricorda perciò che "la Curia è fatta di uomini e donne in carne e ossa che quindi hanno bisogno di fare l'esame di coscienza e convertirsi ogni giorno, come tutti noi" e ha elencato un catalogo di «malattie» indicandone anche i rimedi.
" ... Occorre chiarire che è solo lo Spirito Santo – l’anima del Corpo Mistico di Cristo, come afferma il Credo Niceno-Costantinopolitano: «Credo... nello Spirito Santo, Signore e vivificatore» – a guarire ogni infermità. È lo Spirito Santo che sostiene ogni sincero sforzo di purificazione e ogni buona volontà di conversione. È Lui a farci capire che ogni membro partecipa alla santificazione del corpo e al suo indebolimento. È Lui il promotore dell’armonia: «Ipse harmonia est», dice san Basilio. Sant’Agostino ci dice: «Finché una parte aderisce al corpo, la sua guarigione non è disperata; ciò che invece fu reciso, non può né curarsi né guarirsi».
La guarigione è anche frutto della consapevolezza della malattia e della decisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseveranza la cura.
Dunque, siamo chiamati – in questo tempo di Natale e per tutto il tempo del nostro servizio e della nostra esistenza – a vivere «secondo la verità nella carità, [cercando] di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità» (Ef 4,15-16). ..."
Leggi il testo integrale: La Curia Romana e il Corpo di Cristo
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Nei tempi recenti nessun papa ha mai parlato come papa Francesco. Nel discorso per gli auguri natalizi alla curia ha detto con parresia quello che pensa e lo ha fatto di fronte alle persone che devono collaborare con lui nel ministero di comunione, tralasciando linguaggi allusivi e stile diplomatico. Questo suo discorso echeggia quel che san Bernardo – monaco però, non papa – osava dire nell’XI secolo al papa e alla sua corte: parole che pochi altri seppero scrivere o proclamare a correzione dei vizi ecclesiastici nei momenti in cui si faceva urgente una riforma della chiesa “in capite et in corpore”. Ma più ancora echeggia il salmo 101, in cui il capo, la guida del popolo di Dio promette al Signore non solo di camminare con cuore integro, ma anche di allontanare chi accanto a lui, al suo servizio, alla sua corte, “ha il cuore tortuoso, l’occhio sprezzante e orgoglioso, chi denigra in segreto il suo prossimo, chi dice menzogne”. Papa Francesco conosce bene la psicologia degli “uomini religiosi”, presenti un tempo tra gli scribi e i farisei, oggi tra i cristiani “in ogni curia, comunità, congregazione, movimento ecclesiale”, soprattutto là dove si dovrebbe esercitare il servizio dell’autorità.
Non solo i padri del deserto dei primi secoli erano soliti stilare “cataloghi” di vizi e peccati “capitali”: ancora le generazioni di cristiani come la mia, formatesi prima del Vaticano II, avevano a disposizione prontuari di peccati “in pensieri, parole, opere e omissioni” per prepararsi al sacramento della confessione, così da compiere un esame di coscienza personale sulla propria inadeguatezza rispetto alle esigenze poste dai dieci comandamenti e, più in profondità, dal Vangelo stesso. È a qualcosa di simile – forte anche dell’analoga tradizione loyolana – che ha pensato papa Francesco nel suo discorso alla curia romana in occasione del Natale.
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L’ho scritto e lo riscrivo: papa Francesco si fa eco del vangelo e la sua passione per il vangelo lo porta a misurare la vita della chiesa e di ogni membro sulla fedeltà al vangelo, sulla coerenza cristiana. Ma nessuna illusione: più il papa percorre questa strada e più scatenerà le forze demoniache operanti nella storia e il risultato per i veri credenti sarà l’apparire della croce di Cristo. Non è vero che nella chiesa si starà meglio, è vero il contrario: la chiesa infatti può solo seguire Gesù anche nel rigetto sofferto e nella persecuzione e non potrà ottenere successi mondani se incarna il messaggio del suo Signore.
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