Oltre la nostra angusta misura
Prepararsi alla liturgia domenicale
(IV di Avvento)
di Antonio Savone
Due figure ci accompagnano nell’accostare il mistero del Dio con noi. Due figure non complementari ma antitetiche: Davide e Maria, ossia la pretesa e l’accoglienza umile.
Davide incarna l’umana presunzione alle prese con Dio.
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Accanto a Davide l’altra figura, Maria, figura immediatamente marginale per condizione sociale e culturale. In una storia fatta di soli maschi fa scandalo che Dio chieda la collaborazione non al potente di turno ma a una ragazza. Certo, per entrare nella storia dell’umanità, avrebbe potuto scegliere tutt’altra via che quella di Nazaret e tutt’altra persona che una donna. Inedita la figura di un Dio che sembra quasi togliere di mezzo i maschi di casa e stia “col fiato sospeso di fronte alle labbra di una ragazza”.
Eppure l’antica promessa si compie solo attraverso chi non attinge alla sua presunzione ma alla sua umile condizione di creatura, alla propria capacità di fidarsi e affidarsi a parole e progetti più grandi di lei.
Maria non riduce Dio e i suoi progetti all’interno dei “confini della propria capacità di comprendere”, non lo rinchiude nel recinto dei suoi desideri come Davide avrebbe preteso. Mentre chiede di capire già si consegna in atteggiamento di disponibilità, lasciandogli piena libertà di azione: Avvenga di me secondo la tua parola.
Davide era animato dal fervore di chi vuol concedere un posto a Dio nella vita, Maria è modello di chi consente al Signore di farsi strada tra gli uomini così come egli desidera.
Dio sceglie di farsi uomo con parole, lacrime, tono di voce, sudore e necessità vitali di un corpo, e con la necessità di ogni uomo di avere una madre. Dio sceglie Nazareth e, a Nazareth, sceglie Maria. A Nazareth, per trent’anni vediamo un uomo che vive nella quotidianità più semplice: bambino, ragazzino, adolescente, giovane falegname, come suo padre. Un Dio che faceva sgabelli, sedie e tavoli è qualcosa di inedito.
A noi che sempre cerchiamo il plauso e la visibilità, l’efficienza e la produttività, vedere un Dio che risiede a Nazareth, un paese occupato dall’Impero romano, ai confini della storia, ai margini della geografia del tempo, in un’epoca sprovvista di mezzi di comunicazioni, non può non essere una scelta rivoluzionaria.
Quando pensiamo di avere sbagliato la vita, di non avere avuto sufficienti opportunità, quando non siamo soddisfatti dei nostri risultati, pensiamo a Nazareth, a questo modo di operare che ci sbalordisce e ci incanta.
È così che Dio porta a compimento le sue promesse, assumendo la marginalità della storia umana.
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