Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



lunedì 22 dicembre 2014

"Natale, l'«impossibile» miracolo dell'amore" di Bruno Forte


"Natale, l'«impossibile» miracolo dell'amore"
di mons. Bruno Forte


«Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» 
È inquietante questa domanda di Gesù nel vangelo di Luca (18,8). Sembra spiazzare ogni falsa sicurezza nel cuore di chi crede. È un invito a non dare nulla per scontato nel nostro rapporto con Dio, a viverlo, anzi, com'è in ogni vero rapporto d'amore, nel rischio della libertà e nella novità da conquistare ogni giorno. È una sfida a evitare la caduta nell'abitudinario per riscoprire la bellezza dell'incontro, la radicalità del legame che unisce cuore a cuore e l'attesa sempre nuova che lo caratterizza. Protagonisti di questo incontro siamo noi, col nostro cuore inquieto, e il Dio che non ha esitato a farsi uomo per farci sentire il Suo amore appassionato, la Sua prossimità alle fatiche nella nostra condizione mortale e all'audacia dell'amore, che accetta di giocarsi sull'eterno nella fragilità del tempo. È in questo rischio che sta la bellezza della fede: ed è solo accettando di correrlo che si può anche sperimentare lo spalancarsi dell'abisso divino, l'abbraccio benedicente che risponde alla nostra invocazione e alla resa della nostra ricerca. È quanto provavo a esprimere in questi versi, scritti al passaggio fra i due millenni, di cui mi par di sentire ancora viva l'attualità: 
«Forse verrai / quando i miei occhi / cercheranno nel buio / la via dell'orizzonte. / Forse, di quando in quando / sembrerà vana l'attesa / alla mia fede. / Eppure, questo ”forse” / sarà lo spazio / della mia salvezza: / per esso / liberamente / potrò riconoscerTi, / potrà il mio cuore / liberamente amarTi, / e la preghiera / liberamente / invocarTi nella notte. / Forse, più grande / sarà l'ansia di vederTi, / più forte la stanchezza / dell'attesa. / Sta qui l'ultimo rischio, / la dignità umile / del mio possibile, impossibile / amore? / Forse verrai / quando i miei occhi / cercheranno nel buio / la via dell'orizzonte. / E io Ti attenderò. / E il buio / sarà per me / la via dell'orizzonte. / Fin quando Tu verrai...» (Il libro del viandante e dell'amore divino, Milano 20082, 142s). 
È questo il senso del tempo liturgico dell'Avvento: non semplice ripetizione di un ciclo, ma il ravvivarsi del desiderio e dell'attesa, il riscoprire l'Altro divino e trascendente come il Dio che viene, l'imminenza che sovrasta e rinnova, aprendoci alle sorprese della speranza e riconoscendo l'inesorabile caducità di ciò che passa in attesa di Colui che viene e del suo regno, che non passerà mai. Celebrare il Natale del Dio con noi non è semplice atto della memoria, ripetizione di gesti trasmessi nella catena della tradizione e degli affetti, ma novità di una venuta in un oggi - il nostro oggi - diverso da ogni altro e proprio così importante per noi. È un rinnovato prendere coscienza del cammino compiuto e di quello che ci aspetta, un fare bilanci sulla crescita di ciascuno di noi in ciò che più conta, la nostra capacità di amare e di compiere il bene con generosità oltre ogni calcolo. È un guardare ai nostri rapporti con lo sguardo di chi ne misura l'autenticità non sul guadagno che possiamo riceverne, ma sulla verità di quanto mettiamo in gioco e riusciamo a trasmettere e ad accogliere in ricchezza di umanità. È un aprirci al futuro non solo come proiezione del nostro presente, prolungamento dell'“homo absconditus” che è in ciascuno di noi, ma anche e soprattutto come futuro assoluto, indipendente dalla nostra volontà e dai nostri calcoli, che ci viene incontro come destino e come patria ultima. 
...