Ecumenismo: l'unità plurale dei cristiani
di Enzo Bianchi
Va riconosciuto che papa Francesco, fin dai primi giorni del suo pontificato, ha saputo suscitare attese di una più profonda comunione tra le chiese, con parole e gesti riconosciuti anche dai non cattolici come derivanti dal Vangelo, obbedienti alla volontà di Gesù espressa nella preghiera ultima al Padre: “che siano uno perché il mondo creda” (Gv 17,21). Il pellegrinaggio in Terrasanta e l’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli e agli altri patriarchi presenti a Gerusalemme, il recente viaggio a Istanbul con i ripetuti incontri con Bartholomeos, l’accoglienza e il dialogo – potremmo dire inaugurato da papa Francesco – con gli evangelicali, la gioia con cui egli incontra autorità delle chiese non cattoliche sono segni evidenti di un clima mutato. Va anche notato che oggi nell’oriente ortodosso vi sono alcuni patriarchi, come il “papa” copto Tawadros II o Youhanna X di Antiochia, che si sono mostrati aperti e seriamente impegnati nel dialogo intraecclesiale. Condizioni favorevoli, dunque, per il dialogo specialmente tra chiesa cattolica e chiese ortodosse – quattordici chiese autocefale – anche se tensioni e rivalità tra le autorità di queste chiese creano complicazioni e rallentamenti...
Davvero nuove sfide ci attendono, nuove congiunture ci condizionano. Ma l’ecumenismo non è una moda e nemmeno un segno dei tempi: sta nella volontà del Signore Gesù Cristo ed essere ecumenici fa parte dell’essere cristiani. Chi non è capace di ecumenismo non è capace di vivere una precisa esigenza evangelica: l’ecumenismo infatti resta solo questione di obbedienza all’unico Signore della chiesa e della storia.
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