Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 19 aprile 2025

Attendendo la Pasqua riflettiamo con il biblista P. Alberto Maggi

Attendendo la Pasqua 
riflettiamo con il biblista P. Alberto Maggi


**************

Alberto Maggi
Pasqua inquieta 

I capi religiosi sono inquieti. Sono finalmente riusciti nel loro intento, eppure sentono che non è stato sufficiente assassinare il Nazareno. Gesù è morto, è vero, ma essi sono agitati. Si rendono conto che non è bastato eliminare colui che li aveva denunciati come ladri, assassini e impostori. Eppure ormai il loro avversario non è che un cadavere che giace nel sepolcro, per cui non dovrebbero preoccuparsi.

L’agitazione però è tale che, il giorno dopo la morte e sepoltura di Gesù, nonostante fosse il sabato, tempo di assoluto riposo, sommi sacerdoti e farisei si riuniscono presso Pilato. I farisei erano i più strenui e fanatici difensori dell’osservanza di tutte le rigorose norme che determinavano il riposo del sabato, ma ora sono i primi a non rispettarle. Gesù per i farisei è stata un’ossessione in vita, e lo è anche ora che è morto. In combutta con il sinedrio, i farisei avevano organizzato tutto alla perfezione, ma ora sentono che qualcosa sta incrinando il loro piano. 
...

Ma cosa spinge sommi sacerdoti e farisei ad andare da Pilato di sabato? Che cosa non è andato secondo i loro piani? La sua sepoltura. Non è stata gradita dalle autorità religiose. Erano riuscite a far condannare Gesù come uno rifiutato da Dio e questo sarebbe stato confermato, di fronte al popolo, dal disonore dello scempio del suo cadavere, lasciato putrefare sul patibolo come pasto per le bestie selvatiche, mentre quel che restava sarebbe stato poi gettato in una fossa comune. L’iniziativa di un discepolo di Gesù, un ricco di Arimatea, un tale Giuseppe, che aveva chiesto a Pilato il corpo di Gesù per seppellirlo nella sua tomba nuova, scavata nella roccia (Mt 27,60), aveva scombinato i loro piani e intendono ora porvi rimedio. Sommi sacerdoti e farisei si rivolgono a Pilato chiamandolo ossequiosamente “Signore”. I capi dell’istituzione religiosa svelano di non essere, come si vantano, servi di Dio, ma del potere, al quale si sottomettono riconoscendone la potestà pur di poterla a loro volta esercitare. 
...

I capi si rivolgono a Pilato con fare autoritario. Più che una richiesta il loro è un comando imperativo: “Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!” (Mt 27,64).

La forza del potere deve impedire alla forza della vita di manifestarsi. Se Gesù è stato definito un impostore, i suoi discepoli sono dei ladri, pronti a rubare il corpo del loro maestro per perpetuare l’inganno. Per le autorità religiose, che l’uomo abbia una vita di una condizione divina, tale da superare la morte, non è che un’impostura. E Pilato concede loro un corpo di guardia e con sprezzante ironia li invita ad assicurarsi della sorveglianza della tomba, come essi ben sanno fare. Per quel che riguarda la gestione della morte le autorità religiose sono imbattibili! La permanenza in vita dell’istituzione religiosa è condizionata dall’assicurarsi che il Signore sia morto. Le autorità religiose sono esperte nell’inganno e sanno come impiegare la forza per impedire alla verità di manifestarsi. Esse, tuttavia, non sono ancora tranquille: non basta che una grande pietra sia posta sopra la tomba e che le guardie la sorveglino; per maggiore sicurezza sigillano pure la pietra che chiude il sepolcro. Credono di custodire un cadavere e non si rendono conto che sono loro quelli veramente morti. Ben aveva scritto il salmista: “Ride colui che sta nei cieli, il Signore si fa beffe di loro” (Sal 2,4).

Al tentativo delle autorità di sbarazzarsi di Gesù in maniera definitiva, risponde l’intervento di Dio con un “gran terremoto” per manifestare che la vita dell’uomo è stata liberata dagli effetti della morte e la pietra, rotolata via, non sigilla più il sepolcro. “Non è qui. È risorto!” (Mt 28,6) è la beffarda risposta divina ai piani dei capi religiosi. Tutto il loro affanno e la loro preoccupazione per nulla: custodivano un sepolcro vuoto. Paradossalmente l’irruzione della vita diventa un’esperienza di morte per quanti giacciono già in un mondo di morte. Anziché essere vivificate dalla manifestazione del Dio vivente, “le guardie furono scosse e rimasero come morte” (Mt 28,4). I custodi della morte, non avendo vita in sé non riescono a percepirla quando questa si manifesta, ma sprofondano ancor più nella sfera della morte.

Di fronte all’evidenza dell’azione divina i sommi sacerdoti non mostrano alcun segno di meraviglia e tantomeno di pentimento. L’unica loro preoccupazione è occultare la verità del fatto. La gente deve credere quel che loro stabiliscono e non importa che sia vero o no. Così, con “una buona somma di denaro ai soldati” (Mt 28,12) tentano ora di impedire l’annuncio della risurrezione del Cristo. Sommi sacerdoti e farisei che avevano definito Gesù un impostore e la resurrezione un inganno, mostrano in realtà di essere essi gli autori di un’“impostura peggiore della prima” (Mt 27,64).

Leggi tutto:

**************

Alberto Maggi
Meglio morto che risorto:
sul senso profondo della Pasqua

Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”, afferma perentorio Paolo ai Corinti (1 Cor 15,14). Eppure nessun evangelista dà la descrizione del momento della risurrezione del Cristo. Questo fatto creò così tanto imbarazzo nelle comunità cristiane primitive che si rimediò a questa lacuna con un falso d’autore che ebbe un grande successo. Infatti, l’immagine tradizionale del Cristo Risorto, che esce trionfante dal sepolcro, con le guardie tramortite, non appartiene ai vangeli riconosciuti ispirati, ma a un testo apocrifo del secondo secolo, conosciuto come il Vangelo di Pietro: “Durante la notte nella quale spuntava la domenica, mentre i soldati montavano la guardia a turno, due a due, risuonò in cielo una gran voce, videro aprirsi i cieli e scendere di lassù due uomini, in un grande splendore, e avvicinarsi alla tomba. La pietra che era stata appoggiata alla porta rotolò via da sé e si pose a lato, si aprì il sepolcro e c’entrarono i due giovani” (Vang. Pietro 9,35-37).

Nessuno ha potuto descrivere la risurrezione del Cristo, perché neanche un solo discepolo era presente, nonostante Gesù avesse insistentemente affermato che sì, sarebbe stato ucciso, e nel modo più infamante, la crocifissione, ma poi dopo tre giorni sarebbe risuscitato (Mt 16,21; 17,22; 20,19). Ma nessuno ci ha creduto, perché nessuno desiderava veramente la sua risurrezione. 
... 

In fondo meglio morto che risuscitato. Perché se Gesù era morto, era segno che non era il Messia e bisognava attenderne un altro. 
...

Inutilmente Gesù nella sua vita terrena aveva parlato ai suoi discepoli del regno di Dio, perché questi capivano regno di Israele. Gesù parlava di servizio e i discepoli pensavano al potere, il Maestro insegnava a mettersi a livello degli ultimi e i discepoli litigavano tra loro per assicurarsi il posto più importante, il Signore li invitava a scendere e essi pensavano solo a salire.
Per questo il Risorto, una volta riuniti i suoi, tiene loro una sorta di corso intensivo durato ben quaranta giorni “parlando delle cose riguardanti il regno di Dio” (At 1,3). Ma niente da fare: quando l’ideologia religiosa è intrecciata con quella nazionalista, anche se si hanno orecchie per udire non si ode, e se si hanno occhi per vedere non si vede (Mc 8,18). Infatti, al quarantesimo giorno, i discepoli, che evidentemente non erano interessati a questo tema del regno di Dio, gli domandarono: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” (At 1,6). Scrive l’evangelista che a questo punto “una nube lo sottrasse ai loro occhi” (At 1,9). Il Cristo non se n’è andato, ma sono i discepoli che sono incapaci di vederlo. Chi è mosso dal potere non può percepire l’Amore, chi pensa a sé non può riconoscere la presenza dell’Altro. Ci vorrà ancora del tempo, e quando finalmente i discepoli comprenderanno che il pane non va accumulato, ma solo spezzato e condiviso, allora si apriranno i loro occhi e riconosceranno il Cristo risorto (At 24,31) che li accompagnerà nella loro missione (Mc 16,20).