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sabato 12 aprile 2025

Religione. Nella Chiesa di oggi c’é bisogno di profeti di Enzo Bianchi

Religione. 
Nella Chiesa di oggi 
c’é bisogno di profeti 
di Enzo Bianchi



Pubblicato su "Vita Pastorale" - Aprile 2025


Questo è un articolo scritto alcuni mesi fa, da me successivamente riletto, limato e migliorato. L’ho dato da leggere ad amici teologi affinché correggessero o completassero le mie asserzioni. E ho deciso solo ora di darlo alle stampe perché lo vorrei pubblicato mentre ancora papa Francesco è vivo e non c’è un suo successore. Sono parole, le mie, meditate, pensate, piene di parresia; parole taciute, trattenute come le conservava in petto il profeta Geremia che, da profeta fedele qual era, non voleva essere sordo alle parole di Dio e, nello stesso tempo, muto verso il suo popolo Israele.

Non sono né un radicale né un massimalista. E non sono mosso da nessuna ideologia nel guardare alle Chiese nella storia ma, pur restando un battezzato nella Chiesa cattolica, mi sento semplicemente un cristiano che prende la parola per ricordare le esigenze dettate da Gesù ai suoi discepoli. 
Rimango convinto che, come i discepoli e le discepole della comunità del Signore, siamo tutti e solo fratelli e sorelle e che dobbiamo dirci l’un l’altro con umiltà, ma con trasparenza, ciò che consideriamo urgente per la comunità del Signore che sta nella storia in attesa di essere purificata, fatta bella, santificata per diventare la sposa di Cristo, la Gerusalemme celeste.

Sì, perché devo dire che nella nostra Chiesa — ed è mio dovere limitarmi alla Chiesa che conosco, cioè quella occidentale (dalla Polonia al Portogallo, fino al Nord America) — la Chiesa cattolica, che vive lo statuto di maggioranza anche se non più di egemonia, mostra tutta la stanchezza, la mancanza di fede; una Chiesa più burocratica che viva. È a tale Chiesa che mi riferisco in questo articolo, la nostra, e non oso pensare alle Chiese della diaspora — da quella mongolica a quella medio orientale, a quelle altrove —, a quelle che conoscono il martirio in luoghi in cui è impedita l’eucaristia ed è perseguitato chi professa la nostra fede.

Eppure, la nostra Chiesa è nata come popolo sacerdotale e profetico, e quando l’apostolo Paolo indica i doni che devono essere presenti in una comunità cristiana, necessari perché la si possa dire tale, accanto agli apostoli pone sempre i profeti seguiti dai didascali. La Chiesa non monopolizza la profezia, ma ne sente l’urgenza e resta il sito naturale nel quale i profeti possono esprimersi per discernere come il Signore opera all’interno di essa. «Tutte le genti hanno il loro profeta», ricordava Agostino nel Contra Faustum (PL 42,348), ma nella Chiesa la profezia deve emergere accanto all’apostolato.
Il concilio Vaticano II ribadisce il triplice ufficio di Gesù Cristo — sacerdote, profeta e re — ed estende a tutti i fedeli, al popolo di Dio, queste prerogative. Il cristiano è dotato, quindi, del sensus fidei, l’intuizione spirituale, l’istinto che sa discernere l’autentico senso della Parola e armonizza a essa tutto il suo vivere. Proprio lo Spirito santo donato a ogni cristiano nel battesimo e nella confermazione costituisce ed edifica la Chiesa quale popolo profetico «la cui luce brilla agli occhi del mondo» affinché rendano gloria al Padre che è nei cieli (cf Mt 5,16).

Nei giorni dopo la Pentecoste, nella Chiesa nascente non solo c’è la coscienza di essere il popolo profetico predetto dai profeti come destinatario dell’effusione dello Spirito (cf G13,1-2 e At 2,17 ss.), ma sorgono profeti tra i discepoli del Signore Gesù. Gli Atti degli apostoli testimoniano la loro presenza e la loro azione. Barnaba, Agapo, Giuda, Sila, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, e le figlie di Filippo: profeti e profetesse riconosciuti tali per il loro ministero dalla comunità. Va riconosciuta una si- gnificativa presenza profetica che l’apostolo Paolo invita a discernere e a non spegnere, perché nella Chiesa non ci sono solo gli apostoli e i loro successori che presiedono, ma anche i profeti (sempre al secondo po- sto) e quindi i didascali, i maestri della fede. Nessuno può impedire ai vescovi stessi di essere profeti com’è successo in passato, soprattutto in Oriente.

Fino alla metà del I secolo il ministero profetico era dunque visibile, presente, accolto e apprezzato nella Chiesa, ma poi arrivò una gelata improvvisa che ne impedì ogni manifestazione. Da allora fino a oggi i profeti appaiono nella vita della Chiesa, ma raramente, e sono come sempre osteggiati e persino perseguitati proprio dalla Chiesa che loro amano, a tal punto da soffrire a causa di essa. Se Giustino (II secolo) poteva affermare nel Dialogo con rabbi Trifone: «Noi cristiani oggi abbiamo ciò che voi ebrei avevate una volta e ora non avete più, i profeti!», la Chiesa dal II secolo in poi non solo non può dirlo, ma preferisce non doverlo dire.

Eppure, oggi appare forte all’orizzonte della nostra Chiesa l’urgenza profetica. Abbiamo bisogno di profeti! Certo risuona sempre la poesia di Nelly Sachs: «Se i profeti irrompessero […] sapresti ascoltare?». Ma noi abbiamo bisogno che si levino voci profetiche in tutto il corpo ecclesiale, che ci siano dati segni profetici! Oggi, più che mai, addirittura nei documenti ecclesiali, scritti dai soliti addetti ai lavori, si osa parlare di profezia e di profeti: è una superficialità che stupisce. Si è addirittura giunti a programmare nel piano “sinodale” della Chiesa italiana una “fase profetica”, come se fosse possibile avere a disposizione lo Spirito santo e programmarlo. Ma possibile che nessuno tra i vescovi s’accorga di quanto vuoto producano i soliti addetti ai lavori che da un Sinodo all’altro compilano documenti preparatori o stendono documenti finali che ripetono le stesse cose dette e ridette?

Perché tanti riferimenti al vescovo Tonino Bello che oggi tutti vogliono santo, quando era oggetto di sorrisi e di giudizi poco caritatevoli dai confratelli non più di trent’anni fa? E perché tanto affanno per proclamare santo il vescovo Romero, quando nessuno si sentirebbe di adottare il suo coraggio in un’omelia? La profezia significa accettare l’ostilità non solo del mondo ma dei propri familiari, di casa nostra, della nostra comunità, semplicemente come è successo a Gesù.

Sono pochissimi i vescovi che conoscono la parresia, il coraggio di difendere chi è oggetto di ingiusti- zia, di alzare la voce quando occorre, di assumere una parola profetica… Ho sognato che alcuni preti di- ventassero vescovi, per alcuni di loro ho dato parere favorevole, ma poi una volta assunto il ruolo vivono in modo grigio il loro compito di pastore, e certo non sono visibili tratti di profezia. Perché? E a volte proprio loro sono pronti a spegnere la profezia che compare nel popolo di Dio. E perché in alcune ordinazioni episcopali abbiamo visto gli ordinati sorridere tutto il tempo come se provassero soddisfazione per essere finalmente “arrivati”? Qual è il livello di consapevolezza in chi accede a un ministero così grave e così importante nella Chiesa, un ministero istituito dallo Spirito santo?

Papa Francesco — possiamo dirlo dopo dodici anni di ministero petrino — ha indicato un altro stile, ha insegnato l’umiltà, il servizio e l’ascolto dei segni dei tempi e dei profeti fino a dare più volte alla Chiesa un volto profetico. Non sono malato di papolatria: ho amato Benedetto XVI e amo ancor di più Francesco, due Papi che ho potuto conoscere e considerare amici. Ho criticato una volta Benedetto XVI e ne ho parlato direttamente con lui; ho detto a papa Francesco ciò che penso e sempre ho trovato ascolto, anzi ho trovato uno sguardo più profondo sugli orizzonti della chiesa. Papa Francesco è un Papa esigente: ha percepito l’urgenza profetica che ha cercato di ubbidire come una via da percorrere da parte della Chiesa. Ma ho l’impressione che non sia stato capito e che sovente i più vicini, che spesso sono anche “addetti ai lavori”, non riescano a vedere con un occhio limpido come il suo ciò che occorre fare nella vita della Chiesa: compresi i vescovi nominati da lui.

Ci saranno nei tempi futuri dei profeti e soprattutto dei vescovi con qualità profetiche visibili operanti nella Chiesa e capaci di rispettare la profezia che si manifesta nel popolo di Dio?

(Fonte: sito dell'autore)