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lunedì 28 aprile 2025

Verso il Conclave

Marcello Neri*
Verso il Conclave


Originale inglese su Appia Institute (qui). Traduzione spagnola su Revista SIC (qui).

Sui media di tutto il mondo è iniziato il gioco dei nomi possibili per il prossimo pontificato. Non si tratta solo di curiosità giornalistica, ma anche di influenzare in un qualche modo il prossimo Conclave.

Più si torna sugli stessi nomi, più la galassia mediatica sembra dire ai cardinali elettori: «guardate, il mondo si aspetta che il papa esca da questi nomi che vi abbiamo indicato».

Non nomi, ma un profilo

Certo, il Conclave non è completamente immune dalle pressioni dell’opinione pubblica – e neanche da quelle che possono venire dalle potenze del mondo odierno. Ma non è nemmeno nelle mani di queste forze. Segue le sue logiche e ha le sue dinamiche interne. Soprattutto, è il momento supremo in cui la Chiesa cattolica afferma la propria indipendenza.

Il fatto è che, per questo Conclave, non esiste un candidato al papato che possa imporsi da sé. La Chiesa cattolica oggi non ha a disposizione un cardinale che non abbia bisogno di mediazioni che possano creare un consenso all’interno del Conclave, perché ne godeva già prima che esso iniziasse (come fu il caso in occasione dell’elezione di Ratzinger).

In questo momento alla Chiesa cattolica mancano figure che, per il loro percorso, abbiano la statura del papa. Questo potrebbe essere un problema, certo; ma rappresenta anche un’opportunità. Papa Francesco fu eletto da un Conclave che si trovava in una condizione simile a questa.

La geografia complessa del Conclave

Rispetto a quel Conclave, quello che si riunirà a breve è caratterizzato però da una profonda discontinuità – voluta da papa Francesco. È cambiata la geografia di provenienza dei cardinali elettori: creando un Conclave che è specchio della Chiesa decentrata, della Chiesa globale, plasmata da papa Francesco.

La maggioranza dei cardinali che eleggeranno il prossimo papa non si conosce tra loro. Essi hanno dunque bisogno di tempo per familiarizzare, comprendere quali siano le aspettative e le preoccupazioni reciproche che portano in Conclave e investono sulla figura del prossimo papa.

Per questo il papa che verrà non uscirà solo da quanto sta alle nostre spalle (come induce a credere il gioco mediatico dei papabili), ma anche e soprattutto dalle prossime settimane. Il profilo del prossimo papa, ben prima dei nomi possibili, uscirà dalle Congregazioni Generali dei cardinali che precedono l’ingresso in Conclave dei cardinali elettori.

Queste Congregazioni saranno il luogo democratico nel quale verranno discussi i criteri e gli orientamenti della Chiesa cattolica per il prossimo decennio. Saranno questi criteri e orientamenti a definire il profilo del papa che meglio può corrispondere a essi. Da qui, in Conclave, inizierà il lavoro sui nomi concreti.

Un primo tema riguarderà certamente quanta e quale continuità/discontinuità dare al pontificato di Francesco. Ma non sarà l’unica questione decisiva discussa nel corso delle Congregazioni Generali.

Uno stile di governo sinodale per la Chiesa universale

Oggi la Chiesa cattolica che immagina il futuro papa non può non prendere in considerazione lo stravolgimento dell’ordine mondiale e lo spettro di guerre diffuse che possono rapidamente trasformarsi in un conflitto, non solo bellico, su scala globale. Il mondo è a due passi da questo baratro – e papa Francesco, con il lavoro della diplomazia vaticana, è stato non solo un punto di riferimento, ma ha anche fatto della Chiesa cattolica l’unica istituzione globale che si è impegnata a dialogare con tutti i soggetti in conflitto tra loro. Su questo punto, la condizione odierna del mondo, le crescenti tensioni geopolitiche, le guerre in atto, chiedono alla Chiesa cattolica una marcata continuità col pontificato di papa Francesco.

Se oggi la Chiesa cattolica non può più pensare solo a se stessa nell’elezione del papa, ossia limitarsi a questioni di dottrina o di pastorale, ma deve continuare a giocare un ruolo decisivo a livello di relazioni diplomatiche e di istituzione morale che vuole creare relazioni fraterne e di pace tra le persone e le nazioni, un altro aspetto decisivo è quello dello stile di governo della Chiesa che dovrà caratterizzare il prossimo pontificato.

Uno stile di governo che dovrà tenere insieme tre dimensioni non facili da coordinare tra di loro: la leadership del papa, il decentramento della Chiesa cattolica che fa crescere l’importanza e la responsabilità delle Chiesa continentali, e la funzione della Curia romana. In questo senso, se papa Francesco ha avviato un processo di sinodalizzazione interna della Chiesa cattolica, il prossimo papa dovrebbe dare forma a uno stile sinodale, concertato, e multilaterale, di governo della Chiesa stessa (cosa che non era nelle corde di Francesco).

In questa prospettiva di governo sinodale della Chiesa, l’Asia rappresenta un vero e proprio banco di prova. È possibile che le sfide che provengono da questo immenso continente, estremamente diversificato al suo interno, entrino a far parte dei criteri che costruiranno il profilo del prossimo papa.

In Asia la Chiesa cattolica è interpellata soprattutto a livello di dialogo con le religioni, da un lato, e sul piano del rapporto con le culture, dall’altro. È quindi chiamata a immaginare un cattolicesimo di minoranza creativo e costruttivo nella sua interlocuzione con le religioni e le culture. E, per quanto riguarda la Cina, a fare tutto questo tenendo conto del ruolo decisivo a livello geopolitico della diplomazia vaticana proprio nell’organizzazione delle sue pratiche pastorali.

Il caso serio dell’Asia

Se, a livello dogmatico, il papa può governare la Chiesa cattolica da solo, è proprio l’Asia a ricordare a quest’ultima che, sul piano della realtà, un papato assoluto e monarchico non è oggi più possibile. La Chiesa potrà essere minoranza creativa e costruttiva in Asia, e altrove nel mondo, solo se il prossimo papa saprà adottare uno stile di governo efficacemente sinodale – facendo del papato il punto di sintesi tra il lavoro di concertazione della Curia romana e quello sul campo delle Chiese locali.

Guardare all’Asia in sede di Conclave vuol dire guardare non solo al papa ma anche ai suoi collaboratori. Qui entrano in gioco, in particolare, la Segreteria di Stato, il Dicastero per il dialogo interreligioso, il Dicastero per le Chiese orientali, e Propaganda Fide (integrata oggi all’interno del Dicastero per l’evangelizzazione).

Gente comune

Fin qui la grande storia del prossimo Conclave. Può essere che in esso e nelle sue dinamiche entrino anche tutte quelle piccole storie di cattolici e non-cattolici, non-credenti, fedeli di altre religioni, che hanno trovato in papa Francesco una figura di riferimento e ispirazione ad agire nelle culture per una convivenza pacifica e riconciliata.

C’è una grande folla anonima che sente oggi il venire meno di un papa che si è messo dalla parte degli ultimi e dei dimenticati, che ha fatto in modo che nessun luogo e dramma del mondo finisse nell’oblio, che non ha tentennato a opporsi alle logiche e agli interessi che governano il nostro mondo.

Il prossimo Conclave potrebbe tenere conto anche di questo. Scegliere un papa che fa della Chiesa cattolica un’istituzione che si spende a favore di quell’umanità che è comune a tutti noi – a prescindere dalla religione, dal genere, dalle convinzioni politiche di ogni persona.

Un papa non solo per la Chiesa che governa, ma per l’umanità globale – che è poi il senso stesso di ciò che quella Chiesa dice di sé: ossia, di essere Cattolica.
(fonte: Settimana News 25/04/2025)