La rincorsa delle lacrime
di Luigi Maria Epicoco
«La salute è la vita nel silenzio degli organi» scriveva un famoso medico francese, René Leriche, nel 1937. In questa sua geniale affermazione si comprende subito che finché un organo rimane in silenzio, cioè non manifesta dolore o sintomi che attirano l’attenzione, ciò significa che esso è sano. Se un organo “si fa sentire” questo è il chiaro segno che qualcosa ha incrinato la sua salute. In un certo senso non facciamo mai caso alla salute finché non viene a mancare.
Sembra che lo stesso destino del corpo ce l’abbia anche la nostra anima. Troppo spesso ricordiamo di avere un’anima, una vita spirituale che ci scorre dentro, quando la vita e le circostanze ci fanno sperimentare una mancanza, un dolore, o anche un’improvvisa gioia, o un inaspettato stupore. Non a caso non si piange solo di dolore, ma si piange anche di gioia. Ci accorgiamo di avere un’anima, quando in qualche modo essa fa male.
Tutto questo ci suggerisce che la verità di ciò che Gesù annunzia, e che fa eco nella liturgia, lo si comprende solo a partire da quello che stiamo vivendo in questo momento della nostra vita, e che in un modo o nell’altro risuona dentro di noi come una ferita di gioia o di dolore.
Mi domando che cosa in questo momento della nostra storia ci fa accorgere della verità del Vangelo?
La macchina del consumismo che traveste le nostre città di luci e addobbi o coloro che stanno avvertendo la vita come qualcosa che in un modo o nell’altro li ferisce? Le lacrime del Papa in piazza di Spagna pochi giorni fa sono state forse la migliore sintesi di questo tempo d’Avvento. Se ci interessa Gesù presente nella storia ci interessa a partire dal dramma concreto di popoli martoriati dalla guerra, di uomini, donne, bambini, anziani che sono costretti a confrontarsi con l’orrore della violenza e del male che genera male; sì! perché ci vuole poco a ferire qualcuno, ma la guarigione ha sempre bisogno di molto più tempo per rimarginarsi.
Se ci interessa Gesù presente nella storia ci interessa per tutti coloro che per amore di qualcuno trovano la forza di scalare le montagne dei problemi che hanno davanti. Ci interessa per quei padri e quelle madri che mettono al mondo i figli sapendo che non sarà facile spianare loro la strada. Ci interessa per quei malati incurabili che desiderano solo morire perché avvertono la vita come un peso ormai insopportabile. Ci interessa per quello che la cronaca ci racconta inesorabilmente ogni giorno. Se la presenza di Cristo nella storia non dà alla storia un nuovo significato a quale salvezza crediamo?
Se Dio si fa “carne e sangue” allora ognuno di noi deve avere la pretesa di vedere nella “carne e sangue” di questo presente ciò che può salvarci. Vedere però è un verbo difficile, perché a volte per vedere si ha bisogno della giusta distanza. Dio si è fatto così vicino a noi che molto spesso non lo vediamo. Solo chi coltiva interiorità vede ciò che a uno sguardo superficiale sfugge. In questo senso non c’è cosa più utile al mondo d’oggi che una sana interiorità. È da lì che la gioia e il dolore prendono la rincorsa per diventare lacrime, direzione, luce. È da lì che inizia il Natale
(Fonte: L'Osservatore Romano - 12.12.2022)
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