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martedì 9 agosto 2022

Alberto Bobbio: Il viaggio in Canada, la lezione del Papa rivolta a tutto il mondo - P. Federico Lombardi: il viaggio del Papa in Canada ha raggiunto i suoi scopi

Alberto Bobbio

Il viaggio in Canada,
la lezione del Papa rivolta a tutto il mondo

Il commento 
Ha parlato al Canada oppure ha parlato a tutto il mondo? Il viaggio di Papa Francesco capovolge la prospettiva di una missione solo per chiedere perdono di un’ingiustizia e della negazione dell’identità dei popoli indigeni perseguita con accanimento dai colonizzatori bianchi ed europei con la collaborazione delle Chiese cristiane. Jorge Mario Bergoglio aveva annunciato un «pellegrinaggio penitenziale» e lo ha fatto. Ma le sue parole hanno avuto un perimetro ben più largo del Canada e costringono quindi ad una riflessione altrettanto larga e ad un atteggiamento penitenziale che supera i confini del Nord America.

Papa Francesco in Canada (Foto di Ansa)

Francesco è stato ferito, lui e insieme tutta la Chiesa cattolica, dalle politiche di assimilazione, ai cui i cattolici hanno gagliardamente contribuito, che derubavano l’identità alle persone, tagliavano radici, facevano sparire grammatiche e semantiche culturali e spirituali, in nome, ha detto all’inizio, «di un’educazione cattolica che si supponeva cristiana». Ha ripetuto più volte che si è trattato di pratiche incompatibili con il Vangelo e se ne è assunto la responsabilità. Ha avuto coraggio. Ma poi ha fatto un passo avanti, perché altrimenti tutto sarebbe rimasto relegato ad una missione locale e al politicamente corretto, secondo cui un Papa non si azzardi ad inquietare coscienze laiche e cristiane in contesti più ampi e complessi.

In gioco c’è la riconciliazione tra i cristiani e i «segni dei tempi», che non è affatto un cedimento al mondo come alcuni detrattori di Francesco sostengono e come avvenne già con Papa Giovanni XXIII e con il Concilio Vaticano II, ma è il frutto dell’irrigidimento dei cristiani nel modello di una cristianità tutta d’un pezzo, superiore a qualsiasi altra istanza, e che dunque discrimina, impone o nel migliore dei casi persuade. Quando il Papa ha allargato il ragionamento sulla colonizzazione «ideologica» altrettanto deprecabile e sulla pratica sempre più diffusa di riscrivere la storia per depotenziare barbari del passato e sdoganare le drammatiche ipocrisie di nuovi eroi identitari, è scattata l’operazione oblio e il viaggio è stato relegato nel racconto dei buoni sentimenti, nel resoconto di una Papa che fa mea culpa, degli indiani che danzano per la pioggia, proteggono le foreste, gli regalano le piume di grande capo.

Francesco invece ha osato chiedere non solo alla Chiesa, ma all’intero mondo di mettersi in ascolto dei «segni dei tempi», quelli dove la Storia insegna come si fa ad evitare ingiustizie, vergogne, dolori. Lo sguardo di Bergoglio è diverso. In Canada ne ha dato prova ulteriore. Guarda in faccia le persone, ascolta le loro storie, tiene conto del contesto, si lascia penetrare dalla storia e non tende a cancellarla. A Quebec City davanti alle autorità politiche, ai capi delle tribù indiane e ai diplomatici ha usato un’espressione sfuggita a molti: «Mistica dell’insieme». È quello che oggi manca, che abbiamo perduto lasciandoci soggiogare dal contrappunto dei giudizi negativi o, ha aggiunto Bergoglio, da «inutili nostalgie».

È la logica delle convenienze del mondo che lo divide in buoni e cattivi, che fa dell’aggressività la cifra delle relazioni, che impedisce le riconciliazioni a casa, tra gli Stati, tra i popoli. È accaduto nella storia del Canada, accade ancora ogni giorno. Purtroppo anche nella Chiesa, quando la fede viene utilizzata per difendere identità e non per allargare fratellanze. Sguardo negativo, lo ha definito Francesco. Poi c’è lo sguardo «che discerne», niente affatto ingenuo, come molti credono, l’unico che può mettere al riparo da prospettive sbagliate, perché osserva e ascolta i segni dei tempi, bussole di Dio affidate agli uomini.
(fonte: L'Eco di Bergamo editoriale 31/07/2022)

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P. Federico Lombardi:
il viaggio del Papa in Canada ha raggiunto i suoi scopi

Il gesuita, scrittore de La Civiltà Cattolica e già direttore della Sala Stampa vaticana, ripercorre le tappe del pellegrinaggio penitenziale di Francesco elogiandone la grande coerenza e unitarietà. Si sofferma, in particolare, sull'ultimo discorso agli Inuit: "Un capolavoro di inculturazione". "Siamo tutti capaci a parole - osserva - ma poi bisogna farla, l'inculturazione. Il Papa ha mostrato come si fa"

Viaggio Apostolico in Canada, l'incontro del Papa con giovani e anziani nel piazzale della scuola elementare di Iqaluit

All'indomani del rientro in Vaticano di Papa Francesco dal suo 37mo Viaggio apostolico in Canada, abbiamo chiesto a padre Federico Lombardi S.I., scrittore de La Civiltà Cattolica ed ex direttore della Sala Stampa della Santa Sede, di ripercorrerne le tappe salienti, commentandone l'impianto, lo stile, i contenuti e le speranze.


Che bilancio generale si sente di esprimere alla fine di questo pellegrinaggio penitenziale di Francesco?

Mi sembra che il viaggio abbia veramente raggiunto i suoi scopi, che sia stato impostato con grande coerenza e unitarietà. Non è stato dispersivo, aveva un filo conduttore molto preciso, preparato bene. Il Papa ha fatto tutto quello che doveva fare, se così si può dire, recandosi nei luoghi di questo immenso Paese con la volontà di lavorare insieme ai popoli indigeni e con tutta la società canadese per contribuire a questa riconciliazione e costruire una realtà di armonia che possa guardare al futuro anche sulla base di rapporti nuovi, pienamente rispettosi della dignità e dei valori di ognuna delle componenti che è entrata a far parte della formazione di questo Paese. Il Papa ha saputo anche coinvolgere tutta la comunità della Chiesa canadese. Mi pare che il Papa abbia fatto veramente un cammino: un cammino del riconoscimento penitenziale delle colpe e che è sempre un punto di partenza per ogni incontro vero con gli altri e con Dio. E ha saputo portare questo cammino verso la speranza: non è rimasto chiuso nel riconoscimento del peccato ma ha fatto il suo passo verso l’impegno vissuto non solo volontaristicamente ma cristianamente, con grande fiducia nella potenza della risurrezione del Signore e dell’annuncio del Vangelo.

Francesco nell'incontro con alcuni ex-alunni delle scuole residenziali

Il Papa ha saputo intessere i suoi discorsi con la memoria dell’evangelizzazione del Canada: pensiamo alla figura di San Francesco de Laval, che egli stesso aveva canonizzato in anni recenti, e a tutta la tradizione cristiana portata dai grandi missionari della prima epoca che si è concretizzata nella figura di Sant’Anna. Ha così toccato il cuore della religiosità tradizionale, popolare ma solidamente fondata nella Chiesa. Insomma, il cammino penitenziale, che si riferisce alla vicenda degli abusi o della mancanza di rispetto dei popoli autoctoni e alla vicenda dolorosissima delle scuole residenziali, si è intrecciato con un filo di speranza portato proprio dalla fede in Cristo, da un genuino annuncio del Vangelo. E questo è arrivato anche alla attualità della società canadese. Ci sono stati dei riferimenti molto espliciti alla tematica della secolarizzazione della società canadese che ha portato anche a un indebolimento su come fronteggiare positivamente e con fiducia il fenomeno. È stato fatto ricordando l’impegno di grandi autori canadesi recenti: Taylor, uno dei massimi studiosi della secolarizzazione e grande cattolico, e Lonergan, uno dei maggiori teologi del secolo passato che ha riflettuto profondamente sul rapporto tra l’annuncio della fede e la cultura odierna. Per dire che il Canada ha, dunque, nella storia dell’evangelizzazione, sia dei riferimenti antichi che moderni i quali possono alimentare le risposte, ai problemi o alle sfide di oggi.

Papa Francesco ha detto che la Chiesa non è un’idea da inculcare ma casa accogliente di riconciliazione. E ha avvertito che l’atteggiamento che ha alimentato discriminazioni “è duro a morire, anche dal punto di vista religioso”…

Certamente. Con molta umiltà e molta concretezza dobbiamo renderci conto che questi sono discorsi, principi, atteggiamenti da ravvivare continuamente perché continuamente vengono rimessi in questione, dimenticati. Non bisogna mai illudersi di aver cambiato il cuore dell’uomo una volta per tutte e di averlo reso superiore a ogni peccato e a ogni errore. Il cammino del Papa, come quello della Chiesa e di tutti noi che cerchiamo di seguire questo esempio del Signore, deve essere sempre rilanciato, bisogna riconoscere con verità gli errori compiuti e cercare di guarire le ferite che continuano a riproporsi. A questo proposito, il tema del discorso al lago di Sant’Anna sulle acque che guariscono è stato molto toccante. Noi ci confrontiamo anche nella nostra storia con un male che risorge continuamente e su cui dobbiamo essere avvertiti per continuare a superare le sue conseguenze e manifestazioni. Io credo che il Papa ci abbia dato un messaggio di coraggio, fiducia e speranza ma anche che non dobbiamo ritenere di aver risolto definitivamente i problemi. Quando mai avremo costruito la pace nel mondo in modo definitivo? C’è sempre la tentazione della divisione, dell’odio, della guerra e dell’egoismo e questo noi dobbiamo contrastarlo continuamente. Così, il tema del rispetto del rispetto dell’altro, del non ritenersi superiori è qualcosa che ci deve sempre accompagnare. È qualcosa che la società canadese in questi anni sta vivendo molto. La vicenda delle scuole residenziali è un punto che tocca una revisione di coscienza sul rispetto della cultura diversa e di una forma di educazione che non deve essere di negazione ma, anzi, di apertura e sua valorizzazione.

Come ricentrare dunque, alla luce di quanto detto e fatto dal Papa in questi giorni canadesi, e direi anche alla luce della Costituzione apostolica Praedicate evangelium, il concetto di inculturazione della fede?

Questo è un tema che accompagna la Chiesa dal Vaticano II in modo molto continuo e si riferisce a tutte le culture del mondo: vale per l’America latina, per l’Asia, per l’Africa. Naturalmente, nel viaggio in Canada è stato vissuto in rapporto alle culture autoctone e ai loro valori. L’ultimo discorso fatto agli Inuit a mio avviso è stato un vero capolavoro di impegno di inculturazione perché il Papa ha fatto esplicito riferimento al principale documento recente sui valori della cultura Inuit da mantenere nei confronti della società e del mondo che cambia. E lui lo ha riferito ai valori del vangelo. Ha fatto proprio un lavoro di tessitura tra l’annuncio del vangelo e i valori tradizionali sfidati dalla contemporaneità. E lo ha fatto per la cultura Inuit specificatamente.

Io l’ho trovato piuttosto impressionante. Siamo capaci tutti di parlare genericamente di inculturazione, lo ripetiamo ogni giorno, ma poi bisogna farla e farla significa prendere veramente sul serio che cosa nella quotidianità una cultura significa, come si esprime. E come l’annuncio del vangelo può ulteriormente valorizzare quello che c’è in questa cultura purificandolo eventualmente da elementi che possono e debbono essere superati portandoli ad una ulteriore maturazione e a una condivisione nel rapporto anche con le altre culture. In una società come il Canada, per esempio, ricchissima di popoli che giungono attraverso l’immigrazione e che si fondono in una varietà incredibile, andare fino in fondo cercando di cogliere un valore, rapportarlo al vangelo e condividerlo facendone vedere l’importanza nel contesto attuale - dal punto di vista per esempio dell’educazione ambientale o della conservazione dei valori relazionali nella famiglia o tra le generazioni - ecco, questo è un grande lavoro da fare. Direi che il Papa ce ne ha dato un esempio concreto. Poi va approfondito quotidianamente anche dalla Chiesa canadese e da tutte le persone che vivono nella società canadese a cui lui si è fatto prossimo con una partecipazione, vicinanza e cordialità che ha impressionato tutti e che veramente è un suo grande dono.
(fonte: Vatican News, articolo di Antonella Palermo 31/07/2022)

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Viaggio in Canada (24/30 luglio 2022)