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martedì 30 agosto 2022

Alberto Pellai ECCO PERCHÉ FREQUENTARE LA MATERNA FA BENE AI BAMBINI

Alberto Pellai
 
ECCO PERCHÉ FREQUENTARE LA MATERNA
FA BENE AI BAMBINI
 
La socializzazione dopo i tre anni rappresenta un diritto e un bisogno e la scuola dell’infanzia è quindi un allenamento alla vita. Le famiglie grazie ad essa escono dall'isolamento ed entrano in una rete di legami. Inoltre, le relazioni in età prescolare sono importanti per lo sviluppo del cervello. Lo dice anche la neuroscienza (A. Pellai)


La proposta di rendere obbligatoria la scuola dell’infanzia ha generato critiche da più parti. Eppure non si rivelerebbe una scelta sbagliata sotto molti punti di vista. Tra l’altro è una scelta già abbracciata in Europa da Francia ed Ungheria che hanno l’obbligo dai 3 anni e una decina circa di altre nazioni in cui l’obbligo scolastico comincia a 4 o 5 anni. Dalle esperienze di questi stati si potrebbe trarre ispirazione per comprendere i punti di forza e le eventuali criticità di una tale innovazione proposta anche per l’Italia nell’attuale campagna politica in corso.

Dopo i tre anni, i bambini devono acquisire competenze socio-relazionali. La socializzazione rappresenta al tempo stesso un diritto e un bisogno e la scuola dell’infanzia è una palestra che sa proporre un ottimo allenamento alla vita, in questo senso. Questo è tanto più vero e necessario per i bambini nati e cresciuti al tempo del covid. L’isolamento sociale prodotto dai lockdown, le reclusioni forzate, il distanziamento necessario per la prevenzione del contagio hanno ridotto in modo molto evidente le occasioni di incontro e socializzazione dei piccolissimi. Inoltre la scuola dell’infanzia propone una relazione privilegiata con adulti dotati di competenze educative. L’impoverimento delle relazioni inter-famigliari e intra-famigliari ha ridotto il numero di relazioni che i bambini più piccoli hanno con gli adulti del loro contesto di vita. Spesso, quegli stessi adulti sono molto impegnati nel tenere insieme tutti gli impegni e i doveri della loro vita. Questo implica minori possibilità di offrire ai bambini relazioni stimolanti ed esperienze efficaci dal punto di vista educativo e formativo. Nel loro essere “multitasking” gli adulti spesso si vedono – giocoforza – obbligati a coinvolgere sempre più spesso i bambini in attività mediate dallo schermo. Programmi televisivi, videogiochi, video ricreativi mostrati attraverso gli schermi di smartphone e tablet diventano spesso modalità con cui si intrattengono i bambini in età prescolare per tempi significativi nell’arco della giornata. Moltissime ricerche evidenziano come – soprattutto dopo la pandemia da covid 19 – i bambini di età 3-6 anni abbiano visto crescere in modo esponenziale il tempo trascorso davanti allo schermo con una riduzione significativa delle attività di gioco attivo, di esplorazione della natura e di contatto con gli altri bambini. Inoltre, cresce l’evidenza clinica che mostra un numero sempre maggiore di bambini con disturbi o ritardo del linguaggio. Così come la permanenza prolungata davanti ai piccoli schermi ha generato un incremento drastico di casi di miopia in età pediatrica, su scala mondiale.

Le relazioni che i bambini vivono e le esperienze che i bambini fanno in età prescolare hanno un’importanza cruciale per lo sviluppo del loro cervello. Un recente studio dei neuroscienziati pubblicato sulla prestigiosa rivista Jama confrontava l’organizzazione della materia bianca del cervello di bambini che tutti i giorni vengono coinvolti in attività di lettura condivisa con quella di bambini che non vivono questa esperienza e che vengono esposti per almeno due ore al giorno in attività schermo—mediate. Inutile dire che il cervello dei primi presentava una struttura e un’organizzazione molto più regolare e più funzionale all’apprendimento (soprattutto delle competenze necessarie alle funzioni di letto-scrittura) dei secondi.

La scuola dell’infanzia obbligatoria a 3 anni potrebbe essere vista oggi come una risorsa necessaria per una generazione di bambini che in età prescolare si trova a vivere con sempre minor possibilità di contatto e relazione con bambini di pari età e a fianco di adulti sempre più impegnati. Inoltre, la scuola dell’infanzia potrebbe rappresentare un luogo in cui adulti preparati e competenti sul piano educativo permettono ai bambini di vivere una porzione significativa della propria quotidianità in un ambiente in cui le esperienze in presenza, concrete e di gioco attivo vengono favorite e incentivate permettendo ai piccolissimi di non entrare nella deriva oggi sempre più precoce e crescente che li vede fare sempre più cose davanti e attraverso uno schermo.

Infine è nella scuola dell’infanzia che moltissime famiglie con bambini piccoli escono dall’isolamento ed entrano in una rete composta da altre famiglie con cui condividere relazioni ed esperienze partecipando a quella comunità educante che senza la spinta incentivante fornita dalla frequenza scolastica non riesce a rendersi realtà concreta e partecipativa per tantissimi genitori.
(fonte: Famiglia Cristiana 25/08/2022)