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sabato 27 agosto 2022

QUELLA TAVOLA BEATA - Dio regala gioia a chi si fa amore. ... L'uomo per star bene deve dare. - XXII Domenica Tempo Ordinario Anno C - Commento al Vangelo a cura di P. Ermes Ronchi

QUELLA TAVOLA BEATA
 

Dio regala gioia a chi si fa amore.
L'uomo per star bene deve dare.

 

I commenti di p. Ermes al Vangelo della domenica sono due:
  • il primo per gli amici dei social
  • il secondo pubblicato su Avvenire

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti». Luca 14,1-14

per i social

QUELLA TAVOLA BEATA

Dio regala gioia a chi si fa amore. ... L'uomo per star bene deve dare.

La gente sta ad osservare Gesù, e Gesù osserva gli invitati.
Un incrociarsi di sguardi, in quella sala che è la metafora della vita: conquistare i primi posti, competere, illusi che vivere sia vincere e prevalere. Allora Gesù propone un'altra logica: tu vai a metterti all'ultimo posto. Non è un castigo, è il posto di Dio, venuto per servire.
Per Gesù tutto è sillaba della Parola: il pane e il fiore del campo, il passero e il bambino, un banchetto festoso e una preghiera nella notte. Ma è sedendo a tavola, con Levi, Zaccheo, Simone il fariseo, i cinquemila sulla riva del lago, i dodici nell'ultima sera, che egli fa della convivialità e del pane spezzato lo specchio e la frontiera avanzata del suo programma messianico.
Per questo invitarlo a pranzo era rischiare, come hanno ben presto imparato i farisei. Ogni volta, Gesù metteva loro sottosopra la cena, mandandoli in crisi, insieme con i loro ospiti.
Lo fa anche in questo Vangelo, con la sua proposta paradossale: vai a metterti all'ultimo posto, non per modestia, ma perché “Dio comincia sempre dagli ultimi della fila” (don Orione), e non dai cacciatori di poltrone.
Gesù reagisce all’eterna corsa ai primi posti opponendo «a questi segni del potere il potere dei segni» (Tonino Bello): all'ultimo posto, perché gesti così generano un'inversione di rotta nella storia, aprono un tutt'altro modo di abitare la terra.
E tu, a tua volta, invita alla tua tavola gli ultimi dei poveri. L’assurdo è che solo allora sarai beato!
Tu leggerai la tua gioia nel volto degli altri, e la ritroverai ogni volta che sarai un generoso senza calcoli, beato perché Dio regala gioia a chi si fa amore.
Che strano: ciechi, storpi e malati sembrano categorie di persone infelici, eppure nascondono il segreto della gioia, o meglio: diventando il tramite per raggiungerla.
Allora capisco che l'uomo per star bene deve dare. È la legge della vita, quindi legge di Dio.
Una tavolata piena di ospiti male in arnese mi parla di Dio: un Dio che ama in perdita, ama senza nulla calcolare, entra in quelle vite al buio come un’offerta di sole, come una fessura di luce su un modo più umano di abitare la terra.
Vangelo stravolgente e contromano, che chiama al coraggio di volare alto. Vangelo da Dio e non da uomini, che mette a soqquadro ogni tornaconto, e tutta la storia non lo può contenere, e l'uomo intero non basta.
E mi dà gioia pensare che il Signore mi invita su queste strade un po' folli, ma così libere, certo che nessun sistema sociale può contenere la forza giovane del Vangelo.
Quel Dio dei capovolgimenti, dell'Esodo, di Giobbe, della croce, è ancora all'opera. Amare riamati riempie la vita, ma è solo l'amore che non cerca il contraccambio, è solo la carità (parola che suona vecchia, ma non lo è) che riempie di speranza e di viventi, di vita che sia vita, il grande vuoto della terra.


per Avvenire

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