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giovedì 10 dicembre 2020

Enzo Bianchi: La necessità della speranza - Una via di salvezza per un varco oltre la crisi


La necessità della speranza 
Una via di salvezza per un varco oltre la crisi
di Enzo Bianchi


La Repubblica - Altrimenti
6 dicembre 2020


L’acuto sociologo britannico Anthony Giddens, che da decenni legge il nostro tempo in occidente sotto il segno della crisi, in una recente intervista ha ribadito che “in questo mondo in fuga occorre riscoprire il principio speranza”.

Poiché più volte ho sostato su questa virtù umana, mi sembra necessario riproporre la speranza come via di salvezza per aprire un varco oltre la crisi. La cattività che stiamo vivendo a causa della pandemia è certamente depressiva e disperante, per le numerose e nuove paure, per le angosce che non solo ci assalgono, ma hanno impoverito le nostre vite, privandole di relazioni e di ciò che dà senso alla vita.
Per i giovani, che ascolto con assiduità anche nella presente contingenza, mediante i social, il futuro non equivale più a una promessa ma piuttosto a un’incognita, talvolta a una minaccia che impedisce ogni atto di fiducia. L’attesa, lo slancio verso il futuro, il rischio dell’incontro e la ricerca dell’altro sono molto deboli. Il presente è così faticoso che va negato, non si coglie più la sua irripetibilità, che è chiamata alla consapevolezza e alla responsabilità; e se si cerca di andare oltre, non si va con speranza al futuro, ma ci si arresta a un’esistenza “al futuro anteriore”. Manca l’attesa, e di conseguenza la speranza. L’attesa è generata dal desiderio e sostenuta dalla fiducia, non è una situazione inerte, vuota, ma una tensione attiva che accelera il compimento: nella misura in cui diventa efficace, si trasforma in speranza.

La speranza, dal canto suo, è inerente al desiderio di esistere e si manifesta come forza ineliminabile dall’essere umano e, oserei dire, dal cosmo intero, che “geme e soffre nella speranza della liberazione”, secondo le parole di Paolo di Tarso. La speranza ci abita nelle viscere, è molto più che un sentimento di sopravvivenza. È ciò che, secondo la sapienza antica, ci fa stare “eretti, in piedi”, e ci fa sempre ricominciare il cammino, anche dopo aver attraversato valli di morte. Sperare significa attendere con fiducia ciò che ancora non si vede. L’arte della speranza è resistenza e, nel contempo, apertura al futuro.

Oggi dobbiamo più che mai impegnarci a sperare: è un esercizio, una resistenza contro la disperazione, dipende anche dalla nostra volontà e richiede di assumere e confermare le nostre convinzioni e gli orientamenti esistenziali. Non si dimentichi però che sperare è possibile solo insieme agli altri, mai senza gli altri. “Io spero in te per noi”, scriveva Gabriel Marcel, affermando che la speranza è sempre legata alla relazione, alla comunione.

Sperare, infine, è sempre sperare per tutti. Non si può sperare solo per se stessi ma si sperano il bene, la felicità, la pienezza di vita per tutti, mai contro gli altri. Se si spera così, si diventa visionari e, guardando le cose visibili, si vedono quelle invisibili (ai più) e si smascherano le false speranze. Nessun ottimismo a basso prezzo, ma speriamo contro ogni speranza anche in questa cattività pandemica.
(fonte: Altrimenti - blog)