di mons. Giovanni Ricchiuti
Carissime/i, nell’Angelus di domenica 10 novembre papa Francesco auspicava che dialogo a trattative trovino spazio invece del ricorso alle armi. Parlava del Sud Sudan, della Bolivia… Poche ore dopo ci giunge da Kirkuk, in Iraq, la notizia dell’attentato ai militari italiani, con il ferimento di cinque giovani militari. E oggi, mentre scrivo questi pensieri, sono 16 anni dall’attentato di Nassiriya, che tutti ricordiamo.
Questi eventi ci devono condurre ad una riflessione.
Questa violenza, questa guerra ci fanno pagare un prezzo altissimo di vite umane, militari e civili. A questi feriti, militari e civili, va tutto il nostro pensiero, ricordo, preghiera e solidarietà. Però una riflessione la dobbiamo pur fare. Perché queste logiche di violenza e di guerra non cessano? Poche voci si levano a denunciare il continuo ricorso alle armi, alla loro indiscriminata produzione, al loro commercio. Ho letto su Famiglia Cristiana, mi sembra a firma di Gabriella Caramore, a proposito del 4 novembre ribadendo che qualsiasi guerra è una grande inutile strage, e che il miglior modo di onorare i caduti (di ogni conflitto aggiungo io…) è fermare la guerra; ma l’umanità sembra incapace di fermarle…
In questo clima piuttosto teso e drammatico. Certo non mancano i segni di speranza, marce, convegni, dibattiti. Ricordo anche le coraggiose prese di posizione di alcune scuole, ne abbiamo già parlato, come il liceo Marco Polo di Venezia, nei confronti di una logica militarista che porta a far vedere ai giovani un futuro, anche occupazionale, che non mi sembra nel rispetto della vita e che è un continuo ricorso alle armi. C’è un continuo richiamo alla Difesa. Ma perché perdere la visione di una Difesa non armata e nonviolenta?
Questa logica militarista porta a confusioni tremende. Penso alla lettera che il nostro coordinatore, don Renato, ha scritto al direttore de La Stampa di Torino che, in un editoriale, ha scritto mettendo sullo stesso spiano la ricerca e la tecnologia di Candiolo (centro tumori di altissimo livello) e di Cameri, dove si producono gli F-35. Non si possono fare queste confusioni! Come si può mettere sullo stesso piano l’impegno di quei giovani in campi così diversi? Non sarebbe meglio che l’impegno dei giovani fosse ancora maggiore nel campo della medicina, della riconversione delle fabbriche di armi. Mi colpisce anche il silenzio del nostro Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini (che si dice anche molto cattolico) a cui avevo indirizzato l’editoriale di Mosaico di pace, del mese di ottobre sulla questione del disarmo: Signor Ministro… e la Pace?. Finora non ho ancora ricevuto alcuna risposta.
Sono solo utopie?
Si nota una omologazione di pensiero. Ma continuiamo a lavorare per la pace. Ho saputo che l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, ha incontrato alcuni giovani per mettere in piedi una consulta per la pace. E probabilmente anche a Palermo, come in altre città italiane, nascerà un punto Pace di Pax Christi.
Queste sono belle notizie. C’è fermento. Ci sono segni di speranza. Però la speranza ha davanti a sé dei sentieri difficili che dobbiamo – nonostante tutto – continuare a percorrere. Sarà la storia poi a chiederci conto.
Intanto ci prepariamo al Convegno e alla Marcia per la Pace di fine anno a Cagliari.
+ Giovanni Ricchiuti
Presidente di Pax Christi
(fonte: Editoriale di Pax Christi 12-11-2019)