
Alessandro D'Avenia:
ULTIMO BANCO
Siamo tutti in attesa
Pubblicato su "Il Corriere della Sera"
il 30.09.2019

«La nudità del cielo fa appello alla nostra. È difficile nascondere pensieri in questa insolita nudità. Ci si riscuote appena, ci si sente visibili come ciottoli in fondo all’acqua». La nudità del cielo - è nudo perché è spalancato - fa sentire noi nudi, semplici come ciottoli levigati, senza maschere: semplice significa avere una sola piega (plica), nudo, al contrario di com-plicato, pieno di pieghe, accartocciato. Il cielo non dà tregua anche se scappiamo: «Non si sfugge, nemmeno nell’acqua, alla solitudine e all’attesa. Qualcuno di noi scende al fondo, a toccare il cemento; è una cosa insolita, e tutti gli istanti che trascorre sommerso nell’acqua verde sono un modo di nascondersi, di essere solo. Quando ritorna tra noi, taciturno, è l’unico che ha l’aria di non attendere qualcosa». Che cosa ha visto? Che cosa ha toccato? Ha trovato risposta? «”Siamo qui per bagnarci e per prendere il sole. Siamo qui per stare insieme”. Ciascuno di noi, se la piscina fosse deserta, non reggerebbe a starsene solo, sotto il cielo». Non sappiamo stare sotto il cielo, non ricordiamo più cosa sia l’eternità che dà valore alle cose oltre la morte e alla morte ci sottomettiamo. La compagnia degli uomini non basta, anzi amplifica l’attesa: «siamo tutti inquieti, chi seduto e chi disteso, qualcuno contorto, e dentro di noi c’è un vuoto, un’attesa che ci fa trasalire la pelle nuda». Così finisce il racconto: il corpo nudo è carne assetata, che s’agita attorno al vuoto dell’attesa. È una sete d’amore continua, non fisica, ma metafisica: un rumore d’acque che non troviamo. Pavese ne conosceva l’arsura, e la delusione amorosa ricevuta da Constance Dowling fu solo la causa contingente del suo suicidio a soli 41 anni: la bella attrice americana rappresentò per lui l’ultima speranza di recuperare l’innocenza perduta, la purezza che aveva cercato nelle cose umane, senza esserne mai soddisfatto. Era in attesa di quegli dei che però, come dice la dolorosa chiusura del suo libro-testamento (I dialoghi con Leucò), non riusciva a trovare. E noi? Se ciò che attendiamo non arriva? Se, illusi e delusi, finiamo all’ultimo banco, dove non s’attende più nulla?
È questo il momento di stringersi agli altri, chiedere aiuto, alzare gli occhi al cielo, accettare la nudità di creature che non sanno darsi una vita che bramano eterna. Le madri, in attesa, si accarezzano il grembo con una mano, e con l’altra sorreggono la schiena: la loro attesa è insieme faticosa e dolce. Eppure la vita cresce solo quando, coraggiosi, le diamo spazio, amando e lasciandoci amare. Questo - le madri lo sanno - ci rende pronti a ricevere ciò che attendiamo.