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giovedì 31 gennaio 2019

VIAGGIO APOSTOLICO A PANAMA 23-28 GENNAIO 2019 - Visita alla Casa Hogar del Buen samaritano e Angelus: «Grazie a quanti rendono possibile che l’amore di Dio si faccia sempre più concreto, più reale, fissando lo sguardo negli occhi di coloro che ci stanno intorno e riconoscendoci come prossimi.» - «Abbiamo bisogno di moltiplicare la speranza ... fate un “chiasso” d’amore» (cronaca, foto, testi e video)


VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
A PANAMA IN OCCASIONE DELLA
XXXIV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
23-28 GENNAIO 2019


Domenica, 27 gennaio 2019

PANAMA-ROMA

10:45 Visita alla Casa Hogar del Buen samaritano 
          Angelus
16:30 Incontro con i volontari della GMG nello Stadio Rommel Fernandez
18:00 Cerimonia di congedo all’Aeroporto Internazionale di Panama
18:15 Partenza in aereo per Roma


VISITA ALLA CASA HOGAR DEL BUEN SAMARITANO
Panama
Domenica, 27 gennaio 2019

E’ un altro gesto all’insegna della misericordia e della carità quello che il Papa compie raggiungendo questo piccolo angolo di pianeta, rifugio per tanti giovani e adulti malati, vittime dell’HIV. Qui, a “La Casa Hogar del Buen Samaritano” si palesa il volto della Chiesa al servizio dei poveri, che tende mani, che soccorre e accoglie quanti vivono la condanna dell’Aids, quanti lottano contro la tossicodipendenza, l’abbandono, l’emarginazione da parte della società. Ecco perché, sebbene diversa da quella vissuta ed espressa in tanti incontri di questa GMG, la gioia continua a risuonare. “Grazie Santo Padre, grazie perché la sua visita è carica di molto significato... La sua presenza ci rivela che Dio ascolta le nostre grida”, dice padre Domingo Escobar, direttore della Casa Famiglia mentre saluta Francesco a nome di tutti. Sotto gli occhi commossi del Pontefice i 60 ospiti, ragazzi e ragazze assistiti anche da altri centri (San Juan Pablo II, Hogar San José e “Casa del Amor”, della Congregazione Hermanos de Jesús Kkottongnae), lo ringraziano invece con i sorrisi, i fiori, i doni fatti a mano e le canzoni scritte per l’occasione, come quella intonata dal piccolo Abrahan Guerra di 13 anni.
Dopo aver ricevuto i doni e i saluti da parte degli ospiti delle case famiglia, Francesco benedice la prima pietra di 4 nuovi centri di assistenza sul modello della Casa del Buon Samaritano che nasceranno nasceranno in Giamaica e Argentina, Paraguay e ancora a Panama.

















DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari giovani, 
Stimati direttori, collaboratori, agenti di pastorale,
Amiche e amici!

Grazie, Padre Domingo, per le parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto. Ho desiderato questo incontro con voi, che siete qui nella Casa-famiglia “Il Buon Samaritano”, e anche con gli altri giovani presenti del Centro “Giovanni Paolo II”, della Casa-famiglia “San Giuseppe” delle Sorelle della Carità e della “Casa dell’Amore” della Congregazione dei Fratelli di Gesù Kkottonngae. Stare con voi è per me motivo di rinnovare la speranza. Grazie perché lo rendete possibile!

Preparando questo incontro ho potuto leggere la testimonianza di un membro di questa casa, che mi ha toccato il cuore perché diceva: «Qui sono nato di nuovo». Questa casa, e tutti i centri che voi rappresentate, sono segno della vita nuova che il Signore ci vuole donare. È facile confermare la fede di alcuni fratelli quando la si vede agire ungendo ferite, sanando speranza e incoraggiando a credere. Qui non nascono di nuovo solo coloro che potremmo chiamare “beneficiari primari” delle vostre case; qui la Chiesa e la fede nascono, qui la Chiesa e la fede si rinnovano continuamente per mezzo della carità.

Cominciamo a nascere di nuovo quando lo Spirito Santo ci dona occhi per vedere gli altri, come ci diceva il Padre Domingo, non solo come nostri vicini di casa – che già vuol dire molto – ma come nostri prossimi. Vedere gli altri come prossimo.

Il Vangelo ci dice che una volta domandarono a Gesù: «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29). Lui non rispose con teorie, nemmeno fece un discorso bello ed elevato, ma usò una parabola – quella del Buon Samaritano –, un esempio concreto di vita reale che tutti voi conoscete e vivete molto bene. Il prossimo è una persona, un volto che incontriamo nel cammino, e dal quale ci lasciamo muovere, ci lasciamo commuovere: muovere dai nostri schemi e priorità e commuovere intimamente da ciò che vive quella persona, per farle posto e spazio nel nostro andare. Così lo intese il buon Samaritano davanti all’uomo che era stato lasciato mezzo morto al bordo della strada non solo da alcuni banditi, ma anche dall’indifferenza di un sacerdote e di un levita che non ebbero il coraggio di aiutarlo, e come sapete, anche l’indifferenza uccide, ferisce e uccide. Gli uni per qualche misera moneta, gli altri per paura di contaminarsi, per disprezzo o disgusto sociale, senza problemi avevano lasciato quell’uomo per terra lungo la strada. Il buon Samaritano, come tutte le vostre case, ci mostra che il prossimo è prima di tutto una persona, qualcuno con un volto concreto, con un volto reale e non qualcosa da oltrepassare e ignorare, qualunque sia la sua situazione. È un volto che rivela la nostra umanità tante volte sofferente e ignorata.

Il prossimo è un volto che scomoda felicemente la vita perché ci ricorda e ci mette sulla strada di ciò che è veramente importante e ci libera dal banalizzare e rendere superflua la nostra sequela del Signore.

Stare qui è toccare il volto silenzioso e materno della Chiesa che è capace di profetizzare e creare casa, creare comunità. Il volto della Chiesa che normalmente non si vede e passa inosservato, ma è segno della concreta misericordia e tenerezza di Dio, segno vivo della buona notizia della resurrezione che agisce oggi nella nostra vita.

Fare “casa” è fare famiglia; è imparare a sentirsi uniti agli altri al di là di vincoli utilitaristici o funzionali, uniti in modo da sentire la vita un po’ più umana. Creare casa è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi. È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere. Una casa, lo sappiamo tutti molto bene, ha bisogno della collaborazione di tutti. Nessuno può essere indifferente o estraneo, perché ognuno è una pietra necessaria alla sua costruzione. Questo implica il chiedere al Signore che ci dia la grazia di imparare ad aver pazienza, di imparare a perdonarci; imparare ogni giorno a ricominciare. E quante volte perdonare e ricominciare? Settanta volte sette, tutte quelle che sono necessarie. Creare relazioni forti esige la fiducia che si alimenta ogni giorno di pazienza e di perdono.

E così si attua il miracolo di sperimentare che qui si nasce di nuovo; qui tutti nasciamo di nuovo perché sentiamo efficace la carezza di Dio che ci rende possibile sognare il mondo più umano e, perciò, più divino.

Grazie a tutti voi per l’esempio e la generosità; grazie alle vostre Istituzioni, ai volontari e ai benefattori. Grazie a quanti rendono possibile che l’amore di Dio si faccia sempre più concreto, più reale, fissando lo sguardo negli occhi di coloro che ci stanno intorno e riconoscendoci come prossimi.

ANGELUS

Ora che preghiamo l’Angelus, vi affido alla nostra Madre, la Vergine. Chiediamo a Lei, che come buona Madre è esperta di tenerezza e di vicinanza, di insegnarci ad essere attenti per scoprire ogni giorno chi è il nostro prossimo e di incoraggiarci ad andargli incontro prontamente e potergli offrire una casa, un abbraccio dove possa trovare protezione e amore di fratelli. Una missione in cui siamo tutti coinvolti.

Vi invito ora a mettere sotto il suo manto tutte le vostre preoccupazioni, tutte le necessità, i dolori che portate in voi, le ferite che patite, perché, come Buona Samaritana, venga a noi e ci assista con la sua maternità, la sua tenerezza, il suo sorriso di Madre.

Angelus Domini…

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

oggi si celebra la Giornata internazionale della memoria delle vittime dell’Olocausto. Abbiamo bisogno di mantenere vivo il ricordo del passato, delle tragedie passate, e imparare dalle pagine nere della storia per non tornare mai più a commettere gli stessi errori. Continuiamo a sforzarci, senza sosta, di coltivare la giustizia, di far crescere la concordia e sostenere l’integrazione, per essere strumenti di pace e costruttori di un mondo migliore.

Desidero esprimere il mio dolore per le tragedie che hanno colpito lo Stato di Minas Gerais in Brasile e lo Stato di Hidalgo in Messico. Raccomando alla misericordia di Dio tutte le vittime e, nello stesso tempo, prego per i feriti ed esprimo il mio affetto e la mia vicinanza spirituale alle loro famiglie e a tutta la popolazione.

Qui a Panama ho pensato molto al popolo venezuelano, al quale mi sento particolarmente unito in questi giorni. Di fronte alla grave situazione che sta vivendo. chiedo al Signore che si cerchi e si raggiunga una soluzione giusta e pacifica per superare la crisi, nel rispetto dei diritti umani e cercando esclusivamente il bene di tutti gli abitanti del Paese. Vi invito a pregare, ponendo questa intercessione sotto la protezione di Nostra Signora di Coromoto, Patrona del Venezuela.

A Cristo e alla Vergine, ugualmente affidiamo le vittime dell’attentato terroristico perpetrato, questa domenica, nella cattedrale di Polo, nelle Filippine, mentre era in corso la celebrazione dell’Eucaristia. Ribadisco la mia più ferma riprovazione per questo episodio di violenza, che reca nuovi lutti in questa comunità cristiana, ed elevo le mie preghiere per i defunti e per i feriti. Il Signore, Principe della pace, converta il cuore dei violenti e conceda agli abitanti di quella regione una convivenza serena.

E oggi, nell’ultimo giorno della Giornata Mondiale della Gioventù, come offerta della Messa hanno portato una lista di venti giovani che non hanno potuto sapere come si svolgeva la Giornata della Gioventù, mediante la televisione, mediante la radio, giovani allievi della Scuola Cadetti di Polizia “Generale Francisco de Paula Santander”, in Colombia, uccisi dall’odio terrorista. Questi giovani sono stati un’offerta nella Messa, e in ricordo di essi mi permetto in questo Angelus di nominarli, e ciascuno nel proprio cuore, se non ad alta voce nel proprio cuore, dica quella parola che si usa dire in queste istituzioni quando si nomina un morto: “presente”. Che siano presenti davanti a Dio. Cadetto Luis Alfonso Mosquera Murillo; cadetto Oscár Javier Saavedra Camacho; cadetto Jonathan Efraín Suescón García; cadetto Manjardez Contreras Juan Felipe; cadetto Juan Diego Ayala Anzola; cadetto Juan David Rodas Agudelo; cadetto Diego Alejandro Pérez Alarcón; cadetto Jonathan Ainer León Torres; cadetto Alán Paul Bayona Barreto; cadetto Diego Alejandro Molina Peláez; cadetto Carlos Daniel Campaña Huertas; cadetto Diego Fernando Martínez Galvéz; cadetto Juan Esteban Marulanda Orozco; cadetto César AlbertoOjeda Gómez; cadetto Cristian Fabián González Portilla; cadetto Fernando Alonso Iriarte Agresoth; cadetto Ercia Sofía Chico Vallejo; cadetto Cristian Camilo Maquilón Martínez; cadetto Steven Rolando Prada Riaño; cadetto Iván René Munóz Parra. Ti preghiamo, Signore, di concedere loro la pace, e che anche al popolo colombiano Tu conceda la pace. Amen.

[Benedizione]

Di nuovo vi ringrazio per quello che state facendo qui, è grande, è molto bello. Dio vi benedica, e pregate per me. Grazie!


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INCONTRO CON I VOLONTARI DELLA GMG
Stadio Rommel Fernández (Panama)
Domenica, 27 gennaio 2019




E' con un grazie e un invito alla testimonianza rivolto a tutti i volontari che hanno reso possibile la GMG a Panama, che Papa Francesco conclude la XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù. L'appuntamento, nello Stadio Rommel Fernández Juan Diaz, è ancora una volta una festa grande, grande come la speranza accesa nei cuori di tutti i giovani che con il Pontefice hanno vissuto insieme questi sei giorni in Centro America.
Chi sono i volontari

Sono cristiani, musulmani, buddisti ed ebrei. Alcuni senza fede ma tutti mossi dalla generosità umana, racconta nel suo saluto di benvenuto al Papa, il coordinatore generale della GMG, Rómulo Aguilar: "Crediamo che questi giovani abbiano dato al mondo tutto ciò che avevano, e siamo molto grati"
Le testimonianze

Davanti a Francesco, sul palco, tre ragazzi raccontano la propria esperienza di servizio. Bartosz Placak, giovane polacco, rappresentante dei 'volontario di lunga data', parla della bellezza dei carismi, "che sono i veri tesori della Chiesa", ma anche dei momenti difficili: "Durante il cammino a Panama - dice - ho conosciuto molte mie debolezze, che so di dover superare. Guardando sempre alla Vergine Maria, noi volontari dobbiamo sapere che i frutti raccolti non sono per noi stessi".


Poi è la volta di Stella Maris, panamense di 21 anni, che con la sorella decide di vendere caramelle e muffin per poter partecipare, nel 2016, alla GMG in Polonia: "Abbiamo raccolto una somma che ci avrebbe permesso di viaggiare. Ma i miei tre nonni sono morti nello stesso mese - prosegue - e abbiamo dovuto usare quel denaro per poter coprire le spese". "Al momento della chiusura della GMG in Polonia, hanno annunciato che la sede seguente sarebbe stata Panamá. Così mi sono resa conto di com’è il Signore e di come predispone ogni cosa".

La terza testimonianza è affidata a una giovane volontaria della prossima Gmg che si terrà in Portogallo, a Lisbona. Parole di gratitudine e commozione quelle di Maria Margarida: "quando nel 2022, nella nostra città, pregheremo in tutte le lingue e rinnoveremo la richiesta di essere confermati nella nostra fede da Sua Santità Papa Francesco, sappremo che vivremo un momento unico di grazia".
Il servizio e la Pentecoste

Il desiderio di mettere in evidenza il valore della parola 'servizio' è il cuore del discorso rivolto ai volontari dall'arcivescovo di Panama, José Domingo Ulloa Mendieta. Una parola che racchiude un mandato e che rimanda alla Pentecoste: "Analogamente alla Pentecoste sperimentata dagli apostoli - sottolinea - dobbiamo uscire dai nostri recinti, paure e comodità per intraprendere il cammino del rinnovamento ecclesiale e sociale, dove i giovani sono i protagonisti". Due i compagni di viaggio di questi ragazzi, spiega ancora l'arcivescovo, la forza dello Spirito Santo e la Vergine Maria, nell'augurio che, conclude Ulloa Mendieta, i volontari espandano lo spirito di servizio nei loro ambienti per essere "dispensatori dell'amore misericordioso di Dio, in un mondo ferito e fratturato dall'indifferenza e dall'assenza di umanità".
Le parole del Papa

E’ un grazie a tu per tu, personale, quello di Papa Francesco ad ogni singolo volontario presente nel più grande stadio di Panama. Una consuetudine nel solco della tradizione delle Giornate Mondiali della Gioventù che dedica l’appuntamento conclusivo all’incontro con chi ne rende possibile la realizzazione. Sul palco, prima del discorso del Pontefice, i ragazzi propongono una versione pop dell'Annuncizione, che sembra proprio apprezzata da Francesco.
Comunione e gioia nel servire

La gioia ha il sopravvento sulla stanchezza di questi ragazzi che Francesco abbraccia con gratitudine. I tre volontari che hanno condiviso la loro esperienza sul palco, il Papa li chiama per nome, Bartosz, Stella Maris del Carmen e Maria Margarida, riconoscendo l'importanza fondamentale del loro gesto

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari volontari:

Prima di terminare questa Giornata Mondiale della Gioventù, ho voluto incontrarmi con tutti voi per ringraziare ciascuno del servizio che avete compiuto in questi giorni e durante gli ultimi mesi che hanno preceduto la Giornata.

Grazie a Bartosz, Stella Maris del Carmen e Maria Margarida per aver condiviso le loro esperienze in prima persona. Per me è stato molto importante ascoltarvi e rendermi conto della comunione che si crea quando ci uniamo per servire gli altri! Sperimentiamo come la fede acquista un sapore e una forza completamente nuovi: la fede diventa più viva, più dinamica e più reale. Si sperimenta una gioia – lo vediamo qui – una gioia diversa, per aver avuto l’opportunità di lavorare fianco a fianco con gli altri per raggiungere un sogno comune. So che tutti voi avete sperimentato tutto questo.

Voi ora sapete come batte il cuore quando si vive una missione, e non perché qualcuno ve l’ha raccontato, ma perché l’avete vissuto. Avete toccato con mano che «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).

Avete dovuto anche vivere momenti duri che vi hanno richiesto diversi sacrifici. Come ci dicevi, Bartosz, uno sperimenta anche le proprie debolezze. Il bello è che queste debolezze non ti hanno fermato nel tuo impegno e nemmeno sono diventate la cosa centrale, né la più importante. Le hai sperimentate nel servizio, sì; cercando di capire e di servire gli altri volontari e i pellegrini, certo; però hai avuto il coraggio di non farti frenare da questo, di non farti paralizzare, e sei andato avanti. Che i nostri limiti, le nostre debolezze non ci paralizzino! Andare avanti, con i nostri difetti – poi li correggeremo – con le nostre debolezze…, andare avanti, e così è la bellezza di saperci inviati, la gioia di sapere che al di sopra di tutti gli inconvenienti abbiamo una missione da portare avanti. Non lasciare che i limiti, le debolezze e nemmeno i peccati ci frenino e ci impediscano di vivere la missione, perché Dio ci chiama a fare quello che possiamo e a chiedere quello che non possiamo, sapendo che il suo amore ci prende e ci trasforma in maniera graduale (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 49-50). Non spaventatevi se vedete le vostre debolezze; non spaventatevi neanche se vedete i vostri peccati: rialzatevi e avanti, sempre avanti! Non rimanete a terra, non chiudetevi, andate avanti con quello che avete di più importante, andate avanti, che Dio sa perdonare ogni cosa! Impariamo da tanti che come Bartosz hanno messo il servizio e la missione al primo posto, e il resto vedrai che verrà in aggiunta.

Grazie a tutti, perché in questi giorni siete stati attenti e disponibili fino ai più piccoli, ai più quotidiani e fino ai dettagli apparentemente più insignificanti, come offrire un bicchier d’acqua, e – contemporaneamente – avete seguito le cose più grandi che richiedevano molta pianificazione. Avete preparato ogni particolare con gioia, creatività e impegno, e con molta preghiera. Perché le cose pregate si sentono e si vivono in profondità. La preghiera dà spessore e vitalità a tutto quello che facciamo. Pregando scopriamo di far parte di una famiglia più grande di quanto possiamo vedere e immaginare. Pregando “apriamo il gioco” alla Chiesa che ci sostiene e ci accompagna dal cielo, ai santi e alle sante che ci hanno segnato il cammino, ma soprattutto pregando “apriamo il gioco” a Dio, perché Egli possa agire e possa entrare e possa vincere.

Avete voluto dedicare il vostro tempo, la vostra energia, le risorse a sognare e costruire questo incontro. Avreste perfettamente potuto scegliere altre cose, voi avete voluto impegnarvi. Questa parola, che vogliono cancellare: impegno. Questo vi fa crescere, questo vi fa diventare grandi, così come siete, ma impegno. Dare il meglio di sé per rendere possibile il miracolo della moltiplicazione non solo dei pani ma della speranza. E voi, dando il meglio di voi stessi, impegnandovi, fate il miracolo della moltiplicazione della speranza. Abbiamo bisogno di moltiplicare la speranza. Grazie! Grazie per tutto questo! E in questo dimostrate, ancora una volta, che è possibile rinunciare ai propri interessi a favore degli altri. Come hai fatto anche tu, Stella Maris. Io avevo letto le testimonianze prima, per questo ho potuto scrivere questo; e quando ho letto la tua ho sentito qualcosa come una voglia di piangere. Hai rinunciato ai tuoi interessi: avevi raccolto centesimo su centesimo per poter partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia, ma hai rinunciato per poter coprire le spese dei funerali dei tuoi tre nonni. Hai rinunciato per onorare le tue radici, e questo ti fa donna, ti fa adulta, ti fa coraggiosa. Hai rinunciato a partecipare a qualcosa che ti piaceva e che avevi sognato per poter aiutare e sostenere la tua famiglia, per onorare le tue radici, per poter essere lì; e il Signore, senza che te lo aspettassi né lo pensassi, ti stava preparando il regalo della Giornata Mondiale della Gioventù nella tua terra. Al Signore piace fare questi scherzi, al Signore piace rispondere in questo modo alla generosità: Lui sempre vince in generosità. Tu gli dai un pochino così, e Lui ti dà un mucchio così! Così è il Signore, che ci possiamo fare?, ci ama così. Come Stella Maris, anche molti di voi hanno fatto rinunce di ogni tipo. Tanti di voi avete fatto rinunce… Pensate adesso: a che cosa ho rinunciato io per diventare volontario? Pensateci un momento... Voi, con quello che avete pensato, avete dovuto accantonare sogni per prendervi cura della vostra terra e delle vostre radici. Questo il Signore lo benedice sempre, non si lascia vincere in generosità. Ogni volta che rinviamo qualcosa che ci piace per il bene degli altri e specialmente dei più fragili, o per il bene delle nostre radici come sono i nostri nonni e i nostri anziani, il Signore ce lo restituisce al cento per uno. Ti vince in generosità, perché nessuno può vincerlo in generosità, nessuno può superarlo nell’amore. Amici, date e vi sarà dato, e sperimenterete come il Signore vi verserà in grembo «una misura buona, pigiata, colma e traboccante» (Lc 6,38), come dice il Vangelo.

Cari amici, avete fatto un’esperienza di fede più viva, più reale; avete vissuto la forza che nasce dalla preghiera e la novità di una gioia diversa frutto del lavoro fianco a fianco anche con persone che non conoscevate. Adesso viene il momento dell’invio: andate, raccontate, andate, testimoniate, andate, trasmettete quello che avete visto e udito. E questo, non fatelo con tante parole ma, come avete fatto qui, con gesti semplici, con gesti quotidiani, quelli che trasformano e fanno nuove tutte le cose, quei gesti capaci di creare un “chiasso”, un “chiasso” costruttivo, un “chiasso” d’amore. Vi racconto una cosa: quando sono arrivato, il primo giorno, per la strada c’era una signora con un cappello, una signora anziana, una nonna; era lì, vicino alla recinzione dove io passavo con l’auto, e aveva un cartello che diceva: “Anche noi nonne sappiamo fare chiasso!”. E aggiungeva: “Con saggezza”. Unitevi ai nonni per fare “chiasso”, sarà un chiasso incisivo, un chiasso geniale! Non abbiate paura, andate e parlate. Mi sembrava tanto vecchietta la signora e le ho chiesto l’età: aveva 14 anni meno di me. Che vergogna!

Chiediamo al Signore la sua benedizione. Che benedica le vostre famiglie e le vostre comunità e tutte le persone che incontrerete nel prossimo futuro. Mettiamo anche sotto il manto della Vergine Santa il nostro cuore, quello che sente il nostro cuore. Che lei vi accompagni. E come vi ho detto a Cracovia, non so se ci sarò alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, ma vi assicuro che Pietro ci sarà e vi confermerà nella fede. Andate avanti, con forza e coraggio e, per favore – sono un’anima peccatrice –, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

[Preghiera]

E adesso vi do la benedizione. Mettiamo nel nostro cuore quello che siamo, quello che desideriamo, le persone con cui abbiamo lavorato in questi giorni, gli altri volontari, la gente che abbiamo visto. Mettiamo nel cuore i nostri amici, perché ricevano anche loro la benedizione; e mettiamo nel nostro cuore anche quelli che non ci vogliono bene, i nemici – ognuno di noi ne ha qualcuno –, perché Gesù benedica anche loro; e tutti insieme possiamo andare avanti.

[Benedizione]

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