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martedì 20 marzo 2018

Visita Pastorale di Papa Francesco a Pietrelcina e San Giovanni Rotondo / 1 - Sui luoghi di padre Pio. Il filo rosso della preghiera

Sui luoghi di padre Pio. Il filo rosso della preghiera

La sosta di preghiera dove padre Pio è nato e ha maturato la propria vocazione; poi la celebrazione della messa nei luoghi in cui il cappuccino ha vissuto gran parte della sua vita: e, in mezzo, il tenero incontro con una ventina di bambini ammalati, a sottolineare che i piccoli vengono sempre per primi. Si è snodata lungo questi tre momenti la visita che Papa Francesco ha compiuto a Pietrelcina e a San Giovanni Rotondo nella mattina di sabato 17 marzo, per commemorare il centenario dell’apparizione delle stimmate e il cinquantesimo anniversario della morte dell’umile cappuccino. 

In una mattinata di tiepido sole, a tratti coperto da qualche nuvola, il Papa ha dedicato alcune ore interamente al frate che parlava in dialetto, ma era capace di calamitare l’attenzione del mondo predicando con il linguaggio universale della pace, dell’accoglienza e dell’attenzione per chi soffre. E la preghiera è stata protagonista di un avvenimento straordinario, pur nell’ordinarietà di due realtà dell’Italia meridionale ormai abituate a grandi folle di fedeli: ha scandito le giornate in attesa dell’arrivo del Pontefice in Campania e in Puglia; ha accompagnato la preparazione della vigilia; si è trasformata in coro, unita a quella di Francesco, proprio laddove l’uomo che portava impressi sul suo corpo i segni della passione di Cristo ha speso la sua esistenza di sacerdote incompreso e a volte osteggiato, capace tuttavia di soffrire per la Chiesa, che oggi lo venera come santo.

E se nel paese natio del beneventano il Papa si è trattenuto per appena un’ora, il resto del tempo lo ha trascorso nel comune garganico, dove quello spirito grande «afferrato da Dio» parla ancora oggi a chi viene a venerarne le spoglie o prova ad ascoltarlo nel dolore dei malati accolti nella struttura da lui voluta più di ogni altra cosa. Per questo la prima tappa del Pontefice è stata proprio davanti all’ospedale Casa sollievo della sofferenza: monumento all’amore, alla fede operosa, alla generosità, con la sua storia di oltre sessant’anni, fatta di lacrime e di speranze dinanzi alle tante croci quotidiane del dolore e della malattia. Era il 5 maggio 1956 quando, dinanzi a migliaia di devoti, padre Pio inaugurava «la creatura che la Provvidenza ha creato»; un luogo «di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrova con il Cristo crocifisso come un solo gregge con un solo pastore». Oggi questa cittadella della carità, sorta alle pendici del monte Castellano, accoglie gli ammalati e i disabili che qui trovano attenzioni e cure, conforto e dedizione. Grazie al lavoro di medici, infermieri, operatori sanitari, religiosi e religiose, volontari, che insieme costituiscono la grande famiglia presentatasi al completo all’appuntamento con il terzo Pontefice giunto in questa terra, dopo Giovanni Paolo II nel 1987 e Benedetto XVI nel 2009. 

Proveniente da Pietrelcina, l’elicottero bianco con il Pontefice a bordo è atterrato verso le 9 al campo sportivo della città garganica. Accolto dall’arcivescovo di Manfredonia - Vieste - San Giovanni Rotondo, monsignor Michele Castoro, e dal sindaco Costanzo Cascavilla, il Papa era accompagnato dagli arcivescovi Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, e Gänswein, prefetto della Casa pontificia; da monsignor Sapienza, reggente della prefettura, e dagli aiutanti di camera Mariotti e Zanetti. 
Tra due ali di folla, a stento trattenute dalle transenne, ha percorso sulla jeep bianca scoperta circa quattro chilometri per raggiungere il polo ospedaliero d’avanguardia che padre Pio definì la «pupilla dei miei occhi». Lungo il tragitto, striscioni di benvenuto, migliaia di bandierine bianche e gialle sventolate in segno di festa, e petali di fiori lanciati al passaggio del corteo. Sul piazzale antistante il nosocomio, la vettura papale si è fermata alcuni istanti per consentire a Francesco di impartire la benedizione agli ammalati affacciati alle finestre del grande edificio, dotato di novecento posti letto, in cui lavorano 2700 dipendenti. E numerosi medici con il camice bianco, con il personale sanitario nelle caratteristiche divise verdi o azzurre, erano ad attendere il Pontefice anche nel vicinissimo poliambulatorio “Giovanni Paolo II”, dove” è stato accolto dal direttore generale Domenico Crupi. 
Qui il Papa si è trattenuto a lungo con i piccoli degenti del reparto di oncoematologia pediatrica, situato al terzo piano. Ha visto i lavoretti preparati per lui: letterine, cartelloni a forma di cuore, disegni e pensieri speciali, spontanei. Ma soprattutto li ha abbracciati, ha parlato con loro, soffermandosi con quelli in terapia intensiva o che hanno subito un trapianto, e incoraggiando i genitori che affrontano ogni giorno una dura battaglia. Ha ascoltato storie drammatiche: come quella del neonato africano abbandonato nella giungla a causa di una malformazione del viso. Ora se ne prende cura suor Angelica, una religiosa che veste gli abiti tradizionali del suo continente. «Deve essere operato, così gli restituiremo il sorriso» ha assicurato il medico Saverio Ladogana, mentre il Papa chiamava accanto a sé Pietro, di nove anni: «Tu rappresenti tutti i bambini» gli ha spiegato prima di benedirlo: perché lì dove la sofferenza è più drammatica, Francesco ha voluto esprimere la tenera vicinanza di una Chiesa che si fa compagna di strada di tutti gli uomini, condividendone gioie e dolori; in un’atmosfera di familiarità che si respirava anche nel corridoio dov’erano riuniti con le mamme, i papà e altri parenti anche molti bimbi ricoverati nei reparti di medicina e quelli che sono guariti. 

La successiva tappa è stata nel vicino complesso di Santa Maria delle Grazie. Sempre in papamobile il Pontefice ha raggiunto la piazza sulla quale si affacciano il santuario, l’antica e, più in basso, la nuovissima chiesa progettata dall’architetto Renzo Piano. Dopo aver ricevuto il benvenuto dai frati Mauro Jöhri, ministro generale dei cappuccini, Maurizio Placentino, provinciale, Carlo Laborde, guardiano del convento, e Francesco Dileo, rettore del santuario, il Papa ha asperso i presenti con l’acqua santa. Quindi è entrato all’interno del santuario per pregare al cospetto del corpo imbalsamato del santo e del crocifisso ligneo dinanzi al quale il «Cireneo di tutti» ricevette le stimmate permanenti, scomparse solo al momento della morte, dopo ben 50 anni, senza lasciare alcuna cicatrice. Dopo aver salutato una cinquantina di frati che lo attendevano sul lato destro della navata centrale, Francesco ha sostato con commozione davanti alla teca di cristallo trasparente, collocata per la circostanza davanti all’altare centrale. In dono ha lasciato una stola rossa; quindi con un fuori programma si è recato a visitare la cella del cappuccino, dove sono ancora conservate le bombole d’ossigeno che lo hanno aiutato a respirare negli ultimi giorni di vita e alcuni suoi oggetti di devozione, tra i quali, ai piedi del letto, il quadro della Madonna. Prima di lasciare il convento il Pontefice ha trovato anche il tempo per recarsi nell’infermeria a salutare l’anziano vescovo emerito di Trivento, monsignor Antonio Santucci.

Infine, risalito a bordo della vettura, Francesco si è recato nella sacrestia della nuova chiesa dedicata a San Pio da Pietrelcina, dove ha indossato i paramenti. Quindi sul sagrato realizzato in pendenza, sotto la grande croce a forma di bilancia alta quaranta metri, ha presieduto la concelebrazione eucaristica alla presenza di decine di migliaia di persone giunte da diverse parti del mondo, con ogni mezzo. Per la maggior parte appartengono ai gruppi di preghiera, la sconfinata «clientela mondiale» — come la definì Paolo VI — dei devoti del santo. Molti erano semplici fedeli che, al programmato pellegrinaggio, hanno potuto aggiungere la gioia dell’incontro con il Pontefice. Ed erano tutti lì: una massa composta, raccolta nella preghiera e nell’alternarsi nel canto con una corale imponente. Guidata dall’orchestra sinfonica “Musicisti per padre Pio”, era formata da cori di Bellizzi, di Biccari, di Andria, di Ruvo di Puglia e dello stesso San Giovanni Rotondo.
Su un grande palco bianco, decorato con mosaici nello stile di quelli che impreziosiscono la cripta, il Papa ha celebrato con un calice che era solito usare il frate di Pietrelcina. Sull’altare era stato collocato il quadro raffigurante la Madonna delle Grazie, una tela del 1500 che ordinariamente si trova nella chiesetta antica del convento. Il rito è stato diretto da monsignor Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, coadiuvato dal cerimoniere pontificio Dubina.

Prima di congedarsi il Papa ha salutato i ministranti e i concelebranti, tra i quali il cardinale pugliese De Giorgi. Infine, alle 13.50, con circa un’ora di ritardo sul programma, in papamobile ha raggiunto il campo sportivo, per decollare in elicottero alla volta del Vaticano.

(fonte: articolo di Gianluca Biccini - L'Osservatore Romano, 17-18 marzo 2018)