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sabato 24 marzo 2018

L’apostolo Paolo e Tito - a cura di Gregorio Battaglia, carmelitano (VIDEO INTEGRALE)

L’apostolo Paolo e Tito
a cura di Gregorio Battaglia,
carmelitano

(VIDEO INTEGRALE)

Quarto dei 
MERCOLEDÌ DELLA BIBBIA 2018
"Trasmettere è generare 
Il compito degli adulti verso le nuove generazioni"
promossi 
dalla Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto

28 febbraio 2018



PAOLO, LA SUA PATERNITÀ E IL “BEL DEPOSITO” DA CONSEGNARE
     Nella sua prima lettera ai Tessalonicesi Paolo parla del suo rapporto con la comunità di Tessalonica in chiave di paternità e di maternità. Egli si sente davvero ‘padre’ e ‘madre’ di tutte quelle persone, che sono giunte alla fede grazie all’ annuncio della parola del Vangelo. In questa lettera egli dice esplicitamente che la sua opera di annunzio dell’Evangelo non è stata per nulla inquinata da nessuna ricerca di successo, ma tutto è avvenuto nella logica generativa di un padre e di una madre. 

Egli sente verso i membri della comunità una responsabilità, che non può essere qualificata altrimenti se non genitoriale, perché è proprio del padre e della madre prendersi cura della crescita dei figli. Questa modalità di rapportarsi con la comunità dei credenti dà ragione del fatto che Paolo abbia portato avanti la sua opera di evangelizzazione in modo totalmente gratuito e preoccupandosi allo stesso tempo di non pesare su alcuno, ma comportandosi come può fare un vero genitore: lavorando per il bene della casa.
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           Nei confronti dei Tessalonicesi Paolo si sente impegnato, come una madre, a nutrire i figli, perché possano crescere nella loro statura di credenti, ma allo stesso tempo vive la sua responsabilità di padre, che si preoccupa di trovare il nutrimento per la casa attraverso il lavoro e si propone ai propri figli come colui che segna la strada, educando e correggendo: “Sapete pure che come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria” (1Ts 2,11-12). 

Questa relazione di paternità/maternità è stata vissuta da Paolo non soltanto con quelli di Tessalonica, ma con tutte le comunità da lui fondate. Egli ha compreso tutta la sua azione evangelizzatrice come opera rigeneratrice, perché la Parola da lui annunciata è “seme” che genera a vita nuova. Essa ha in sé la forza di rendere nuovo colui che si dispone all’ascolto di chi si presenta come “apostolo”, come inviato dal Signore.
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         Ogni genitore deve avere chiaro nella sua mente e nel suo cuore che non è lui l’autore della vita, ma che la vita passa attraverso di lui e di questa egli è responsabile. Tutto quello che egli farà in favore del figlio non potrà essere motivato da secondi fini, ma dovrà rispondere unicamente a quella voce interiore, che lo spinge a non risparmiarsi, perché la nuova vita possa trovare un ambiente favorevole per la sua crescita. 

Così è di Paolo, che sente realmente di aver generato dei figli nella fede, per cui può dire con animo vibrante scrivendo ai fedeli di Corinto: “Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri: sono io che vi ho generato in Cristo Gesù mediante il Vangelo” (1Cor 4,15). In Paolo agisce unicamente la forza dell’amore, che è il fondamento e l’anima del suo atteggiamento paterno e materno. Scrivendo alla comunità dei Galati, egli non si limita a sottolineare la sua relazione genitoriale nei loro confronti, ma ci tiene a ribadire che egli li porta ancora nel grembo, sentendo in sé i dolori del parto: “figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore, finché Cristo non sia formato in voi” (Gal 4,19). 

Il compito di evangelizzare, che Paolo ha ricevuto, trova ostacoli non soltanto all’esterno, ma nel cuore degli stessi fedeli, per cui egli può parlare di paternità e maternità dolorosa. Sono le doglie messianiche, che, nell’oscurità dei giorni degli uomini, annunciano l’arrivo degli ultimi tempi, quando l’umanità sarà pienamente configurata al volto del nuovo Adamo, il Cristo Signore, crocifisso e risorto. Paolo nel rapportarsi con le comunità da lui fondate si sente investito della stessa misericordia di Dio, che non smette di portare nel suo grembo la creatura uscita dalle sue mani. Egli considera tutte le sofferenze che sopporta per l’annuncio del Vangelo come il fondamento della nascita del Cristo nella vita degli uomini e delle donne. 

Tutta la fatica apostolica di Paolo trova la sua ragion d’essere in questo sentirsi docile strumento dello Spirito del Signore per ri-partorire l’umanità a quella vita che non muore più, perché è vita di Dio e in Dio. 
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