Orrori dei nostri giorni...
... Marciscono qui all’infinito, alcuni sono arrivati sei anni fa, otto di loro con mogli e figli che non vedono dal giorno in cui hanno messo piede a Gibuti. Loro si trovano ad Ali Adi, un campo per sole donne e bambini, situato a 120 km dalla capitale di questa piccola ex colonia francese.
Uno dei detenuti ha raccontato ad Africa ExPress che nel centro dormono tutti praticamente in tende. Il campo è privo di acqua corrente ed elettricità, i bambini non hanno la possibilità di andare a scuola. Pochi contatti con i familiari, non c’è copertura di rete internet, ovviamente.
Il campo di detenzione Negad si trova nel bel mezzo di un centro di addestramento della polizia, che lo gestisce e lo amministra. I rifugiati lamentano che il cibo è cattivo e scarso. Nessuno ti aiuta a proteggerti da malattie come la malaria e la tubercolosi, che qui sono endemiche...
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Considerate se questa è una bambina...
Era una bambina, si chiamava Israa al Masri. È stata filmata, secondo quello che se ne sa, lo scorso sabato, pochi minuti prima di morire di fame.
... Ci sono alcuni di noi che, quasi per professione, o per averlo fatto altre volte, o per chissà quale altra combinazione, si trovano a commentare immagini come questa, e a interrogarsi sulla sincerità propria e di chiunque guardi con loro. Se la si fosse studiata, questa rappresentazione dell'infanzia tradita e violata, non avrebbe saputo essere più eloquente. Uso a posta questo termine, eloquenza, che è una perversione del dolore, della commozione e della rivolta. Gli occhi della bambina, la bocca riarsa e la lingua gonfia, il doppio cerchio del copricapo e della maglia che la avvolgono preparandosi a restarne vuoti: è un manifesto formidabile. Lo stiamo guardando così? E non è vero che i manifesti formidabili del male, del dolore e dell'ingiustizia sono ormai destinati a restare tali, per noi spettatori, a inumidire forse i nostri occhi, ma a tenere ferme le nostre mani? E la bambina Israa, per giunta, non ci sta chiedendo aiuto, non ci sta chiedendo niente. E poi è morta. Guardiamo lei, non la prossima. Lei, anche in questa foto, anche quando è ancora viva, dagli occhi spalancati e le ciglia diventate troppo lunghe, come se non fossero state avvertite della fine, non guarda noi. E caso mai ci guarda da molto lontano, sapendo una cosa che noi non sappiamo del tutto, e che comunque non ci sembra tutto. Ci sembra un'esagerazione, se davvero si pretenda che ne diamo un giudizio. Quella cosa è che il mondo ha raccolto tutte le sue forze, il suo passato e il suo presente, per raggiungere e colpire la piccola Israa al Masri, nel campo di Yarmuk, il 14 gennaio del 2014. Questa esagerazione è la verità...
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“Non ci sono più persone a Yarmuk, solo scheletri dalla pelle gialla”
... I bambini, gli anziani e le altre persone sfollate dalla guerra civile siriana stanno morendo di fame in un campo assediato dove, a pochi minuti dalla relativa prosperità di Damasco, le donne affrontano il fuoco dei cecchini per andare in cerca di cibo.
Le condizioni disastrose del campo di Yarmuk sono un esempio lampante della catastrofe che sta avendo luogo nelle aree controllate dai ribelli e assediate dal governo siriano. Lunedì, i diplomatici statunitensi e russi hanno detto che le parti in guerra stanno considerando l’ipotesi di aprire corridoi umanitari, per far entrare gli aiuti e instaurare sicurezza in vista di una conferenza internazionale di pace sulla Siria.
Interviste con i residenti e con i funzionari Onu, così come foto e video forniti all’Associated Press, rivelano la tragedia che sta avvenendo in questo campo che si espande senza controllo, dove decine di migliaia di rifugiati palestinesi e profughi siriani sono intrappolati sotto un assedio lungo anni e sempre più intenso...
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«Chiedono di poter avere una risposta per mettere fine alla loro disperazione, per raggiungere i loro familiari in paesi del mondo dove governi più democratici garantiscano i loro diritti...». Una lettera firmata da due immigrati del Cie di Ponte Galeria, i marocchini Adil e Lassad - da recapitare alla Commissione Europea - è stata consegnata giovedì alla delegazione di parlamentari durante la visita al Centro promossa dai volontari di «LasciateCie entrare». Sesto giorno di bocche cucite al Cie di Ponte Galeria, continua anche lo sciopero della fame, sono in 12 a portare avanti la dura protesta e in questo gruppo sono sette gli immigrati che si sono cuciti la bocca per la seconda volta dopo la prima protesta di dicembre...
Sono poveri. Sbarcati a Lampedusa pensavano che il peggio fosse finito ma il peggio stava solo per cominciare...
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