Alcuni mazzi di fiori che una mano pietosa pose. Cianfrusaglie. Scatole. Un guanto blu con cui hanno toccato il corpo. Croccantini per cani. Pane spezzato. Coperte annerite. Plastica. Sporcizia. Un piccolo fiore rosso sul selciato. Sono le tracce del passaggio di un uomo morto a Palermo, la scorsa notte, davanti alla porta chiusa dell'hotel Ponte, in piazza Tredici vittime. I giornali l'hanno definito “Il senzatetto assiderato”. Aveva un nome proprio. Si chiamava Fia. Nome tenero e musicale. Di una calda e gentile musica era intessuta tutta la sua vita.
Giuseppe Li Vigni è un'ombra buona. Con altre ombre buone – Gli Angeli della notte – da tre anni batte in lungo e in largo la disperazione di Palermo per alleviare la sofferenza di chi ha stabilito la sua dimora sul marciapiede. Con i suoi volontari Giuseppe agisce per la riduzione del danno. Senza la sua opera, per fortuna non solitaria, questa città – incredibile a pensarlo - sarebbe peggiore. E' lui a ricostruire il filo labile di un'esistenza. “Si chiamava Fia. Era iraniano. Aveva sessant'anni. Stava lì, con i suoi adorati cani. E' morto per strada. E' inconcepibile, siamo molto tristi”. Daniela, un'altra ombra discreta, completa la narrazione: “Era una persona con una splendida luce. Era vegano. Mi disse: 'Con tanto cibo che c'è, perché è necessario uccidere gli animali? Una volta lo incontrai nei pressi di un pub e volevano cacciarlo. Lo invitai a sedere accanto a me. Desiderava soltanto ascoltare la musica”. Giuseppe e Daniela sono stati lì fuori, nel gelo. Conoscono gli angoli. Altri l'avevano notato di sfuggita, all'andata o al ritorno di un viaggio. Né avevano potuto fare a meno di restare colpiti dai lineamenti nobili, dagli occhi sensibili. Le memorie si affastellano. Bruciano insieme per regalare calore postumo...
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Andrea ora si trova in un campo nel cimitero di Prima Porta, a Roma, in cui vengono seppellite le persone che non hanno nessuno al mondo: non una persona che dedichi loro un pensiero, che porti un fiore, tanto meno che paghi il funerale. In quel campo sarà in compagnia di centinaia di persone come lei: in un solo anno - il 2012 - sono state 260 quelle sepolte in quel campo.
Il funerale di Andrea si è svolto il 27 dicembre nella Chiesa del Gesù, a Roma, ma lei era morta il 29 luglio. Aveva solo trent'anni ed era una trans di origine Colombiana. Era venuta in Italia quattro anni fa, in cerca della felicità. Amo il mare e le discoteche, diceva in una videointervista fatta da "Redattore Sociale" un giorno di quel caldissimo mese. «Voglio incontrare un ragazzo che ha i soldi e che mi faccia lasciare questa vita così brutta», spiegava. La sua casa era la stazione Termini, ma non le piaceva vivere così. Era stata aggredita più volte, la peggiore a Ostia, quando l'avevano mandata in coma: si era ripresa, ma da allora aveva una mano e un piede che funzionavano male. Viveva nella paura, tanta paura da impedirle di fidarsi perfino dei volontari della Caritas che avrebbero voluto aiutarla e nella cui mensa, a Colle Oppio, andava a mangiare. Pochi giorni dopo quell'intervista è stata trovata morta, riversa sul binario 10, dopo l'ennesima e definitiva violenza da parte di assassini ancora sconosciuti...
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