Quando ha sentito papa Francesco che, appena eletto, sottolineava il suo essere “vescovo di Roma, la chiesa che presiede nella carità”, il patriarca ecumenico Bartholomeos I non ha avuto esitazione e ha deciso che si sarebbe recato a Roma – primo arcivescovo di Costantinopoli a farlo dopo la separazione del 1054 – alla liturgia di inizio del pontificato. E così è stato, offrendo ai cristiani e al mondo un segno tangibile di come la carità fraterna possa superare diffidenze, calcoli di opportunità, antichi motivi di attrito. Ho avuto il dono di poter parlare a lungo personalmente con il patriarca Bartholomeos a Roma, prima di partecipare alla messa in piazza San Pietro e di essere poi ricevuti da papa Francesco: il comune sentire, la sofferenza condivisa per il ritardo nel ristabilire l’unità visibile dei cristiani, la speranza di una rinnovata stagione di dialogo e di fraternità hanno segnato quei momenti, così come hanno animato le ore trascorse dal patriarca a Bose in un pomeriggio di grazia per la mia comunità e per quanti hanno voluto condividere la gioia e la preghiera di quel momento.
Nel suo incontro con papa Francesco, Bartholomeos I ha usato parole che esprimono una sintesi di tutto il ministero patriarcale esercitato da ventidue anni e che vede l’unità delle Chiese cristiane come «la prima e la più importante delle nostre preoccupazioni» e «sicuramente uno dei presupposti fondamentali affinché la nostra testimonianza cristiana possa essere credibile agli occhi dei vicini e dei lontani». D’altro canto, anche l’accoglienza riservatagli da papa Francesco è andata al di là della forma protocollare – come ormai abbiamo imparato essere prassi costante del nuovo papa – per rivolgersi al patriarca in tutta spontaneità con l’appellativo di «mio caro fratello Andrea», riconoscendo così pubblicamente il legame fraterno che, nell’unica fede apostolica, unisce la sede dell’Antica Roma a quella di Costantinopoli, “Nuova Roma”.
In una stagione in cui, nonostante tutti i sinceri sforzi da parte di molti cristiani di buona volontà appartenenti a diverse confessioni, il dialogo ecumenico sembrava irrimediabilmente raffreddato da molteplici segni che contraddicevano il cammino verso la comunione, questi eventi recentissimi risvegliano la speranza di una nuova primavera...
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Santità amatissima,
Venerabili Metropoliti Apòstolos di Dèrchon e Ghennàdios d’Italia e Malta
Amati vescovi di Biella Gabriele Mana, di Pinerolo Piergiorgio Debernardi, Luigi Bettazzi emerito di Ivrea, Carlo Ghidelli emerito di Lanciano-Ortona ed Erminio De Scalzi ausiliare di Milano
Archimandriti e reverendi padri, Amici ed ospiti, fratelli e sorelle,
CHRISTÒS ANÈSTI! ALITHÒS ANÈSTI!
CRISTO È RISORTO! È VERAMENTE RISORTO!
È con sentimenti di profonda commozione e di gratitudine verso il Signore che ancora una volta – in questa vigilia della solennità di san Pacomio il grande, come lo chiama la liturgia bizantina, padre della vita monastica – accogliamo sua Santità Bartholomeos, Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca ecumenico, con la sua delegazione, nel nostro Monastero, in seno alla nostra povera e piccola comunità che tanto ama Lei e le sante Chiese ortodosse. Qui, in questa nostra chiesa, dove ogni giorno cerchiamo di innalzare al Signore inni di lode e invocazioni in favore di tutti gli uomini e della creazione intera, vogliamo oggi ripetere ancora una volta il segno posto da san Benedetto, il quale nella Regola chiede che l’abate all’arrivo dell’ospite dica le parole del Salmista: «Abbiamo ricevuto la tua misericordia, o Dio, in mezzo al tuo tempio!» (Sal 47,10; RB 53).
Sì, padre amatissimo, questa sua visita tra di noi è un rinnovato segno della misericordia del Signore, un dono che non meritiamo, ma che accogliamo nello stupore e nel ringraziamento, coscienti della nostra indegnità. Come disse una volta abba Orsiesi, il successore di san Pacomio, all’arcivescovo Teofilo che lodava la vita dei monaci: «Noi siamo laici senza importanza». Questa è anche da sempre la coscienza che abbiamo di noi stessi in seno alle Chiesa: tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo e tutto ciò che riceviamo lo dobbiamo solo al Signore e alla sua misericordia. Siamo solo suoi servi, al servizio dellaκοινωνία! ...
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... «L'incontro è stato molto bello e molto intenso», spiega Bartolomeo, «sono rimasto commosso e spero davvero che si realizzi il pellegrinaggio comune del successore dell'apostolo Pietro e del successore dell'apostolo Andrea, suo fratello, a Gerusalemme, il prossimo gennaio». Il patriarca di Costantinopoli ha infatti invitato Francesco in Terra Santa: «Vogliamo commemorare il cinquantesimo anniversario dell'abbraccio tra il Papa Paolo VI e il patriarca Atenagora, avvenuto nel gennaio 1964. Anche il patriarca di Gerusalemme è d'accordo». Ma Bartolomeo ha invitato Papa Bergoglio anche a Istanbul, per la festa di sant'Andrea, il 30 novembre: «Lo abbiamo invitato per quest'anno o per l'anno prossimo».
Il patriarca spiega poi di considerare molto importanti per il dialogo ecumenico i primi passi di Francesco. «Siamo molto contenti dell'accento da lui posto sul suo essere innanzitutto "vescovo di Roma". E siamo anche contenti della sua decisione di nominare otto cardinali incaricati di consigliarlo: una scelta che va nella direzione della sinodalità, caratteristica della nostra Chiesa»...
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