PER UNA RILETTURA DEL VATICANO II
IN PROSPETTIVA “MENDICANTE”
Pubblicato su “Horeb –Tracce di spiritualità”
64 - n. 1/2013
"Un mese prima dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, il XXI della storia, Papa Giovanni XXIII in un messaggio radiofonico affermava che di fronte alla società globale in evoluzione e di fronte ai paesi sottosviluppati «la Chiesa si presenta quale è e vuol essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri». Nel discorso di apertura del Concilio (11 ottobre 1962), lo stesso Papa, soffermandosi sul modo di affrontare le divisioni tra cristiani e gli errori del mondo contemporaneo, affermava che, rispetto al passato, ora la Chiesa «preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando»... C’è bisogno, allora, di una rilettura e di una recezione del Concilio Vaticano II proprio in prospettiva “mendicante”; una rilettura e una recezione finalizzate ad assimilare lo spirito del Concilio proprio da quel versante – quello dello stile evangelico di povertà vissuto e trasmesso da Cristo – in questi anni caduto nell’oblio e spesso soffocato da atteggiamenti e stili di vita mondani, in particolar modo da parte delle nostre istituzioni ecclesiastiche. La recezione del Concilio è un cammino che interpella ogni chiesa locale e ogni soggetto ecclesiale; e chiede, non soltanto l’applicazione del dettato dei testi conciliari – sarebbe solo un processo giuridico e culturale-intellettuale – ma soprattutto, e più in profondità, la conversione in senso evangelico, ovvero il cambiamento dello stile di vita (identità, mentalità, modelli e atteggiamenti) e delle strutture (istituzioni, opere…), là dove esse nella loro gestione contraddicono l’evangelo e l’evangelizzazione. Dunque c’è bisogno di una ricezione creativa del Concilio..." (Egidio Palumbo)
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