Torna, prepotente la questione sociale
È molto diversa rispetto a quella otto-novecentesca, tutta giocata sull'asse del conflitto tra lavoratori e padroni. Oggi è trasversale e ha come orizzonte l'Europa
Nel Primo maggio irrompe nuovamente la questione sociale. Sembrava una cosa lontana, buona per i libri di storia o le rievocazioni commemorative. Il primo maggio sembrava semplicemente una bella festa di primavera, con tanto di concertone. Oggi la questione sociale ritorna. Certo, molto diversa rispetto a quella otto-novecentesca, sull’asse del conflitto tra lavoratori e padroni.
Oggi la questione sociale è, per usare una parola di moda, trasversale. E dunque più subdola e difficile da affrontare. Non basta riconoscere i diritti e ridistribuire con più giustizia ed equità, come si era fatto per risolverla, l’antica questione sociale dei paesi occidentali avanzati ed industrializzati. Il processo di diffusione crescente del benessere, che ha caratterizzato la seconda metà del ventesimo secolo, ed ha prodotto un grande ceto medio, è finito. Lo si sapeva da diversi anni, ma si è tentato di ignorarlo, di bolla in bolla finanziaria. Ed è venuta la crisi, spietata. Così, lo ha certificato con grande chiarezza anche il presidente della Repubblica, prima nel messaggio di fine anno e poi in quello della rielezione, la questione sociale si riaffaccia.
È fatta di impoverimento, cioè di perdita del potere di acquisto, delle famiglie e di persone che prima risultavano autosufficienti, di disoccupazione, cioè sia di espulsione di mano d’opera esuberante che di mancato ricambio, con i suoi effetti di emarginazione e diffuso senso di frustrazione giovanile. È fatta di sperequazioni che crescono, di distanze sociali che salgono.
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