Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 11 maggio 2013

LA SAPIENZA DEL CUORE. OMAGGIO A ENZO BIANCHI / 3

LA SAPIENZA DEL CUORE. OMAGGIO A ENZO BIANCHI / 3

È stato presentato a Torino alla presenza di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, e di Massimo Cacciari, “La sapienza del cuore”, il libro con cui Einaudi festeggia i 70 anni di fr. Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, nato a Castel Boglione (AT) il 3 marzo 1943. Nel volume (760 pagine, 28 euro), definito nella presentazione “un autentico liber amicorum”, si trovano più di centotrenta interventi di personalità quali: card. Gianfranco Ravasi, mons. Bruno Forte, mons. Mariano Crociata, Alberto Melloni, ma anche Roberto Bolle, Claudio Magris, Guido Ceronetti, Giovanni Bazoli, Guido Martinetti, Federico Grom, Ferruccio de Bortoli, Ezio Mauro, Michele Serra, Barbara Spinelli.

I comandamenti di Enzo 
Perché «amare il prossimo significa assumere nei suoi confronti un atteggiamento fattivo di giustizia e di fraternità», laddove «con la specificazione "come te stesso" non si intende rinchiudere l'amore in una prospettiva individualistica». Si vuole, al contrario, richiamare un altissimo principio, la «decisiva innovazione compiuta da Gesù» che, facendo convergere il comandamento dell'amore per Dio con quello dell'amore per il prossimo, ha radicalizzato l'ampiezza del precetto e ne ha esteso la validità oltre ogni confine del tempo e dello spazio.
Perciò San Paolo può scrivere (Gal. 5:14) che «tutta la Legge si adempie in una frase sola, questa: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate l'un l'altro, guardatevi, ché potreste giungere a vicendevole distruzione», aggiungendo altrove (Rom. 13: 8-10) che «chi ama gli altri ha adempito pienamente la Legge», e che molti comandamenti «si ricapitolano in questo solo, Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa danni al prossimo; perciò pienezza della Legge è l'amore»...
L'amore per l'altro, conclude Enzo Bianchi, dev'essere «gratuito e universale», deve corrispondere a una vertiginosa imitatio Dei, cioè «assumere il concreto comportamento di Dio verso gli uomini, i suoi modi», dispensando gratuitamente i nostri piccoli doni com'Egli dispensa il proprio donare infinito: solo così può intendersi lo scandalo del precetto Ama il tuo nemico. In questa tensione spinta all'estremo, l'amore per il prossimo che non ci  è né amico né nemico, che non vediamo e non conosciamo (ad esempio: verso i nostri posteri) appare necessario e scontato. Nasce dalla compassione (da intendersi con pregnanza etimologica), che «ha un senso etico, è la cosa che ha più senso nell'ordine del mondo» (Levinas), perciò necessariamente «prende la forma della responsabilità» (Natoli). Incastonando nel proprio testo queste due ultime citazioni, Enzo Bianchi propone l'alta declinazione del precetto evangelico che gli è cara: la comunione radicale, originaria fra tutti gli esseri umani, la generosità del dono di sé e del  proprio tempo, la capacità di immaginare e prevenire la sofferenza degli altri, una piena assunzione  di responsabilità.
Leggi tutto:
"I comandamenti di Enzo" di Salvatore Settis (pdf)


L'uso del tempo di Enzo Bianchi
"Della vita monastica so poco. Ma di quel poco, è il diverso rapporto con il tempo ad affascinarmi. Come tanti, vivo il tempo come una risorsa sempre più limitata, ne avverto la scarsità, subisco l’affanno delle scadenze, degli appuntamenti, delle troppe cose da fare. Del tempo, da tempo, non mi sento più padrone, me ne è sfuggito il bandolo.
Il monaco, per me, è prima di tutto un padrone del proprio tempo. Uno che è riuscito a domarlo, a rimanerne in arcione ...
Pensare per la necessità di pensare, per il piacere di poterlo fare senza che costi e ricavi siano immediatamente leggibili, e godersi il proprio sguardo sul mondo, sulle persone, sulle cose, come il dono più prezioso che la vita può consegnarci. Pensare per gratuità, per amore del pensiero, per devozione alla più importante delle facoltà che abbiamo in dote, perché quando si smette di pensare si smette di essere liberi.
Così, quando penso a Enzo, lo penso che pensa. E magari non è vero, sta facendo altro, cose di cucina o di orto o perfino qualcuna delle vili incombenze burocratiche che mangiano il tempo a noi umani. Ma l’idea che mi sono fatto, di lui, è che sia capace di dare custodia — anche per mio conto, visto che non ne sono capace — al tempo di pensare, di leggere e di scrivere. Per quanto ne abbiamo, per quanto ne manca da vivere, il tempo è meno nostro, o più nostro, a seconda dell’uso che siamo capaci di farne. Enzo ne ha fatto buon uso, gli chiederò consiglio, forse non è tardi."