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domenica 8 settembre 2024

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN ASIA E OCEANIA (2-13 settembre 2024) - Incontro con il clero - La Chiesa in Papua Nuova Guinea sia casa accogliente (cronaca, testo, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN INDONESIA, PAPUA NUOVA GUINEA,
TIMOR-LESTE, SINGAPORE

(2-13 settembre 2024)


Sabato, 7 settembre 2024

PORT MORESBY

17:40 INCONTRO CON I VESCOVI DELLA PAPUA NUOVA GUINEA E DELLE ISOLE SALOMONE, I SACERDOTI, I DIACONI, I CONSACRATI, LE CONSACRATE, I SEMINARISTI E I CATECHISTI nel Santuario di Maria Ausiliatrice


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Il Papa: la Chiesa in Papua Nuova Guinea sia casa accogliente

Nel Santuario di Maria Ausiliatrice a Port Moresby Francesco si rivolge a vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati, seminaristi e catechisti invitandoli a una “partenza” verso le periferie del Paese. Con la raccomandazione di adottare “lo stile di Dio”, fatto di vicinanza, compassione e tenerezza


Il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere, comportandosi secondo “lo stile di Dio”, fatto di “vicinanza, compassione e tenerezza”. Ruota attorno a questi temi il discorso rivolto da Papa Francesco oggi, 7 settembre, pomeriggio ora locale e mattina in Italia, ai presenti nel santuario di Maria Ausiliatrice a Port Moresby. Il Pontefice vi ha incontrato i vescovi della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone, i sacerdoti e i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e i catechisti e, lasciandosi ispirare dalle testimonianze ascoltate, ha pronunciato il suo discorso.

Dono prezioso per la Chiesa

Dopo la visita di cortesia al governatore generale e l’incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico al mattino, nel pomeriggio Francesco ha vissuto un momento molto toccante con bambini di strada e disabili nella Caritas Technical Secondary School. Quindi ha raggiunto il santuario mariano per l’appuntamento conclusivo della giornata. Qui il presidente della Conferenza che riunisce i presuli dello Stato affacciato sul Pacifico e quelli delle isole dell’arcipelago al limite orientale del mare delle Salomone, monsignor Otto Separy, gli ha dato il benvenuto in una “terra bellissima con 800 lingue e culture diverse e migliaia di tribù”. Il vescovo ha espresso gratitudine al Pontefice per la sua presenza, “un dono prezioso per la Chiesa in questa terra e per ciascuno di noi individualmente, poiché conferma la nostra comunione nell’unica fede”.

Le religiose in ascolto del Papa

Tre aspetti del cammino missionario

Dopo le testimonianze, Francesco ha parlato, manifestando apprezzamento per la struttura diocesana che ha ospitato l’incontro, dedicata “a Maria Aiuto dei Cristiani: Maria Ausiliatrice, secondo il titolo tanto caro a San Giovanni Bosco; Maria Helpim, come con affetto la invocate qui”.

Ha dunque tracciato un parallelismo con la costruzione – ispirata nel 1844 dalla Madonna al fondatore della famiglia salesiana – di un edificio di culto in suo onore a Torino, diventato poi “centro di irradiazione del Vangelo, di formazione dei giovani e di carità, punto di riferimento per tanta gente”. Ricordando con un sorriso di essere stato battezzato in una chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice a Buenos Aires, il Papa ha spiegato che il santuario di Port Moresby può essere un simbolo in modo particolare a proposito di tre aspetti del cammino cristiano e missionario: il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere.

Fare il primo passo

“Il coraggio di cominciare”, ha detto, è quello dei costruttori della chiesa e del loro atto di fede, possibile però “solo grazie a tanti altri inizi coraggiosi di chi li ha preceduti”. Il Pontefice ha dunque fatto riferimento all’arrivo dei missionari nel Paese nella metà del XIX secolo: “I primi passi del loro lavoro non sono stati facili”, ma essi “non si sono arresi” e “con grande fede e con zelo apostolico hanno continuato a predicare il Vangelo e a servire i fratelli, ricominciando molte volte dove non avevano avuto successo, con tanti sacrifici”.

A ricordarlo, rimarca Francesco indicando le vetrate nonostante il buio, sono i volti dei santi e beati legati alla storia del cattolicesimo in Oceania. I missionari, ha aggiunto a braccio, “sono uomini di partenze, questa è la loro vita”.

È grazie a loro, alle loro “partenze” e “ripartenze”, che siamo qui e che oggi, nonostante le sfide che pure non mancano, continuiamo ad andare avanti, senza paura, sapendo che non siamo soli: è il Signore che agisce, in noi e con noi, rendendoci, come loro, strumenti della sua grazia.

Il saluto al Papa nell'incontro con le guide pastorali della Papua Nuova Guinea e delle isole Salomone

In partenza per le periferie

A proposito di partenze, il Papa raccomanda “una via importante” verso cui dirigerle, quella delle periferie del Paese, pensando alle persone “appartenenti alle fasce più disagiate delle popolazioni urbane” e che vivono “nelle zone più remote e abbandonate, dove a volte manca il necessario”. La preoccupazione di Francesco è forte per quanti sono emarginati e feriti, “sia moralmente che fisicamente, dal pregiudizio e dalla superstizione, a volte fino a rischio della vita”.

A questi fratelli e sorelle la Chiesa desidera essere particolarmente vicina, perché in loro Gesù è presente in modo speciale, e dove c’è Lui, nostro capo, ci siamo anche noi, sue membra.

Per favore, ha aggiunto a braccio rivolgendosi ai presenti, “non dimenticate i tre atteggiamenti più belli di Dio, la vicinanza, la compassione e la tenerezza”.

Il tesoro più bello

Il secondo aspetto, “la bellezza di esserci”, il Papa lo vede simboleggiato nelle conchiglie kina poste a ornamento del presbiterio della chiesa in segno di prosperità:

Ci ricordano che qui il tesoro più bello agli occhi del Padre siamo noi, stretti attorno a Gesù, sotto il manto di Maria, spiritualmente uniti a tutti i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha affidato e che non possono essere qui, accesi dal desiderio che il mondo intero possa conoscere il Vangelo e condividerne con noi la forza e la luce.

Riannodando il discorso all'interrogativo posto da una delle testimonianze su come trasmettere ai giovani l’entusiasmo della missione, Papa Francesco ammette che non pensa ci siano “tecniche” per questo, “un modo collaudato, però, – lo diceva Benedetto XVI – è proprio quello di coltivare e condividere con loro la nostra gioia di essere Chiesa, casa accogliente fatta di pietre vive, scelte e preziose, poste dal Signore le une accanto alle altre e cementate dal suo amore”.

Anche la stima e il rispetto reciproco, il mettersi al servizio gli uni degli altri, ha aggiunto richiamando la testimonianza della partecipante al Sinodo sulla sinodalità, mostra non solo ai giovani ma a chiunque ci incontri “quanto è bello seguire insieme Gesù e annunciare il suo Vangelo”.

La bellezza di esserci, allora, non si sperimenta tanto in occasione dei grandi eventi e nei momenti di successo, quanto piuttosto nella fedeltà e nell’amore con cui ogni giorno ci si impegna a crescere insieme.

Semi di bene nei solchi del mondo

Francesco giunge così al terzo e ultimo aspetto, la “speranza di crescere”, prendendo spunto dal passaggio del Mar Rosso raffigurato nel santuario, con i patriarchi Abramo, Isacco e Mosè “resi fecondi dalla fede”.

Questo è un segno importante, perché incoraggia anche noi, oggi, ad avere fiducia nella fecondità del nostro apostolato, continuando a gettare piccoli semi di bene nei solchi del mondo.

Anche se minuscoli “come un granello di senape”, se ci fidiamo e non smettiamo di spargerli, per grazia di Dio questi semi, assicura il Santo Padre, “germoglieranno, daranno un raccolto abbondante e produrranno alberi capaci di accogliere gli uccelli del cielo”. Così noi “continuiamo ad evangelizzare, pazientemente, senza lasciarci scoraggiare da difficoltà e incomprensioni”.

Continuate così la vostra missione, come testimoni di coraggio, di bellezza e di speranza! E non dimenticate lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Sempre avanti con questo stile!
(fonte: Vatican News, articolo di Lorena Leonardi 07/09/2024)

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INCONTRO CON I VESCOVI DELLA PAPUA NUOVA GUINEA E DELLE ISOLE SALOMONE, I SACERDOTI,
I DIACONI, I CONSACRATI, LE CONSACRATE, I SEMINARISTI E I CATECHISTI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Santuario di Maria Ausiliatrice (Port Moresby, Papua Nuova Guinea)
Sabato, 7 settembre 2024


Cari fratelli e sorelle, buonasera!

Vi saluto tutti con affetto: vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e catechisti. Ringrazio il Presidente della Conferenza Episcopale per le sue parole, come pure James, Grace, Suor Lorena e don Emmanuel per le loro testimonianze.

Sono contento di stare qui, in questa bella chiesa salesiana: i salesiani sanno fare bene le cose. Complimenti. Questo è un Santuario diocesano dedicato a Maria Aiuto dei Cristiani: Maria Ausiliatrice – io sono stato battezzato nella parrocchia di Maria Ausiliatrice a Buenos Aires – un titolo tanto caro a San Giovanni Bosco; Maria Helpim, come con affetto la invocate qui. Quando, nel 1844, la Madonna ispirò a don Bosco di costruire a Torino una chiesa in suo onore, gli fece questa promessa: “Qui è la mia casa, da qui la mia gloria”. Maria gli promise che, se avesse avuto il coraggio di cominciare la costruzione di quel Santuario, grandi grazie ne sarebbero seguite. E così è successo: la chiesa è stata costruita, ed è meravigliosa – ma è più bella quella di Buenos Aires! – ed è diventata centro di irradiazione del Vangelo, di formazione dei giovani e di carità, è diventata punto di riferimento per tanta gente.

Così il bel Santuario in cui ci troviamo, che si ispira a quella storia, può essere un simbolo anche per noi, particolarmente in riferimento a tre aspetti del nostro cammino cristiano e missionario, come hanno sottolineato le testimonianze che abbiamo ascoltato: il coraggio di cominciare, la bellezza di esserci e la speranza di crescere.

Primo: il coraggio di cominciare. I costruttori di questa chiesa hanno iniziato l’impresa facendo un grande atto di fede, che ha portato i suoi frutti, e che però è stato possibile solo grazie a tanti altri inizi coraggiosi, di chi li ha preceduti. I missionari sono arrivati in questo Paese alla metà del XIX secolo e i primi passi del loro lavoro non sono stati facili, anzi alcuni tentativi sono falliti. Ma loro non si sono arresi: con grande fede e con zelo apostolico hanno continuato a predicare il Vangelo e a servire i fratelli, ricominciando molte volte dove non avevano avuto successo, con tanti sacrifici.

Ce lo ricordano queste vetrate – che adesso non si vedono perché è notte –, attraverso le quali la luce del sole ci sorride nei volti dei Santi e Beati: donne e uomini di ogni provenienza, legati alla storia della vostra comunità: Pietro Chanel, protomartire dell’Oceania, Giovanni Mazzucconi e Pietro To Rot, martiri della Nuova Guinea, e poi Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II, Mary McKillop, Maria Goretti, Laura Vicuña, Zeffirino Namuncurà, Francesco di Sales, Giovanni Bosco, Maria Domenica Mazzarello. Tutti fratelli e sorelle che, in modi e tempi diversi, cominciando e ricominciando tante volte opere e cammini, hanno contribuito a portare il Vangelo tra voi, con una variopinta ricchezza di carismi, animati dallo stesso Spirito e dalla stessa carità di Cristo (cfr 1 Cor 12,4-7; 2 Cor 5,14). È grazie a loro, alle loro “partenze” e “ripartenze” – i missionari sono donne e uomini di “partenza”, e se tornano, di “ripartenza”: questa è la vita del missionario, partire e ripartire –, è grazie a loro che siamo qui e che oggi, nonostante le sfide che pure non mancano, continuiamo ad andare avanti, senza paura – non so se sempre –, sapendo che non siamo soli, che è il Signore che agisce, in noi e con noi (cfr Gal 2,20), rendendoci, come loro, strumenti della sua grazia (cfr 1 Pt 4,10). Questa è la nostra vocazione: essere strumenti.

E in proposito, anche alla luce di ciò che abbiamo sentito, vorrei raccomandarvi una via importante verso cui dirigere le vostre “partenze”: quella delle periferie di questo Paese. Penso alle persone appartenenti alle fasce più disagiate delle popolazioni urbane, come anche a quelle che vivono nelle zone più remote e abbandonate, dove a volte manca il necessario. E ancora penso a quelle emarginate e ferite, sia moralmente che fisicamente, dal pregiudizio e dalla superstizione, a volte fino a rischio della vita, come ci hanno ricordato James e Suor Lorena. A questi fratelli e sorelle la Chiesa desidera essere particolarmente vicina, perché in loro Gesù è presente in modo speciale (cfr Mt 25,31-40), e dove c’è Lui, il nostro capo, ci siamo anche noi, sue membra, appartenenti allo stesso corpo, «ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture» (Ef 4,16). E per favore, non dimenticatevi: vicinanza, vicinanza! Voi sapete che i tre atteggiamenti più belli sono la vicinanza, la compassione e la tenerezza. Se una consacrata o un consacrato, un prete, un vescovo, i diaconi non sono vicini, non sono compassionevoli e non sono teneri, non hanno lo Spirito di Gesù. Non dimenticate questo: vicinanza, compassione, tenerezza.

E questo ci porta al secondo aspetto: la bellezza di esserci. Possiamo vederla simboleggiata nelle conchiglie kina, con cui è ornato il presbiterio di questa chiesa, e che sono segno di prosperità. Esse ci ricordano che qui il tesoro più bello agli occhi del Padre siamo noi, stretti attorno a Gesù, sotto il manto di Maria, spiritualmente uniti a tutti i fratelli e le sorelle che il Signore ci ha affidato e che non possono essere qui, accesi dal desiderio che il mondo intero possa conoscere il Vangelo e condividerne con noi la forza e la luce.

James chiedeva come si fa a trasmettere ai giovani l’entusiasmo della missione. Non penso che ci siano “tecniche” per questo. Un modo collaudato, però, è proprio quello di coltivare e condividere con loro la nostra gioia di essere Chiesa (cfr Benedetto XVI, Omelia nella Messa di Inaugurazione della V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi, Aparecida, 13 maggio 2007) casa accogliente fatta di pietre vive, scelte e preziose, poste dal Signore le une accanto alle altre e cementate dal suo amore (cfr 1 Pt 2,4-5). Così, come ci ha ricordato Grace, richiamando l’esperienza del Sinodo, stimandoci e rispettandoci a vicenda e mettendoci al servizio gli uni degli altri, possiamo mostrare a loro e a chiunque ci incontri quanto è bello seguire insieme Gesù e annunciare il suo Vangelo.

La bellezza di esserci, allora, non si sperimenta tanto in occasione dei grandi eventi e nei momenti di successo, quanto piuttosto nella fedeltà e nell’amore con cui ogni giorno ci si impegna a crescere insieme.

E così giungiamo al terzo e ultimo aspetto: la speranza di crescere. In questa Chiesa c’è un’interessante “catechesi in immagini” del passaggio del Mar Rosso, con le figure di Abramo, Isacco e Mosè: i Patriarchi resi fecondi dalla fede, che per aver creduto hanno ricevuto in dono una numerosa discendenza (cfr Gen 15,5; 26,3-5; Es 32,7-14). E questo è un segno importante, perché incoraggia anche noi, oggi, ad avere fiducia nella fecondità del nostro apostolato, continuando a gettare piccoli semi di bene nei solchi del mondo. Sembrano minuscoli, come un granello di senape, ma se ci fidiamo e non smettiamo di spargerli, per grazia di Dio germoglieranno, daranno un raccolto abbondante (cfr Mt 13,3-9) e produrranno alberi capaci di accogliere gli uccelli del cielo (cfr Mc 4,30-32). Lo dice San Paolo, quando ci ricorda che la crescita di ciò che noi seminiamo non è opera nostra, ma del Signore (cfr 1Cor 3,7), e lo insegna la Madre Chiesa, quando sottolinea che, pur attraverso i nostri sforzi, è Dio «a far sì che venga il suo regno sulla terra» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 42). Perciò noi continuiamo ad evangelizzare, pazientemente, senza lasciarci scoraggiare da difficoltà e incomprensioni, nemmeno quando queste si presentano là dove meno vorremmo incontrarle: in famiglia, ad esempio, come abbiamo sentito.

Cari fratelli e sorelle, ringraziamo insieme il Signore per come il Vangelo attecchisce e si diffonde in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone. Continuate così la vostra missione, come testimoni di coraggio, di bellezza e di speranza! E non dimenticate lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. Sempre avanti con questo stile del Signore! Vi ringrazio per quello che fate, vi benedico tutti di cuore e vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me, perché ne ho bisogno, grazie!