Enzo Bianchi
La ricchezza delle differenze
Papa Francesco sa che è compito della chiesa, dunque innanzitutto suo, portare ovunque l’eu-anghélion, la buona notizia, anche “alle isole più lontane che sono in attesa di una buona speranza”.
Dopo più di dieci anni di pontificato comprendiamo qual è il compito principale che questo papa si è dato: evangelizzare Dio, cioè rendere Dio una buona notizia per i popoli che credono in lui ma sono tentati di venerarlo come un “Dio con noi” e “contro gli altri”, come un Dio che conduce alla guerra e addirittura ispira il terrorismo. Tentazione da cui non sono esenti neppure i cristiani: basta leggere quello che accade in Ucraina tra gli ortodossi, vissuti finora in pace, e tra ortodossi e greco-cattolici sempre pronti ad avanzare pretese. L’opera di Francesco ha questa ampiezza di orizzonti che non sempre i cattolici delle nostre province ecclesiastiche, che vogliono essere il centro del cattolicesimo, riescono a comprendere.
Quest’uomo – che a 87 anni mostra un coraggio, un vigore, una tenacia e una convinzione che non possiamo non chiamare fede – ha terminato un lungo e faticoso viaggio alle periferie del mondo: isole lontane, l’Indonesia dove vive il più numeroso popolo musulmano. Si è spinto fino a quelle terre per fare un’alleanza di pace che ha firmato con il Grande imam Nasaruddin Umar, della moschea di Istiqlal a Giacarta: ci sia armonia religiosa, pace tra le religioni per il bene di tutta l’umanità. Sì, nella visione di Papa Francesco l’orizzonte è l’umanità intera, non soltanto la chiesa!
Il Papa in questo viaggio non ha parlato di Cristo alle genti in modo esplicito, ma ogni volta che ha annunciato giustizia, pace, riconciliazione e perdono, egli non ha fatto che ripetere, senza mai nominarlo, il messaggio di Cristo suo Signore. D’altronde nella lettera Fratelli tutti già indicava e chiedeva una fraternità che non si limitasse ai cristiani (tale era la visione tradizionale della chiesa), ma a tutti, a tutti! E proprio per questo la prima qualità della chiesa è di essere casa, luogo di accoglienza, non per aumentare i convertiti, ma per offrire un’umanità rappacificata a quel Signore Dio nel quale alcuni credono. E il Papa ha insistito ancora una volta sulla sapienza multicolorata di Dio che vuole non l’uniformità ma la differenza delle culture, ha ripetuto che le differenze sono una ricchezza, anzi il vero tesoro per l’Indonesia, ma non devono diventare motivo di conflitto! Per questo ha inserito nel suo discorso una riflessione sul tunnel che collega a Jakarta la moschea Istiqlal, la più grande del sud-est asiatico, e la cattedrale cattolica, l’una di fronte all’altra: “È il ‘Tunnel dell’amicizia’, luogo di dialogo e di incontro! Per questo non c’è buio ma luce, perché illuminato dall’amicizia e dalla concordia di quei cittadini che incrociano altri cittadini di diversa confessione e credenza e si inchinano con amicizia”.
Le notizie che ci sono arrivate attraverso i media sono state scarse, non hanno dato molto rilievo e quello che il Papa ha fatto lo ha fatto veramente lontano, alle estreme periferie del mondo. Ma diciamo la verità: questa azione pastorale di Francesco disturba, è poco sentita ed è anche contestata da chi gli ricorda che suo compito è la predicazione del Vangelo fatta sì in modo aperto, ma senza l’ossessione del dialogo. E questo, come abbiamo sempre scritto, significherà un rifiuto perché il Vangelo scandalizza e per ora guai a chi evangelizza Dio! Gesù è già stato condannato per aver fatto tale operazione. E sarà così ancora e sempre...
(fonte: blog dell'autore)
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