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mercoledì 11 settembre 2024

VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN ASIA E OCEANIA (2-13 settembre 2024) - Francesco a Dili - Dove la sofferenza tocca il cuore e sperimenta l’amore (cronaca, testi, foto e video)

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
IN INDONESIA, PAPUA NUOVA GUINEA,
TIMOR-LESTE, SINGAPORE

(2-13 settembre 2024)


Martedì, 10 settembre 2024

DILI

8:45 VISITA AI BAMBINI CON DISABILITÀ DELLA SCUOLA “IRMÃS ALMA”

9:30 INCONTRO CON I VESCOVI, I SACERDOTI, I DIACONI, I CONSACRATI, LE CONSACRATE, I SEMINARISTI E I CATECHISTI nella Cattedrale dell'Immacolata Concezione

10:45 INCONTRO PRIVATO CON I MEMBRI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ presso la Nunziatura Apostolica


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Dove la sofferenza tocca il cuore e sperimenta l’amore


Un momento di grande commozione, in un luogo in cui la sofferenza tocca il cuore e sperimenta l’amore, la scuola “Irmãs Alma” di Díli. Un luogo dove è la sofferenza dei bambini, quella per la quale i perché si perdono nel mistero del dolore innocente, ad essere toccata dalle mani amorevoli di quaranta suore che ogni giorno, instancabilmente, si prendono cura di loro. E qui nella mattinata di  martedì 10 settembre è venuto Papa Francesco nel secondo giorno a Timor Leste, per dire grazie per questo amore gratuito.

Affidato alle cure della Congregazione delle Suore Alma, acronimo che sta per “Asosiasi Lembaga Misionari Awam” (Associazione delle istituzioni missionarie laiche), l’istituto assiste bambini con disabilità fisiche e mentali, offrendo loro sedute di terapia e cure mediche più volte alla settimana, accompagnando anche le famiglie in un percorso di accettazione della condizione di un figlio disabile. Un’opera preziosa in un Paese in cui i bambini sono tantissimi e le possibilità di offrire cure ai malati limitate.

Salutato al suo passaggio dalla folla accalcatasi lungo la strada, all’arrivo il Papa è stato accolto all’ingresso dalla superiora della congregazione, suor Gertrudis Bidi, e da tre piccoli ospiti, che gli hanno offerto dei fiori e una tais, la sciarpa tradizionale timorese. Poi ha assistito a un canto di benvenuto da parte di un coro di suore, mentre alcune bambine e religiose in abiti tradizionali eseguivano una danza locale. E ancora un canto ha accolto il Pontefice nella sala intitolata a san Vincenzo de’ Paoli, dove ad attenderlo c’erano molti dei bambini assistiti, tutti in maglietta azzurra, e le religiose.

A presentare le attività dell’istituto è stata la superiora, sottolineando che appena due giorni prima era stato celebrato il 60° della fondazione. “Il carisma-stile di vita dell’associazione — ha detto visibilmente commossa — è restare accanto ai poveri, ai disabili e agli abbandonati, nella stessa casa, nella stessa stanza, condividendo la stessa tavola, con un solo cuore e una sola anima, senza nessun favoritismo, e diventando madri e padri dei bambini che Dio ci ha affidato».

Nel suo discorso a braccio, in spagnolo, Francesco ha ringraziato le suore per la loro opera, ma anche i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze «che ci danno la testimonianza di lasciarsi curare. Perché loro insegnano a noi come dobbiamo lasciarci curare da Dio. Lasciarci curare da Dio e non da tante idee, o progetti, o capricci. Lasciarci curare da Dio. E loro sono i nostri maestri».

E per spiegare il suo pensiero il Papa ha voluto che gli portassero accanto un bambino in carrozzina, Silvano. Lui, ha detto Francesco, «ci insegna a prenderci cura: prendendoci cura di lui, impariamo a prenderci cura. E se guardiamo il suo volto, è tranquillo, sereno, dorme in pace. E così come lui si lascia curare, anche noi dobbiamo imparare a lasciarci curare. Lasciarsi curare da Dio, che ci ama tanto; lasciarsi curare dalla Madonna, che è nostra Madre».

Prima di impartire la benedizione, il Pontefice ha quindi invitato a pregare proprio con un’Ave Maria. Poi ha salutato le suore, i bambini e i ragazzi presenti. Uno in particolare, in carrozzina, Adriano Arcangelo, 24 anni, gli ha chiesto di firmargli il diario, cosa che Francesco ha fatto con una dedica, intrattenendosi a parlare con lui. E una firma il Papa l’ha messa anche su una targa a ricordo della visita, offrendo in dono alle suore una statua della Sacra Famiglia.

Ma prima di lasciare la Scuola Irmãs Alma, un altro intenso momento, di forte commozione: il saluto ad alcuni bambini gravemente malati, accompagnati dai genitori, alcuni dei quali si sono inginocchiati davanti a Francesco, mentre chiedevano una benedizione per i figli. Tante le lacrime, ricambiate da una carezza e un sorriso di conforto che porteranno per sempre nei cuori.

Così come porteranno nel cuore il ricordo dell’incontro con il Pontefice quanti hanno partecipato al secondo appuntamento della mattinata, quello con i vescovi, sacerdoti, consacrati, religiose, seminaristi, catechisti e alcuni laici nella cattedrale dell’Immacolata Concezione, «la madre di tutte le Chiese di Timor Leste».

Un incontro a lungo atteso. All’arrivo di Francesco, infatti, ogni posto nella chiesa — inaugurata il 2 novembre 1988 — era occupato. Il Pontefice è arrivato nel cortile antistante, dove è stato accolto dal cardinale arcivescovo di Díli, Virgilio do Carmo da Silva, dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Norberto do Amaral, vescovo di Maliana, e dal parroco della cattedrale. Dopodiché ha assistito a una danza offertagli sul sagrato da un gruppo nei costumi tradizionali e ha ricevuto alcuni doni da parte di tre bambini.

All’ingresso principale della cattedrale, il parroco ha porto a Francesco la croce per il bacio e l’acqua benedetta per l’aspersione. Salutato da un canto, prima di raggiungere l’altare, il Papa si è intrattenuto con alcune suore malate in sedia rotelle, tra cui una canossiana di quasi cento anni.

All’inizio dell’incontro il presidente dell’episcopato timorese ha ricordato quando Giovanni Paolo II benedì la cattedrale nel suo viaggio del 1989 «durante i tempi difficili in cui la nazione era soggiogata». Una Paese che è riuscito «a rialzarsi e a restare in piedi».

Una nazione piccola e nuova che oggi, pur essendo «alla periferia del mondo qui è chiamata a essere sale e luce».

Una Chiesa salda nella fede, che si è presentata al Successore di Pietro attraverso alcune testimonianze che hanno ripercorso la storia recente di Timor Leste e sottolineato la realtà e le sfide del presente. Suor Rosa Sarmento ha ricordato la storia e la missione delle canossiane — qui giunte alla fine del xix secolo —, rilevando come mentre «in passato i missionari venivano dall’Europa per evangelizzare, oggi sta accadendo il contrario: Timor va ad evangelizzare l’Europa e altre parti del mondo».

Don Sancho Amaral ha invece ricordato il coinvolgimento personale nel processo di indipendenza di Timor Leste, scoprendo nelle tante esperienze difficili della guerra come «Dio sa sempre prendersi cura di coloro che ha chiamato e mandato in missione». E delle sfide dell’evangelizzazione ha anche parlato l’anziano catechista, Florentino de Jesus Martins, che oggi ha 89 anni. Ha raccontato la propria esperienza e come fosse difficile spostarsi nei primi anni del suo servizio, le camminate di ore anche tra le intemperie. «Ma non mi sono mai scoraggiato» ha detto, aggiungendo che, pur essendosi ritirato sette anni fa, ancora continua a dare «sostegno morale agli altri catechisti». Una testimonianza simpaticamente commentata dal Papa: «Sembra che questo ha fatto la concorrenza a san Paolo», ha detto in italiano.

Nel suo discorso, ringraziando i presenti per la loro opera, ha detto che anche Timor Leste «radicato in una lunga storia cristiana, ha bisogno oggi di un rinnovato slancio nell’evangelizzazione, perché a tutti arrivi il profumo del Vangelo: un profumo di riconciliazione e pace dopo gli anni sofferti della guerra». Un invito che è entrato nel concreto dei problemi di oggi, mettendo in guardia da ciò che «umilia, deturpa e a volte addirittura distrugge la vita umana», come l’alcolismo, la violenza, il mancato rispetto della dignità delle donne. Perciò, ha aggiunto il Pontefice, «c’è bisogno di sacerdoti, religiosi e catechisti appassionati».

Al termine, il Papa ha benedetto alcune prime pietre provenienti dalle tre diocesi di Timor Leste. Infine prima di salire in auto per tornare in nunziatura, si è fermato qualche istante all’uscita laterale della cattedrale per salutare un gruppo di malati.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Gaetano Vallini 10/09/2024)


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VISITA AI BAMBINI CON DISABILITÀ DELLA SCUOLA “IRMÃS ALMA”

PAROLE DEL SANTO PADRE

Scuola “Irmãs Alma” (Dili, Timor Leste)
Martedì, 10 settembre 2024


C’è una cosa che sempre mi fa pensare: quando Gesù parla del giudizio finale, dice ad alcuni: “Venite con me”, ma non dice: “Venite con me perché siete stati battezzati, perché siete stati cresimati, perché vi siete sposati in chiesa, perché non avete detto menzogne, perché non avete rubato”. No. “Venite con me perché vi siete presi cura di me”. Vi siete presi cura di me. E Gesù dice: “Venite con me perché vi siete presi cura di me quando avevo fame e mi avete dato da mangiare, quando avevo sete e mi avete dato da bere, quando ero malato e mi avete visitato”, e così via. Questo lo chiamo il sacramento dei poveri. Un amore che incoraggia, che costruisce e che rafforza.

E questo è ciò che si trova qui: amore. Senza amore questo non si capisce. E così comprendiamo l’amore di Gesù che ha dato la sua vita per noi. Non possiamo capire l’amore di Gesù se non ci mettiamo a praticare l’amore. Condividere la vita con le persone che hanno più bisogno è un programma, un vostro programma, è un programma di ogni cristiano. Voglio ringraziarvi per quello che fate; e voglio ringraziare anche le bambine e i bambini, i ragazzi e le ragazze che ci danno la testimonianza di lasciarsi curare. Perché loro insegnano a noi come dobbiamo lasciarci curare da Dio. Lasciarci curare da Dio e non da tante idee, o progetti, o capricci. Lasciarci curare da Dio. E loro sono i nostri maestri. Grazie a voi per questo!

Sto vedendo questo [bambino], come si chiama? Silvano. Portalo qui. E cosa ci insegna Silvano, cosa ci insegna? Ci insegna a prenderci cura. Prendendoci cura di lui, impariamo a prenderci cura. E se guardiamo il suo viso, è calmo, paziente, dorme in pace. E così come lui si lascia curare, anche noi dobbiamo imparare a lasciarci curare. Lasciarsi curare da Dio, che ci ama tanto; lasciarsi curare dalla Madonna, che è nostra Madre.

E adesso recitiamo alla Madonna un’Ave Maria e vi do la benedizione.


[dopo la preghiera e la benedizione]

E non dimenticatevi, non dimenticatevi che dobbiamo imparare a lasciarci curare, tutti, come loro si lasciano curare. Grazie!


[Scambio di doni]

Questo è il regalo che lascio a questa casa. Guardate bene: San Giuseppe si prende cura della Madonna, la Madonna si prende cura di Gesù. Il più importante è Colui che si lascia curare di più: Gesù. Si lascia curare da Maria e da Giuseppe.

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Foto e video















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INCONTRO CON I VESCOVI, I SACERDOTI, I DIACONI,
I CONSACRATI, LE CONSACRATE, I SEMINARISTI E I CATECHISTI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

   Cattedrale dell'Immacolata Concezione (Dili, Timor Leste)
Martedì, 10 settembre 2024


Cari fratelli Vescovi,
cari sacerdoti e diaconi, religiose, religiosi e seminaristi,
cari catechisti, fratelli e sorelle, buongiorno!

Molti tra i più giovani – seminaristi, religiose, giovani – sono rimasti fuori. E adesso, quando ho visto il Vescovo, gli ho detto che deve ingrandire la cattedrale, perché è una grazia avere tante vocazioni! Ringraziamo il Signore, e ringraziamo anche i missionari che sono venuti prima di noi. Quando vediamo quest’uomo [Florentino de Jesús Martins, di 89 anni, al quale il Papa ha detto che “gareggiava con l’apostolo Paolo”], che è stato catechista per tutta la vita, possiamo capire la grazia della missione affidata. Ringraziamo il Signore per questa benedizione a questa Chiesa.

Sono felice di trovarmi in mezzo a voi, nel contesto di un viaggio che mi vede pellegrino nelle terre d’Oriente. Ringrazio Mons. Norberto de Amaral per le parole che mi ha rivolto, ricordando che Timor Est è un Paese “ai confini del mondo”. Anch’io vengo dai confini del mondo, ma voi più di me! E mi piace dire: proprio perché è ai confini del mondo sta al centro del Vangelo! Questo è un paradosso che dobbiamo imparare: nel Vangelo, i confini sono il centro e una Chiesa che non è capace di andare ai confini e che si nasconde nel centro è una Chiesa molto malata. Invece, quando una Chiesa guarda fuori, manda missionari, si mette su quei confini che sono il centro, il centro della Chiesa. Grazie perché state ai confini. Perché sappiamo bene che nel cuore di Cristo le periferie dell’esistenza sono il centro: il Vangelo è popolato da persone, figure e storie che sono ai margini, ai confini, ma vengono convocate da Gesù e diventano protagoniste della speranza che Egli è venuto a portarci.

Gioisco con voi e per voi, perché siete i discepoli del Signore in questa terra. Pensando alle vostre fatiche e alle sfide che siete chiamati ad affrontare, mi è ritornato in mente un brano del Vangelo di Giovanni, molto suggestivo, che ci racconta una scena di tenerezza e di intimità accaduta nella casa degli amici di Gesù, Lazzaro, Marta e Maria (cfr Gv 12,1-11). A un certo punto, durante la cena, Maria «prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (v. 12,3).

Maria unge i piedi di Gesù e quel profumo si diffonde nella casa. Vorrei soffermarmi con voi proprio su questo: il profumo, il profumo di Cristo, il profumo del suo Vangelo, è un dono che voi avete, un dono che vi è stato dato gratuitamente, ma che dovete custodire e che tutti insieme siamo chiamati a diffondere. Custodire il profumo, questo dono del Vangelo che il Signore ha dato a questa terra di Timor Est, e diffondere il profumo.

Prima cosa: custodire il profumo. Abbiamo sempre bisogno di tornare all’origine, all’origine del dono ricevuto, del nostro essere cristiani, sacerdoti, religiosi o catechisti. Noi abbiamo accolto la vita stessa di Dio per mezzo di Gesù, suo figlio, che è morto per noi e ci ha donato lo Spirito Santo. Siamo stati unti, siamo unti con Olio di letizia e l’apostolo Paolo scrive: «Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo» (2 Cor 2,15).

Care sorelle, cari fratelli, voi siete il profumo di Cristo! E questo simbolo a voi non è estraneo: qui a Timor, infatti, cresce in abbondanza il legno di sandalo, con la sua fragranza molto apprezzata e ricercata anche presso altri popoli e Nazioni. La Bibbia stessa ne loda il valore, quando racconta che la regina di Saba fece visita al re Salomone offrendogli in dono il legno di sandalo (cfr 1 Re 10,12). Non so se la regina di Saba, prima di andare da Salomone, fece scalo a Timor Est, forse, e prese il sandalo da qui!

Sorelle, fratelli, voi siete il profumo di Cristo, un profumo molto più prezioso dei profumi francesi! Voi siete il profumo di Cristo, voi siete il profumo del Vangelo in questo Paese. Come un albero di sandalo, sempreverde, sempre forte, che cresce e produce frutti, anche voi siete discepoli missionari profumati di Spirito Santo per inebriare la vita del santo popolo fedele di Dio.

Tuttavia, non dimentichiamo una cosa: il profumo ricevuto dal Signore va custodito, va curato con molta attenzione, come Maria di Betania la aveva messo da parte, lo aveva serbato, proprio per Gesù. Allo stesso modo noi dobbiamo custodire l’amore, custodire l’amore. Non dimenticate questa frase: dobbiamo custodire l’amore, con cui il Signore ha profumato la nostra vita, perché non si dissolva e non perda il suo aroma. E questo cosa significa? Significa essere consapevoli del dono ricevuto –tutto quello che abbiamo è un dono, essere consapevoli di questo –, ricordarci che il profumo non serve per noi ma per ungere i piedi di Cristo, annunciando il Vangelo, servendo i poveri, significa vigilare su stessi perché la mediocrità e la tiepidezza spirituale sono sempre in agguato. E mi viene in mente una cosa che diceva il cardinale De Lubac sulla mediocrità e sulla mondanità: “La cosa peggiore che può succedere alle donne e agli uomini di Chiesa è cadere nella mondanità, nella mondanità spirituale”. State attenti, conservate questo profumo che ci dà tanta vita.

E aggiungo un’altra cosa: noi guardiamo con gratitudine alla storia che ci ha preceduto, al seme della fede gettato qui dai missionari. Questi tre che ci hanno parlato: la religiosa che tutta la sua vita consacrata l’ha vissuta qui; questo sacerdote che ha saputo accompagnare il suo popolo nei momenti difficili della dominazione straniera; e questo diacono al quale non si è bloccata la lingua per annunciare il Vangelo e per battezzare. Pensiamo a questi tre esempi che sono rappresentativi della storia della nostra Chiesa, e amiamo la nostra storia. È il seme gettato qui. [Lo sono anche] le scuole per la formazione degli operatori pastorali e tanto altro. Ma questo può bastare? In realtà, sempre dobbiamo alimentare la fiamma della fede. Pertanto vorrei dirvi: non trascurate di approfondire la dottrina del Vangelo, non trascurate di maturare nella formazione spirituale, catechetica e teologica; perché tutto questo serve ad annunciare il Vangelo in questa vostra cultura e, nello stesso tempo, a purificarla da forme arcaiche e talvolta superstiziose. La predicazione della fede deve inculturarsi nella vostra cultura, e la vostra cultura dev’essere evangelizzata. E questo vale per tutti i popoli, non solo per voi. Se una Chiesa non è capace di inculturare la fede, non è capace di esprimere la fede nei valori propri di quella terra, sarà una Chiesa eticista e senza fecondità. Ci sono tante cose belle nella vostra cultura, penso specialmente alla fede nella risurrezione e nella presenza delle anime dei defunti; però tutto questo va sempre purificato alla luce del Vangelo, alla luce della dottrina della Chiesa. Impegnatevi, per favore, in questo, perché «ogni cultura e ogni gruppo hanno bisogno di essere purificati e di maturare.

E veniamo al secondo punto: diffondere il profumo. La Chiesa esiste per evangelizzare, e noi siamo chiamati a portare agli altri il dolce profumo della vita, la vita nuova del Vangelo. Maria di Betania non usa il nardo prezioso per abbellire sé stessa, ma per ungere i piedi di Gesù, e così sparge l’aroma in tutta la casa. Anzi, il Vangelo di Marco specifica che Maria, per ungere Gesù, rompe il vasetto di alabastro che contiene l’unguento profumato (cfr 14,3). L’evangelizzazione avviene quando abbiamo il coraggio di “rompere” il vaso che contiene il profumo, rompere il “guscio” che spesso ci chiude in noi stessi e uscire da una religiosità pigra, comoda, vissuta soltanto per un bisogno personale. E mi è piaciuta molto l’espressione che ha usato Rosa, quando ha detto: “una Chiesa in movimento, una Chiesa che non sta ferma, che non ruota attorno a sé stessa, ma è bruciata dalla passione di portare la gioia del Vangelo a tutti”.

Anche il vostro Paese, radicato in una lunga storia cristiana, ha bisogno oggi di un rinnovato slancio nell’evangelizzazione, perché a tutti arrivi il profumo del Vangelo: un profumo di riconciliazione e di pace dopo gli anni sofferti della guerra; un profumo di compassione, che aiuti i poveri a rialzarsi e susciti l’impegno per risollevare le sorti economiche e sociali del Paese; un profumo di giustizia contro la corruzione. State attenti! Tante volte la corruzione può entrare nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie. E, in particolare, il profumo del Vangelo bisogna diffonderlo contro tutto ciò che umilia, ciò che deturpa e addirittura distrugge la vita umana, contro quelle piaghe che generano vuoto interiore e sofferenza come l’alcolismo, la violenza, la mancanza di rispetto per la donna. Il Vangelo di Gesù ha la forza di trasformare queste realtà oscure e di generare una società nuova. Il messaggio che voi religiose offrite di fronte al fenomeno della mancanza di rispetto per le donne è che le donne sono la parte più importante della Chiesa, perché si occupano dei più bisognosi: li curano, li accompagnano. Ho appena fatto visita a quella bella casa d’accoglienza per i più poveri e i più bisognosi [Scuola “Irmãs Alma” per bambini con disabilità]. Sorelle, siate madri del popolo di Dio; sappiate “partorire” comunità, siate madri. È questo che voglio da voi.

Care sorelle, cari fratelli, c’è bisogno di questo sussulto di Vangelo; e oggi, perciò, c’è bisogno di religiose, religiosi, sacerdoti, di catechisti appassionati, catechisti preparati e creativi. Serve creatività nella missione. E ringrazio per la sua testimonianza come catechista il Sig. Florentino, edificante, ha dedicato gran parte della sua vita a questo bellissimo ministero. E ai sacerdoti, in particolare, vorrei dire: ho appreso che il popolo si rivolge a voi con tanto affetto chiamandovi “Amu”, che qui è il titolo più importante, significa “signore”. Però, questo non deve farvi sentire superiori al popolo: voi venite dal popolo, siete nati da madri del popolo, siete cresciuti con il popolo. Non dimenticate la cultura del popolo che avete ricevuto. Non siete superiori. Non deve neanche indurvi nella tentazione della superbia e del potere. E sapete come incomincia la tentazione del potere? Avete capito, vero? Mia nonna mi diceva: “Il diavolo entra sempre dalle tasche” [in italiano]; da qui entra il diavolo, entra sempre dalle tasche. Per favore, non pensate al vostro ministero come a un prestigio sociale. No, il ministero è un servizio. E se qualcuno di voi non si sente servitore del popolo, vada a chiedere consiglio a un sacerdote saggio affinché lo aiuti ad avere questa dimensione tanto importante. Ricordiamoci questo: col profumo si ungono i piedi di Cristo, che sono i piedi dei nostri fratelli nella fede, a partire dai più poveri. I più privilegiati sono i più poveri, e con questo profumo dobbiamo prenderci cura di loro. È eloquente il gesto che qui i fedeli compiono quando incontrano voi sacerdoti: prendono la vostra mano consacrata e la avvicinano alla fronte come segno di benedizione. È bello cogliere in questo segno l’affetto del Popolo santo di Dio, perché il prete è strumento di benedizione: mai, mai, il sacerdote deve approfittare del ruolo, sempre deve benedire, consolare, essere ministro di compassione e segno della misericordia di Dio. E forse il segno di tutto questo è il sacerdote povero. Amate la povertà come la vostra sposa.

Cari fratelli, un diplomatico portoghese del 1500, Tomé Pires, ha scritto così: «I mercanti malesi dicono che Dio creò Timor per il legno di sandalo» (The Summa Oriental, Londra 1944, 204). Noi, però, sappiamo che c’è anche un altro profumo: oltre al sandalo ce n’è un altro, che è il profumo di Cristo, il profumo del Vangelo, che arricchisce la vita e la riempie di gioia.

Voi, sacerdoti, diaconi, religiose: non scoraggiatevi! Come ci ha ricordato Padre Sancho nella sua toccante testimonianza: «Dio sa come prendersi cura di coloro che ha chiamato e inviato nella sua missione». Nei momenti di grande difficoltà, pensate a questo: Lui ci accompagna. Lasciamoci accompagnare dal Signore con spirito di povertà e con spirito di servizio. Vi benedico di cuore. E vi chiedo per favore di non dimenticarvi di pregare per me. Ma pregate a favore, non contro! Grazie.

E vorrei finire con un grazie, un grande ringraziamento per i vostri anziani, sacerdoti anziani che hanno speso la loro vita qui; religiose anziane che sono qui, che sono straordinarie, che hanno speso la vita. Loro sono il nostro modello. Grazie!

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Foto e video














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Il Papa a colloquio con i gesuiti di Dili,
omaggio ad un confratello di 103 anni

Secondo appuntamento con i membri della Compagnia di Gesù, durante il viaggio apostolico nel Sud-Est asiatico e in Oceania. A conclusione della mattinata di oggi, Francesco ha ricevuto in Nunziatura 41 gesuiti di diverse regioni asiatiche: con loro un colloquio di 45 minuti su diversi temi, tra i quali l'inculturazione. Presente padre João Felgueiras, religioso portoghese a Timor-Leste dai tempi dell’occupazione indonesiana, che il Papa ha abbracciato e ringraziato per il suo servizio


Il primo gesto di Francesco appena entrato nel salone della Nunziatura di Dili, a Timor-Leste, dove questa mattina lo attendevano 41 gesuiti, subito dopo l’incontro col clero nella Cattedrale dell’Assunzione, è stato abbracciare padre João Felgueiras, confratello di 103 anni, uno dei tre più anziani nella Compagnia di Gesù di tutto il mondo.

La testimonianza di padre João

A questo religioso portoghese che vive a Timor-Leste dai tempi dell’occupazione indonesiana e che non ha mai lasciato il Paese e la sua gente, neanche nei momenti più difficili, il Papa ha voluto rendere pubblicamente omaggio. Era stato avvertito della sua presenza, quindi, appena entrato, si è diretto immediatamente da lui: “Lo ha ringraziato e lo ha abbracciato. Padre João era molto commosso”, racconta ai media vaticani padre Nuno da Silva Gonçalves, direttore de La Civiltà Cattolica e membro del seguito papale nel viaggio ancora in corso nel Sud-Est asiatico e in Oceania.

Papa Francesco saluta padre padre João Felgueiras, 103 anni, uno dei tre più anziani gesuiti di tutto il mondo.. @VaticanMedia

Secondo incontro con i confratelli

Quello di oggi, 10 settembre, è stato il secondo incontro di Papa Francesco con i gesuiti, dopo il colloquio di circa un’ora dello scorso 4 settembre a Jakarta con 200 confratelli. Un altro lo attende mercoledì 11 settembre, presso il Centro per ritiri “San Francesco Saverio” di Singapore. Questa mattina nella Nunziatura della capitale timorese erano presenti 41 membri della Compagnia di Gesù, provenienti anche da altre regioni ma residenti e attivi a Timor-Leste. Tra questi, 8 novizi.

Gruppo internazionale

“Come sempre in questi incontri - racconta padre Gonçalves - si è respirata un’aria di famiglia”. Davanti al Papa c’era “un gruppo molto internazionale” con gesuiti provenienti da Vietnam, Malesia, Filippine. Quindi “un gruppo diversificato impegnato in lavori differenti, ad esempio l’educazione dei giovani o in un istituto di formazione per insegnanti. Un lavoro che considerano importante alla pari del lavoro di esercizi spirituali nelle parrocchie”.

Un momento dell'incontro del Papa con i gesuiti timoresi, nel salone della nunziatura. @VaticanMedia

Quasi un’ora di colloquio

Circa 45 minuti la durata del colloquio, come sempre scandito da domande, risposte, confidenze, battute. Tra i temi affrontati, “sempre collegati alla vita della Compagnia di Gesù”, sottolinea il direttore de La Civiltà Cattolica, c’erano “come il Papa vede il lavoro dei gesuiti in ogni luogo e in ogni Paese, temi comuni quali l’impegno nella giustizia sociale, la Dottrina sociale della Chiesa e la sua importanza”.

L’importanza dell'inculturazione

In particolare, spiega padre Nuno, come in altri interventi qui a Timor-Leste, Papa Francesco “parlando del Vangelo e della cultura, ha sottolineato il valore della inculturazione. Cioè del Vangelo che si deve inculturare e della cultura che va evangelizzata”. Una tematica, questa, ricorrente nella tappa timorese, al centro anche del motto scelto Que a vossa fé seja a vossa cultura. Che la vostra fede sia la vostra cultura.
(fonte: Vatican News, articolo di Salvatore Cernuzio 10/09/2024)

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Vedi anche il post precedente: